Perché le democrazie non crescono più? Così statalisti e pensionati rallentano il Pil

Riflessioni

di Luca Angelini28 dic 2022

Perché le democrazie occidentali non crescono più? Così politici (statalisti) e pensionati rallentano il Pil

Sostiene l’Economist che il 2022 stato un buon anno per l’Occidente, che ha dimostrato un’unit per molti aspetti sorprendente contro l’invasione russa dell’Ucraina. E sta riguadagnando posizioni anche nei confronti di una Cina azzoppata dai suoi enormi errori nella gestione della pandemia (qui l’analisi di Danilo Taino). Ma sostiene anche, il settimanale britannico, che le ricche democrazie occidentali sembrano incapaci di liberarsi di un problema: la bassa crescita. Peggio, sembrano sempre meno interessate ad accelerarla.

Politica e chiusura

Lo dice anche un’analisi che il settimanale ha fatto attraverso il suo Manifesto Project, che dagli anni Sessanta raccoglie e analizza i programmi elettorali dei partiti nei Paesi dell’Ocse: ci che emerge che quei programmi sono concentrati sulla crescita la met di quanto lo fossero negli anni Ottanta. meno probabile, ad esempio, che i politici di oggi esaltino i vantaggi del libero mercato rispetto ai loro predecessori. pi probabile che esprimano sentimenti contrari alla crescita, come valutazioni positive del controllo del governo sull’economia. E non si tratta soltanto di parole: Il governo americano ha introdotto 12.000 nuove regolamentazioni nel 2021, un aumento rispetto agli ultimi anni. Dal 2010 al 2020 le restrizioni tariffarie dei Paesi ricchi sulle importazioni sono raddoppiate. La Gran Bretagna ha votato e implementato la Brexit. Altri Paesi si sono rivoltati contro l’immigrazione. Nel 2007 quasi 6 milioni di persone sono migrate verso le economie avanzate. Nel 2019 il numero sceso a soli 4 milioni. E continuano a esserci forti resistenze contro la costruzione di alloggi in aree che potrebbero attrarre lavoratori, ad esempio nelle grandi citt. C’ da stupirsi se, mentre tra il 1980 e il 2000 il pil globale pro capite salito in media del 2,25% annuo, nel nuovo millennio la media sia scesa all’1,1%?

L’elettorato over 65

La scomoda verit, secondo l’Economist, che l’appetito per la crescita economica viene meno con l’et. I pensionati sono pi interessati agli investimenti per il welfare e la sanit che a quelli destinati a creare posti di lavoro per i loro nipoti. E molte societ occidentali sono sempre pi vecchie. Il settimanale lo dice in termini tanto brutali da suonare un po’ ingenerosi: Le persone che non lavorano, o sono vicine alla fine della loro vita lavorativa, tendono a essere meno interessate ad arricchirsi. Sosterranno cose che le avvantaggiano direttamente, come la spesa sanitaria, ma si opporranno a quelle che producono benefici solo dopo che loro se ne saranno andate, come l’immigrazione o l’edilizia. La loro partecipazione alle elezioni tende a essere alta, quindi le loro opinioni hanno un peso.

Il contrasto con la seconda met del secolo scorso stridente: La seconda met del XX secolo stata un’et d’oro per la crescita. Dopo la seconda guerra mondiale, un baby boom ha prodotto una coorte di lavoratori pi istruiti di qualsiasi generazione precedente, che hanno aumentato la produttivit media man mano che acquisivano esperienza. Negli anni ‘70 e ‘80 le donne in molti Paesi ricchi sono entrate a far parte della forza lavoro. L’abbassamento delle barriere commerciali e l’integrazione dell’Asia nell’economia mondiale hanno in seguito portato a una produzione molto pi efficiente.

Il contesto di oggi

Non ci vuole molto per capire che molte di quelle condizioni non ci sono pi e non sembrano destinate a tornare tanto in fretta. Ci sono alcune aggravanti. Il fatto che i social consentano agli scontenti di farsi sentire in modo rapido e rumoroso ha molti aspetti positivi, ma sta anche spingendo i politici a tamponare con iniezioni di denaro pubblico ogni falla nel consenso. Gli interventi di emergenza per salvare i posti di lavoro durante la pandemia o per tutelare famiglie e imprese di fronte al caro bollette sono comprensibili e utili nel breve periodo, ma se prolungati rischiano di tenere in vita aziende ormai fuori mercato o dare segnali sbagliati sulla necessit di riformare quel che non va e aumentare l’efficienza del sistema. I leader di oggi sono i pi statalisti da molti decenni e sembrano credere che la politica industriale, il protezionismo e gli interventi di salvataggio siano la strada per il successo economico. Ci in parte dovuto all’errata convinzione che il capitalismo liberale o il libero scambio siano responsabili del rallentamento della crescita. A volte questa convinzione esacerbata da un’altra fallacia, ossia che la crescita non possa essere verde (il che, ovviamente, non toglie che spesso non lo sia stata e continui altrettanto spesso a non esserlo).

Il settimanale britannico non sembra sprizzare ottimismo sull’immediato futuro: Per il momento l’Occidente viene messo in buona luce dalle autocratiche Cina e Russia, che si sono entrambe inflitte profonde ferite economiche. Tuttavia, a meno che non tornino ad abbracciare la crescita, le democrazie ricche vedranno diminuire la loro vitalit economica e diventeranno pi deboli sulla scena mondiale. Forse servirebbe uno choc, una scossa. O toccher aspettare una nuova crisi finanziaria, o magari la naturale dipartita dei baby-boomers? Quale che sia la risposta — conclude l’Economist — fino a quando la crescita non accelerer, i politici occidentali dovranno sperare che i loro nemici continuino a fare errori

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