Perché Jean-Luc Mélenchon  non vincerà le elezioni

MERCOLEDÌ 4 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
l’opposizione ai possibili progetti sulle pensioni potrebbe rafforzare la candidatura a primo ministro di Jean-Luc Mélenchon, 72 anni, molto popolare tra i giovani, i non garantiti e gli emarginati ? E, nell’eventualità, remota, che l’ex socialista sia plebiscitato dagli elettori, nelle legislative di giugno, la coabitazione tra gli inquilini dell’Eliseo e di Matignon non sarebbe quasi impossibile, come quella tra Mitterrand e Chirac ?
Pietro Mancini

Caro Pietro,
Jean-Luc Mélenchon non vincerà le legislative di giugno. Per il semplice motivo che la Francia va a destra, non a sinistra. Il 42% dei francesi ha votato al secondo turno per Marine Le Pen, mentre la gran parte della destra repubblicana ha sostenuto fin dal primo turno Emmanuel Macron. Con questi rapporti di forza, sarebbe già un successo se la sinistra portasse all’Assemblea Nazionale un centinaio di deputati (su 577, ognuno eletto in un collegio maggioritario a doppio turno). Per ottenere questo obiettivo, Mélenchon ha stretto un patto con gli ecologisti e i comunisti, e sta trattando con i socialisti, che però sono divisi: la componente riformista, che in Francia non si definisce liberale ma socialdemocratica, sta con Macron. Mélenchon è un personaggio non privo di fascino, con il suo torrenziale eloquio tribunizio, spesso porto a voce molto alta (Mélenchon è quasi sordo, e tende naturalmente ad alzare il tono: cosa che lo rende simpatico). In realtà, Mélenchon è un vecchio arnese della sinistra socialista, già ministro con Lionel Jospin, più volte candidato all’Eliseo senza mai arrivare al secondo turno. Esprime un sentimento che esiste in Francia, come altrove: la versione gauchiste della rivolta contro il sistema, l’establishment, le élites. E in effetti il sistema offre parecchi motivi di malcontento: si pensi al divario tra la crescita esponenziale dei prezzi e quella molto più lenta dei salari; o allo scandalo dell’infedeltà fiscale, per cui più si è ricchi e meno si paga, perché si hanno gli strumenti per rifugiarsi all’estero. Ma, come insegnano i precedenti di Jeremy Corbin, laburista vecchio stile, e di Pablo Iglesias, neochavista di Madrid, la sinistra radicale è destinata alla sconfitta. Questo non significa che Macron conquisterà facilmente una maggioranza in Parlamento, senza la quale il presidente francese può fare poco.

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Storia

«Gli stereotipi che oscurano il meglio del nostro Sud»

Caro Aldo, a proposito della capacità (o l’incapacità) da parte del cinema italiano e della fiction televisiva di offrire un’immagine credibile e non stereotipata del Paese, mi sembra di capire che lei ribadisce spesso che il Nord in quest’ambito rischierebbe di non venire degnamente rappresentato, perché al cinema quelli del Nord apparirebbero frequentemente come una strana fusione tra un greve razzista e un «mona» qualsiasi. Chissà, magari è realmente così (anche se nutro i miei dubbi), ma, incuneandomi nelle pieghe di questo discorso, mi verrebbe naturale allora chiedermi cosa dovrebbero dire a tal proposito i siciliani, o, in generale, i meridionali, i quali raramente, al cinema o in tv, possono ambire ad essere qualcosa di più di un mafioso, di un ladro, di un corrotto, di un ignorante, di un fannullone o, nella migliore delle ipotesi, di un buon selvaggio. Ho come l’impressione, infatti, che, al di là delle ineliminabili semplificazioni, il meglio del Nord riesca comunque a venire fuori nelle sceneggiature nostrane e che, invece, sia il meglio del Sud che purtroppo non riesce ad avere la giusta riconoscibilità, con tutte le conseguenze che ciò comporta in fatto di stanca perpetuazione di quei soliti pregiudizi che impediscono al nostro Paese di fare progressi anche in altri ambiti. Insomma, sul grande e sul piccolo schermo, l’atmosfera che si respira sembra incredibilmente essere, ancora oggi (!), quella che faceva (faceva?) scrivere a molti a nord del Rubicone «Non si affitta ai meridionali».
Enrico Indelicato

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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, 2022-05-03 22:29:00,

MERCOLEDÌ 4 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
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Pietro Mancini

Caro Pietro,
Jean-Luc Mélenchon non vincerà le legislative di giugno. Per il semplice motivo che la Francia va a destra, non a sinistra. Il 42% dei francesi ha votato al secondo turno per Marine Le Pen, mentre la gran parte della destra repubblicana ha sostenuto fin dal primo turno Emmanuel Macron. Con questi rapporti di forza, sarebbe già un successo se la sinistra portasse all’Assemblea Nazionale un centinaio di deputati (su 577, ognuno eletto in un collegio maggioritario a doppio turno). Per ottenere questo obiettivo, Mélenchon ha stretto un patto con gli ecologisti e i comunisti, e sta trattando con i socialisti, che però sono divisi: la componente riformista, che in Francia non si definisce liberale ma socialdemocratica, sta con Macron. Mélenchon è un personaggio non privo di fascino, con il suo torrenziale eloquio tribunizio, spesso porto a voce molto alta (Mélenchon è quasi sordo, e tende naturalmente ad alzare il tono: cosa che lo rende simpatico). In realtà, Mélenchon è un vecchio arnese della sinistra socialista, già ministro con Lionel Jospin, più volte candidato all’Eliseo senza mai arrivare al secondo turno. Esprime un sentimento che esiste in Francia, come altrove: la versione gauchiste della rivolta contro il sistema, l’establishment, le élites. E in effetti il sistema offre parecchi motivi di malcontento: si pensi al divario tra la crescita esponenziale dei prezzi e quella molto più lenta dei salari; o allo scandalo dell’infedeltà fiscale, per cui più si è ricchi e meno si paga, perché si hanno gli strumenti per rifugiarsi all’estero. Ma, come insegnano i precedenti di Jeremy Corbin, laburista vecchio stile, e di Pablo Iglesias, neochavista di Madrid, la sinistra radicale è destinata alla sconfitta. Questo non significa che Macron conquisterà facilmente una maggioranza in Parlamento, senza la quale il presidente francese può fare poco.

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Caro Aldo, a proposito della capacità (o l’incapacità) da parte del cinema italiano e della fiction televisiva di offrire un’immagine credibile e non stereotipata del Paese, mi sembra di capire che lei ribadisce spesso che il Nord in quest’ambito rischierebbe di non venire degnamente rappresentato, perché al cinema quelli del Nord apparirebbero frequentemente come una strana fusione tra un greve razzista e un «mona» qualsiasi. Chissà, magari è realmente così (anche se nutro i miei dubbi), ma, incuneandomi nelle pieghe di questo discorso, mi verrebbe naturale allora chiedermi cosa dovrebbero dire a tal proposito i siciliani, o, in generale, i meridionali, i quali raramente, al cinema o in tv, possono ambire ad essere qualcosa di più di un mafioso, di un ladro, di un corrotto, di un ignorante, di un fannullone o, nella migliore delle ipotesi, di un buon selvaggio. Ho come l’impressione, infatti, che, al di là delle ineliminabili semplificazioni, il meglio del Nord riesca comunque a venire fuori nelle sceneggiature nostrane e che, invece, sia il meglio del Sud che purtroppo non riesce ad avere la giusta riconoscibilità, con tutte le conseguenze che ciò comporta in fatto di stanca perpetuazione di quei soliti pregiudizi che impediscono al nostro Paese di fare progressi anche in altri ambiti. Insomma, sul grande e sul piccolo schermo, l’atmosfera che si respira sembra incredibilmente essere, ancora oggi (!), quella che faceva (faceva?) scrivere a molti a nord del Rubicone «Non si affitta ai meridionali».
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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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