Perché Mosca accusa gli Usa di partecipare alla guerra: dallo spionaggio alle armi fornite

di Giuseppe Sarcina

Biden dovrà decidere come «riposizionare» gli Usa. La spinta interna è forte. Oltre il 70% dell’opinione pubblica appoggia l’invio di armi letali agli ucraini

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

WASHINGTON Il confine, il diaframma è sempre più sottile. Gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti nella guerra in Ucraina (qui gli aggiornamenti in tempo reale). Il cambio di passo voluto da Joe Biden ha prodotto un’oggettiva escalation. Sono saltati quasi tutti i vincoli che il presidente americano aveva mantenuto almeno fino al vertice straordinario della Nato, lo scorso 24 marzo.

Oggi, anche in Italia, c’è polemica sulla distinzione tra «armi offensive» e «armi difensive». Ma questo distinguo è stato teorizzato dal Pentagono e Biden lo ha usato costantemente nelle prime settimane del conflitto. L’idea era: gli Stati Uniti appoggiano la resistenza ucraina, ma non vogliono attaccare direttamente la Russia. Lo schema è saltato proprio con il vertice dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles, quando un po’ tutti hanno preso atto di due fatti evidenti.

Primo: l’esercito ucraino stava reggendo sul campo; Secondo: Putin non aveva alcuna intenzione di aprire un negoziato serio. Sono considerazioni che valgono anche ora. Oggi il dibattito interno al governo Biden parte ancora da qui. Nel frattempo, però, la dinamica è diversa. Gli Usa e gran parte degli alleati sono entrati in una logica di rialzo continuo. Il leader della Casa Bianca ha chiesto al Congresso un super finanziamento da 33 miliardi di dollari, (20 miliardi in armamenti) per sostenere lo sforzo degli ucraini.

Gli americani stanno inviando ordigni sempre più potenti e più moderni. Dai missili anti-carro Javelin si è passati ai Droni-kamikaze, agli obici con una media gittata e ora si sta pianificando la spedizione di missili anti-nave per liberare una rotta nel Mar Nero, presidiato dalla flotta russa. Non basta. Il Pentagono sta addestrando nelle basi europee gli specialisti ucraini a usare gli ordigni di fabbricazione americana. Tra l’altro hanno «completato il ciclo di formazione» più di 200 ufficiali di Zelensky.

E poi, naturalmente, c’è il capitolo dell’intelligence. Il portavoce del ministero della Difesa, John Kirby, da giorni espone il seguente teorema: «Noi forniamo informazioni riservate agli ucraini, così come fanno altri alleati. È un flusso legittimo e limitato. Ma gli Stati Uniti non sono coinvolti nella scelta dei bersagli. E’ l’esercito ucraino a decidere chi, come e quando colpire». Kirby si riferiva all’affondamento dell’incrociatore russo «Mosca», il 15 aprile scorso, e alla sequenza di almeno 12 generali, eliminati, secondo le rivelazioni del «New York Times» , grazie alle indicazioni passate dalle spie statunitensi. Ma la questione, ormai, è più generale e viene dibattuta dentro l’Amministrazione, nel Congresso, tra gli analisti dei centri studi, sui media principali.

La domanda è semplice: fino a dove può spingersi l’appoggio a Zelensky? Si sta pensando a come aggiornare la strategia di Biden. Rispetto all’inizio rimane immutato solo il vincolo essenziale: gli Stati Uniti non manderanno soldati a combattere direttamente sul terreno. Tutto il resto è in discussione.

Biden ha una doppia esigenza che, con il passare delle settimane, diventa sempre più contraddittoria. Da una parte evitare di dare ai russi il pretesto di allargare il conflitto; dall’altra «ragionare con il ritmo della guerra», come dice il Segretario alla Difesa Lloyd Austin. Lo scenario sul campo è pericolosamente in bilico. Gli ucraini danno l’impressione di poter lanciare la controffensiva nel breve termine; nello stesso tempo si teme che il 9 maggio, «giorno della Vittoria» nella Seconda guerra mondiale, Putin possa dare ordine di usare armi ancora più devastanti.

Biden, quindi, dovrà decidere come «riposizionare» gli Stati Uniti. La spinta interna è forte. Oltre il 70% dell’opinione pubblica appoggia l’invio di armi letali agli ucraini. Il Congresso è da sempre schierato in modo bipartisan sulla linea dura. Il 30 aprile scorso, la Speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha incontrato Zelensky a Kiev. Il suo linguaggio, il suo atteggiamento hanno ricordato quelli del premier britannico Boris Johnson, nella passeggiata tra le vie della capitale: «Saremo con l’Ucraina fino alla vittoria». Infine, il raccordo con gli alleati. Il presidente Usa non vuole rischiare di perdere per strada pezzi importanti di un fronte finora più o meno compatto. Il primo test è previsto per domani, domenica 8 maggio: il G7 virtuale dei capi di Stato e di governo, con la presenza di Zelensky.

7 maggio 2022 (modifica il 7 maggio 2022 | 19:07)

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, 2022-05-07 20:24:00, Biden dovrà decidere come «riposizionare» gli Usa. La spinta interna è forte. Oltre il 70% dell’opinione pubblica appoggia l’invio di armi letali agli ucraini, Giuseppe Sarcina

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