PizzAut: «180mila pizze “dedicate” a chi non ci credeva»

«Mi ha risposto, “il solito padre frustrato che non si arrende alla disabilità di un figlio e sogna progetti irrealizzabili”». Nico Acampora ricorda dal palco della Civil Week, durante l’incontro «Tocca a me cucinare, per aiutare» (riguarda il video dell’evento) – e lo fa con estrema cavalleria, senza rendere noto il nome della neuropsichiatra -, quella battuta. Lapidaria e feroce. Che però, invece di frenarlo, di mettergli dubbi, gli ha messo le ali.

Acampora, papà di un ragazzino affetto da autismo, del tipo più difficile, quella che la scienza definisce a basso funzionamento e significa una serie infinita di ostacoli mentre cresci e per tutta la vita, ha fondato a Cassina de Pecchi, in provincia di Milano, «PizzaAut», pizzeria che dà lavoro a dieci giovani autistici. Un progetto visionario, ma vincente. «Non sono un cuoco, non sono neppure bravo in cucina, l’idea è nata fra le pareti di casa, vedendo mio figlio impastare la farina e mangiare con gusto la pizza, lui che come tanti autistici ha una severa selettività alimentare. A quel punto ho capito che si poteva fare», ha raccontato.

La storia ha dell’incredibile: la pandemia aveva bloccato il cantiere della pizzeria, l’intero paese era fermo, Acampora si è inventato un trackfood per girare con i ragazzi nell’hinterland del capoluogo lombardo, «per due anni abbiamo sfornato pizze per interi condomini e per impiegati con la mensa aziendale chiusa». L’anno scorso l’inaugurazione ufficiale, ora sono a quota centottantamila pizze. Poche settimane fa i ragazzi sono stati ricevuti dal Papa, la foto del pontefice con il grembiule di PizzaAut ha fatto il giro del mondo, sette milioni di visualizzazioni. «Ci chiedono il know how, sono felice di condividere. Noi intanto abbiamo già spinto lo sguardo avanti, pensiamo a un’accademia di formazione, e dopo l’apertura di un nuovo locale a Monza, perfino a un franchising, daremo vita a una catena di ristorazione sociale, sarà bellissimo».

Sul palco, insieme ad Acampora, a raccontare un’altra storia di solidarietà sempre legata al cibo, c’era Francesco Bonacci, cuoco dell’Opera San Francesco per i Poveri, la storica mensa milanese che dà da mangiare a chi è in difficoltà. Bonacci ha ricostruito il suo percorso professionale, decisamente controcorrente, dai grandi alberghi di Stresa alla cucina dell’ente caritatevole. Dove lavora da venticinque anni, «mai pentito della scelta fatta», ha rimarcato.

Nel suo racconto la difficoltà di trovare menù che accontentino gusti molto differenti, «i nostri ospiti arrivano da angoli del mondo molto lontani, con tradizioni gastronomiche diverse, sud America, nord Africa, est Europa, lo sforzo è soddisfare tutti, tenendo conto anche dei grandi numeri, mille pranzi al giorno, settecento la sera», ha sottolineato. Anche lui ha parlato della sfida della pandemia, «non abbiamo chiuso, non potevamo, ci siamo ingegnati e abbiamo messo in piedi un servizio diverso, d’asporto, continuando a garantire cibo, che è un’esigenza primaria. Anche se è il contatto umano e la presenza dei volontari a fare la differenza». Poco prima di Acampora e Bonacci , erano intervenute Francesca Fariello e Chiara Ratti, fondatrici di Cibersupersonico, che hanno parlato della loro iniziativa per la otta allo spreco alimentare.

6 maggio 2022 (modifica il 12 maggio 2022 | 06:03)

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, 2022-05-12 04:04:00, Nico Acampora ha ripercorso le tappe dell’esperienza della prima pizzeria con ragazzi autistici. Con lui Francesco Bonacci, cuoco di Opera San Francesco per i poveri. L’impegno anti-spreco di Cibosupersonico , Marta Ghezzi

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