Polanski e Horowitz nel ghetto di Cracovia, in ricordo della Shoah

di CLAUDIO MAGRIS

Il regista e il fotografo ripercorrono nel film Hometown le strade della loro infanzia, quando furono colpiti dalla persecuzione e sfuggirono per poco allo sterminio nazista

A Firenze esiste, da parecchi anni, l’Associazione Per non dimenticare, diretta da Anna Benedetti, sorta per impedire che il male — il male per eccellenza, la Shoah — cerchi di annientare un’altra volta ogni senso dell’umano, anche grazie al turbinio delle vicende politiche e sociali, che sembra rendere obsoleto tutto ci che accade ogni giorno gi mentre sta calando la sua sera. La musa della storia non sembra pi Clio che la narra tessendo la tela, ma assomiglia a Penelope che di notte disfa e cancella ci che ha tessuto e narrato durante il giorno.

Questa cancellazione della storia nella mente e nella visione del mondo delle generazioni che si susseguono sgretola il ricordo di tanti eventi, che contribuisce a formare il pensiero e i valori, tempi e anche eventi che hanno contribuito a fare di noi quello che siamo divenuti e in parte siamo. I miei figli ovviamente non possono avere esperienze e ricordi della Seconda guerra mondiale, ma quello che ne sanno — attraverso memorie vive di famiglia, racconti che hanno ascoltato, integrandoli nel proprio rapporto con il mondo — qualitativamente diverso, nella formazione della loro persona, da quello che sanno della Prima guerra mondiale o di tempi ancor pi lontani, anche se pur essi anelli della catena che arriva fino a loro.

Forse questo il sentimento profondo che si prova vedendo il film Polanski Horowitz. Hometown . La strada dei ricordi, diretto da Mateusz Kudla e Anna Kokoszka-Romer, la cui definizione di docufilm pare inadeguata e che riesce a mostrare, forse pi indirettamente che direttamente, la Shoah. Compito che sembra tecnicamente facile e ripetibile ma che ogni volta deve essere rinnovato e vissuto come fosse la prima volta nella sua realt irrappresentabile.

un racconto semplice e impensabile, il vagabondare dei due amici per le strade di Cracovia, sentieri della loro vita e di tante tragedie delle loro vite, che essi ritrovano nelle tracce o nella cancellazione di ci che hanno vissuto — la famiglia, l’infanzia, i resti di qualche edificio sbriciolato. Frammenti che riaffiorano, quelle cose che vivendo si perdono continuamente e mai definitivamente, un dolce kosher, una retata delle SS, qualche volto nella folla dei prigionieri mai pi rivisto, i bambini e quel bambino sempre nascosto in ogni adulto, la morte o la salvezza, che sembra incomprensibile.

Mentre guardavo il film, mi tornato in mente uno di quei milioni divenuti cenere, un ebreo olandese. Catturato dalle SS, viene messo su un treno che, come egli sa bene, lo porter ad Auschwitz. Riesce a consegnare fortunosamente un biglietto a un conoscente, con la preghiera di recapitarlo ai suoi due figli, una ragazza e un ragazzo. In estate — dice il biglietto — ricordatevi, se siete sudati, di non bere bibite ghiacciate. Fa quasi ridere che Hitler contasse di poter vincere contro persone di questo stampo.

I due amici, interpretando senz’alcuna finzione s stessi, girano, l’uno da caporione l’altro pi timidamente, per le strade e nei dintorni di Cracovia, le strade della loro infanzia e giovinezza, della loro vita familiare; strade delle deportazioni e della morte, ma per loro, nonostante l’orrore, anche dell’incanto e dell’ironia quotidiana. Nel ricordo — che non ha nulla di sentimentale e di proustiano, ma una realt concreta e visibile per i raggi infrarossi del loro cuore — un ricordo legato alla morte del padre li fa ridere. In quel riso c’ la forza del legame familiare ebraico, indistruttibile anche nella tragedia e nel dolore, ingrediente essenziale del buon bicchiere che — suggerisce un proverbiale detto jiddisch — allieta il breve tempo dell’esistenza tra la polvere da cui si proviene e la polvere cui si ritorna.

Cos come, in un film amato, si ammira l’attore protagonista ma si ama il personaggio che egli interpreta e il paesaggio in cui si muove, in questo film l’eccezionale bravura dei protagonisti fa dimenticare che si tratta di attori, delle loro vite, in cui ci possono anche essere zone d’ombra e di colpa; ci che conta la verit delle persone e delle cose, come in una fotografia, dove non importa chi l’ha scattata. Un film contro l’oblio, in cui essi vanno alla ricerca non soltanto del male ma della vita stessa.

Questo testo tratto da la Lettura #582, disponibile in edicola e nell’App. Il supplemento si apre con uno speciale di dieci pagine dedicato al Giorno della Memoria.

22 gennaio 2023 (modifica il 22 gennaio 2023 | 19:14)

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