Pordenone, la madre di Giovanni Zanier: «Hanno visto la militare andare a zig zag. Ma lei verrà protetta dagli Usa e noi non avremo giustizia»

di Domenico Pecile

Barbara Scandella: «Era completamente ubriaca. Ecco perché correva in quel modo. La verità è che in queste zone gli americani fanno quello che vogliono e restano impuniti»

«Era completamente ubriaca. Ecco perché correva in quel modo, al punto di scavalcare la rotatoria prima di uccidere Giovanni. La verità è che in queste zone gli americani fanno quello che vogliono e restano impuniti. Temo sarà così anche questa volta. È una vergogna, un’ingiustizia…». Non si dà pace Barbara Scandella, 48 anni, mamma di Giovanni Zanier, il ragazzino di 15 anni travolto e ucciso dall’auto di una militare americana della base di Aviano, nella notte tra sabato e domenica. La notizia che la ventenne aveva un tasso alcolico quattro volte superiore al consentito, aggiunge dolore a dolore.

Quindi non ha fiducia nella giustizia?
«Io sono indignata. E non ho alcuna fiducia in un processo vero perché la donna che ha ucciso mio figlio è una militare della base Usaf e quindi l’America farà di tutto per proteggerla, nonostante l’evidenza del reato commesso».

Ma non crede che di fronte a un caso così drammatico, con il tasso alcolico oltre i limiti e l’elevata velocità, difendere la colpevole sia quasi impossibile?
«Glielo ripeto: io non ho alcuna fiducia e sono sempre più arrabbiata. Poco prima dell’incidente un automobilista ha incrociato la militare che correva come una pazza zigzagando. Ha lampeggiato più volte inutilmente. Poi nello specchietto retrovisore ha visto l’auto che alla rotatoria è andata dritta prima di carambolare su mio figlio e ucciderlo».

Come ha saputo della tragedia?
«Sono stata svegliata alle 4.14 dalla telefonata di una donna il cui nipote si trovava nella stessa discoteca dove avevo portato mio figlio. Mi ha detto che Giovanni aveva avuto un incidente e che era stato trasportato all’ospedale. Ha aggiunto che da lì a poco sarebbero venuti i carabinieri a casa mia. Non li ho aspettati e sono partita subito».

E durante quel breve tragitto cos’ha pensato?
«Avevo brutti presentimenti, ero terrorizzata. Poi, una volta in ospedale…»

Cos’è successo?
«Mi hanno accompagnato in uno studio, dove c’erano quattro sanitari che mi hanno informato della morte di Giovanni. Poco dopo è arrivato mio marito. Abbiamo voluto vederlo. A quel punto i ricordi si fanno confusi, mi hanno dato delle gocce e mi sono ritrovata a casa perché non ero in condizione di guidare».

A che ora aveva accompagnato in discoteca suo figlio?
«Verso le 11.30, in auto, chiedendogli di rincasare a piedi, perché preferivo così».

Ma al momento dell’indicente non stava rientrando in bici?
«Sì, probabilmente gliel’aveva prestata un amico».

Era molto tardi quando Giovanni è stato investito.
«Sì eravamo abituati che stesse fuori a quell’ora. Ma noi eravamo tranquilli. Sapevamo che andava in discoteca con gli amici e il tragitto era breve. Era un ragazzino serio, non ci aveva dato mai alcun problema e noi avevamo la massima fiducia».

23 agosto 2022 (modifica il 23 agosto 2022 | 07:38)

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