Posto fisso addio, concorsi flop e dimissioni tra i dipendenti pubblici: che succede?

Lavoro

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén28 mag 2022

Il tessuto economico e lavorativo del Meridione ha sempre spinto a guardare ai concorsi pubblici come a un’ancora di salvezza per chi vive in regioni del Paese dove il tasso di disoccupazione è sempre stato alto (le recenti statistiche di Eurostat hanno messo in evidenza una situazione drammatica: circa quattro giovani su 10 in Sicilia, Campania e Calabria nel 2021 erano senza lavoro: uno dei dati peggiori in Ue). La presenza massiccia di italiani provenienti dalle regioni meridionali negli uffici pubblici e nelle scuole del Nord Italia, dunque, è sempre stata una costante. Eppure, qualcosa sembra stia cambiando. Ora, ciò che era già avvenuto anni fa tra la popolazione delle regioni settentrionali, riguarda anche il Sud: ovvero, la fuga dal lavoro pubblico.

Il rifiuto di spostarsi lontano da casa

A lanciare l’allarme per una situazione che si appresta a diventare decisamente spinosa per la macchina dello Stato, è il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che il 26 maggio in audizione alla Commissione Trasporti della Camera ha spiegato che «recenti assunzioni per motorizzazioni e provveditorati sono andate in parte deserte, in particolare al Nord». Per dirla senza titubanze: gli ultimi concorsi, soprattutto alcuni legati al Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, sono stati un mezzo flop. Stando ai dati illustrati da Giovannini, dei 320 funzionari di amministrazione messi a concorso, «una quota consistente ha rinunciato evitando di prendere servizio a meno che non fosse indicata una sede al Sud». E non è finita qui: «La stessa cosa – ha detto il ministro – temiamo che accada per il primo concorso rivolto agli ingegneri».

Stipendi troppo bassi

Insomma, gli italiani non sono più così disposti a spostarsi per lavoro troppo lontano da casa. E così, se da una parte abbiamo ancora frotte di giovani che emigrano in altri Paesi Ue o in altri Continenti alla ricerca di un’attività lavorativa degna delle loro capacità, dall’altra abbiamo un numero crescente di italiani che non se la sentono – per un modesto lavoro impiegatizio – di cambiare neppure regione. Le motivazioni alla base di questo rifiuto sono varie. La prima è di natura economica: le retribuzioni non sono ritenute allettanti, soprattutto considerando il costo della vita che al Nord è decisamente superiore rispetto a quello delle regioni meridionali. Per avere un’idea, secondo un’indagine del Codacons, nel 2021 Milano era la città più cara d’Italia: per mangiare sotto la Madonnina, infatti, bisogna spendere in media il 47% in più rispetto a Napoli. In Italia, infatti, a differenza di quello che accade ad esempio negli Stati Uniti, gli stipendi (del pubblico come del privato) non sono tarati sui costi della vita della città in cui si lavora. E così, la domanda che si fanno gli aspiranti concorsisti è legittima: se 35 mila euro a Milano equivalgono a poco più di 20 mila a Palermo, perché lo stipendio di un dipendente della motorizzazione del capoluogo lombardo deve essere uguale a quello siciliano? Da qui i tanti rifiuti a una scelta di emigrazione interna.

Il flop del Concorso per il Sud

In realtà, nemmeno i concorsi in una Pubblica amministrazione del Sud fanno poi così gola. Il Concorso per il Sud, che doveva assegnare 2.800 posti nella Pa del Mezzogiorno, ha visto una tale scarsa affluenza di partecipanti alle selezioni (meno del 65% a livello nazionale e addirittura inferiore al 50% in alcune regioni) che il ministero della Pubblica amministrazione si è visto costretto a una modifica del bando, superando ed eliminando il limite originariamente fissato per l’ammissione alla prova scritta, pari a tre volte il numero dei posti messi a bando più gli ex aequo. Insomma, anche i candidati giudicati non idonei sono stati ripescati pur di riuscire a coprire i posti vacanti.

La carenza di competenze

E qui arriviamo al rovescio della medaglia. Il problema che lo Stato deve affrontare, ovvero la mancanza di figure professionali dietro gli sportelli pubblici e nei posti da funzionari, problema che, stando a quanto detto da Giovannini, nei prossimi anni prenderà forme preoccupanti, riguarda anche una carenza diffusa di competenze. Bastano due esempi per capirlo. Il primo riguarda il concorso per la scuola, che ha visto un tasso di bocciati che in alcuni casi ha sfiorato il 90%. Delle 230 procedure (circa il 38% di quelle previste) di cui attualmente si conosce il numero di ammessi all’orale, la percentuale di chi è stato bocciato – al lordo di chi non si è presentato alla prova – è dell’87%. Per le discipline STEM è anche peggio: sono 20 i risultati degli scritti attualmente noti delle 75 procedure previste e la percentuale di ammessi all’orale è solo dell’11,3%, dunque quasi l’89% di chi ha tentato la prova è risultato inidoneo. L’altro esempio riguarda i 5.827 candidati al concorso di magistratura del dicembre scorso, dove soltanto 3.797 hanno consegnato la busta con la prova. Risultato? Solo 220 sono stati ammessi alla prova orale. Le ragioni? Il 95% degli esaminati non ha saputo dimostrare di avere una competenza sufficiente in diritto e nemmeno in lingua italiana.

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, 2022-05-28 20:05:00, Il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha lanciato l’allarme: «Difficile assumere, soprattutto al Nord. Per i prossimi anni si prevedono problemi», Massimiliano Jattoni Dall’Asén

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