Prendere un taxi a Napoli  è come giocare alla lotteria

Caro Aldo,
mi capita di prendere il taxi a Milano o a Bologna dove vivo e c’è un tassametro che parte e ti dice cosa spendi. Siamo stati a Napoli e abbiamo preso il taxi due volte facendo lo stesso tragitto dalla stazione dei treni all’imbarco dei traghetti per le Eolie. All’andata 20 euro perché era domenica senza tassametro, al ritorno 13 euro perché quella era la tariffa concordata dal Comune con i tassisti. Non aggiungo altro.
Marco Deluigi

Caro Marco,
Si lasci dire che le è andata bene. Per lo stesso tragitto a me è accaduto di molto peggio. La verità è che prendere il taxi a Napoli è spesso un’incognita. Puoi trovare una persona deliziosa e corretta, con cui conversare amabilmente e a cui pagare la corsa in base al tassametro, come accade in tutto il mondo; ma puoi trovare uno che tenterà in ogni modo di spillarti più denaro del dovuto, inventando supplementi o extra immaginifici (il più simpatico e sfrontato mi disse: «Dotto’, lei andava di fretta, io ho accelerato, e la velocità ha un costo»). Come molti tra coloro che amano Napoli e ci vanno spesso, anch’io tendo ad affidarmi a due o tre tassisti che conosco, in particolare il fido Antonio, benché accanito Novax; però non sempre sono disponibili, perché spesso lavorano a giorni alterni e nel weekend sono volentieri al mare. L’alternativa sarebbero gli Ncc, che però costano il doppio o anche il triplo delle cifre da lei indicate. Sempre meglio che a Palermo, dove gli ultimi due taxi che ho preso non avevano azzerato il tassametro della corsa precedente (nel secondo caso il tassametro era nascosto dal sedile davanti reclinato) . Inevitabilmente ho pensato: se lo fanno a me che sono italiano, cosa accadrà a un giapponese? A questo punto, gentile signor Deluigi, già vedo i siti specializzati in diffamazione (ce ne sono parecchi, e di successo) fare un bel titolo inventato sull’ennesimo attacco al Sud. È vero il contrario: chi ama il Sud ha il dovere di denunciare antiche furbizie che fanno il male dei molti tassisti che lavorano onestamente e in genere della città. Perché per i visitatori, stranieri e no, molto spesso una città comincia da un taxi. E la prima impressione conta.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’ingiustizia

«Il mio amico artigiano e i suoi lavoretti senza fattura»

Un mio vecchio amico che di mestiere fa l’artigiano e entra nelle case dei privati a fare lavori tutti rigorosamente senza fattura o ricevuta fiscale, in un momento di confidenza, mi ha confessato che lui dichiara al fisco un imponibile molto al di sotto di 35.000 euro mentre di fatto ne incassa esentasse 5 volte tanti. Nessuno dei suoi clienti obietta alla sua richiesta di pagare l’intervento solo in contanti perché altrimenti se si vuole la fattura lui «purtroppo» deve aggiungere l’Iva del 22% , con il suo intervento li fa sentire dei fortunati dicendo che ha una lista di chiamate di gente che aspetta il suo arrivo lunga 15 giorni . Avete capito bene? Ne dichiara 35 mila e ne incassa 140 mila in nero esentasse. Una evasione tra Iva e Irpef di oltre 60 mila euro che lui si gode passando 3 settimane in un atollo a 7 stelle super lusso nell’oceano Indiano .In più mi ha anche confessato che lo stato gli ha pagato il bonus Covid per le partite Iva nel 2020 , poca cosa erano una miseria di 600-700 euro per lui che anche in lockdown quell’anno aveva lavorato tantissimo e aveva registrato il suo record di fatturato, e quest’anno lo stato gli ha concesso tutti i bonus energia considerati i suoi miseri redditi ufficiali essendo compreso nella fascia debole della popolazione nazionale che va aiutata per il caro energia. Così va l’Italia. Mi posso immaginare che evidentemente tra i miliardi di euro di imposte che mancano all’appello, potrebbero esserci non solo le multinazionali che pagano le tasse nei vari paradisi fiscali ma anche artigiani con il furgone, commercianti e liberi professionisti, che hanno fatto del lamento e della vessazione fiscale il loro credo.
Marco Poletti

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-08-25 20:57:00,

Caro Aldo,
mi capita di prendere il taxi a Milano o a Bologna dove vivo e c’è un tassametro che parte e ti dice cosa spendi. Siamo stati a Napoli e abbiamo preso il taxi due volte facendo lo stesso tragitto dalla stazione dei treni all’imbarco dei traghetti per le Eolie. All’andata 20 euro perché era domenica senza tassametro, al ritorno 13 euro perché quella era la tariffa concordata dal Comune con i tassisti. Non aggiungo altro.
Marco Deluigi

Caro Marco,
Si lasci dire che le è andata bene. Per lo stesso tragitto a me è accaduto di molto peggio. La verità è che prendere il taxi a Napoli è spesso un’incognita. Puoi trovare una persona deliziosa e corretta, con cui conversare amabilmente e a cui pagare la corsa in base al tassametro, come accade in tutto il mondo; ma puoi trovare uno che tenterà in ogni modo di spillarti più denaro del dovuto, inventando supplementi o extra immaginifici (il più simpatico e sfrontato mi disse: «Dotto’, lei andava di fretta, io ho accelerato, e la velocità ha un costo»). Come molti tra coloro che amano Napoli e ci vanno spesso, anch’io tendo ad affidarmi a due o tre tassisti che conosco, in particolare il fido Antonio, benché accanito Novax; però non sempre sono disponibili, perché spesso lavorano a giorni alterni e nel weekend sono volentieri al mare. L’alternativa sarebbero gli Ncc, che però costano il doppio o anche il triplo delle cifre da lei indicate. Sempre meglio che a Palermo, dove gli ultimi due taxi che ho preso non avevano azzerato il tassametro della corsa precedente (nel secondo caso il tassametro era nascosto dal sedile davanti reclinato) . Inevitabilmente ho pensato: se lo fanno a me che sono italiano, cosa accadrà a un giapponese? A questo punto, gentile signor Deluigi, già vedo i siti specializzati in diffamazione (ce ne sono parecchi, e di successo) fare un bel titolo inventato sull’ennesimo attacco al Sud. È vero il contrario: chi ama il Sud ha il dovere di denunciare antiche furbizie che fanno il male dei molti tassisti che lavorano onestamente e in genere della città. Perché per i visitatori, stranieri e no, molto spesso una città comincia da un taxi. E la prima impressione conta.

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L’ingiustizia

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Un mio vecchio amico che di mestiere fa l’artigiano e entra nelle case dei privati a fare lavori tutti rigorosamente senza fattura o ricevuta fiscale, in un momento di confidenza, mi ha confessato che lui dichiara al fisco un imponibile molto al di sotto di 35.000 euro mentre di fatto ne incassa esentasse 5 volte tanti. Nessuno dei suoi clienti obietta alla sua richiesta di pagare l’intervento solo in contanti perché altrimenti se si vuole la fattura lui «purtroppo» deve aggiungere l’Iva del 22% , con il suo intervento li fa sentire dei fortunati dicendo che ha una lista di chiamate di gente che aspetta il suo arrivo lunga 15 giorni . Avete capito bene? Ne dichiara 35 mila e ne incassa 140 mila in nero esentasse. Una evasione tra Iva e Irpef di oltre 60 mila euro che lui si gode passando 3 settimane in un atollo a 7 stelle super lusso nell’oceano Indiano .In più mi ha anche confessato che lo stato gli ha pagato il bonus Covid per le partite Iva nel 2020 , poca cosa erano una miseria di 600-700 euro per lui che anche in lockdown quell’anno aveva lavorato tantissimo e aveva registrato il suo record di fatturato, e quest’anno lo stato gli ha concesso tutti i bonus energia considerati i suoi miseri redditi ufficiali essendo compreso nella fascia debole della popolazione nazionale che va aiutata per il caro energia. Così va l’Italia. Mi posso immaginare che evidentemente tra i miliardi di euro di imposte che mancano all’appello, potrebbero esserci non solo le multinazionali che pagano le tasse nei vari paradisi fiscali ma anche artigiani con il furgone, commercianti e liberi professionisti, che hanno fatto del lamento e della vessazione fiscale il loro credo.
Marco Poletti

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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, Aldo Cazzullo

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