Putin: «Colloqui con Biden? Non ne vedo la necessità». Ma apre alla diplomazia: «Sforzi ben accetti»

di Marco Imarisio

Nella conferenza stampa al termine del vertice di Astana Putin sembra mostrare un volto più moderato del solito: «Gli sforzi di mediazione di tutti i Paesi interessati saranno ben accetti se Kiev “maturerà” la volontà di trattare con Mosca». E secondo alcuni siti indipendenti sta valutando l’ipotesi di riprendere i negoziati

DAL NOSTRO INVIATO
MOSCA – A volte i titoli ingannano. Gli hanno chiesto se andrà al G20 in programma il prossimo novembre e se è pronto a un incontro con Joe Biden. «Bisogna chiederlo a lui, se veramente è interessato a questo colloquio o meno. A dire il vero, io non ne vedo una grande necessità».

La conferenza stampa di Vladimir Putin in chiusura della Conferenza sulla interazione e sulle misure di fiducia in Asia che si è svolta ad Astana , vede l’ulteriore allontanamento di qualunque contatto ufficiale tra le due superpotenze. Già gli Usa avevano molto rallentato sull’ipotesi di una riunione informale tra i due presidenti. Adesso lo ha fatto anche Vladimir Putin. Botta e risposta, al momento l’unica interlocuzione sembra questa.

Le apparenze possono ingannare. Almeno così si spera, come sempre da otto mesi a questa parte. Perché in realtà il presidente russo è sembrato molto più moderato del solito. Nelle parole e nei toni, addirittura concilianti. Il contrasto con le dichiarazioni di fuoco dello scorso 30 settembre quando celebrò l’annessione delle quattro province ucraine, non potrebbe essere più netto. Putin ha intanto annunciato la fine imminente della mobilitazione parziale. «Nel corso delle prossime due settimane l’arruolamento sarà concluso. Non abbiamo alcuna intenzione di aumentare ancora il numero delle reclute. Non vedo alcuna necessità di farlo». Non si pente di avere avviato l’Operazione militare speciale . «Ci stiamo muovendo nel modo giusto». Esclude però un altro bombardamento a tappeto come quello dello scorso dieci ottobre, che ha fatto seguito all’attentato sul ponte di Crimea. «Per ora non è previsto niente di simile. Il nostro obiettivo non è certo quello di distruggere l’Ucraina. Non abbiamo intenzione di ricorrere nuovamente a raid aerei massicci».

Non sono parole definitive, e neppure rassicuranti, dati i precedenti.

Ma per una volta, Putin è sembrato dismettere la sua maschera più minacciosa verso il cosiddetto Occidente collettivo. Certo, ha detto che se le truppe Nato dovessero entrare in Ucraina, si tratterebbe di un passo «verso la catastrofe globale». Ma lo ha fatto rispondendo a una domanda sull’eventuale intervento dell’Alleanza atlantica in caso di una sconfitta di Kiev. E il seguito è stato molto più interessante della solita affermazione bellicosa. «In fondo, la definizione di sconfitta è una questione di tecnica giuridica. Ognuno la può risolvere in modo diverso. Il fatto che la Crimea nel 2014 sia diventata soggetto della Federazione russa è una sconfitta? Non lo so. Bisogna capire quale sarà il punto di arrivo».

Sui canali Telegram ucraini è già cominciata la messa in guardia dal «Putin moderato». Al tempo stesso, qualcosa di nuovo c’è, leggibile non solo tra le righe.

Proprio ieri, alcuni siti indipendenti davano conto del fatto che il presidente avrebbe davvero intenzione di riprendere i negoziati interrotti lo scorso marzo. A modo suo. Tenendo per sé l’intero Donbass e senza neppure citare la Crimea. Per Meduza, la cui redazione è stata costretta a espatriare dopo il 24 febbraio, questa volontà che comincia a essere declinata con tante voci diverse sarebbe solo un espediente per ottenere un cessate il fuoco in vista di una riorganizzazione delle truppe per la primavera del 2023.

Ma sono molti ormai gli esperti che invece concedono il beneficio del dubbio. A cominciare da Abbas Gallyamov, il politologo che un tempo scriveva i suoi discorsi e ora vive anche lui in esilio. «Gli approcci odierni potrebbero essere un distanziamento dai passi più radicali mossi negli ultimi tempi dalle autorità. Che sia l’inizio di una inversione a U»?

Anche Stanislav Kucher, uno dei volti più noti del canale RTVI, sostiene che «dietro le dichiarazioni di Putin ad Astana ci potrebbe essere la decisione di fare marcia indietro e avviare il processo di uscita dalla guerra». Sono domande e ipotesi basate sul fatto che fino a poco tempo fa lo zar non avrebbe mai pronunciato una frase come la seguente. «Gli sforzi di mediazione di tutti i Paesi interessati saranno ben accetti se Kiev “maturerà” la volontà di trattare con Mosca. Noi siamo aperti a questa eventualità. Gli Emirati Arabi sono pronti, India e Cina dicono sempre che è necessario risolvere tutto in maniera pacifica. Siamo riconoscenti anche a Erdogan per la sua partecipazione ai colloqui sullo scambio di prigionieri. Sono tutte posizioni che rispettiamo, alle quali siamo interessati».

Già, la Turchia. L’accordo sulla creazione di un hub del gas non è solo una questione di affari. Perché un punto di snodo sulla rotta da cui passa già il metano proveniente da Turkmenistan e Azerbaigian obbligherebbe questi due Paesi a un ulteriore riavvicinamento a Mosca. E aprirebbe una porta sul Mediterraneo, ponendo la Russia in una posizione ancora più forte.

Quando non si vince sul piano militare, c’è sempre l’economia.

14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 21:41)

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, 2022-10-15 04:00:00, Nella conferenza stampa al termine del vertice di Astana Putin sembra mostrare un volto più moderato del solito: «Gli sforzi di mediazione di tutti i Paesi interessati saranno ben accetti se Kiev “maturerà” la volontà di trattare con Mosca». E secondo alcuni siti indipendenti sta valutando l’ipotesi di riprendere i negoziati, Marco Imarisio

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