Da anni non si vedevano insulti così aperti, e feroci, contro un personaggio della cerchia ristretta di Vladimir Putin. Ma chi, tra i «falchi» e il portavoce del presidente, interpreta davvero la linea dello «Zar»?
Erano molti anni che personaggi della ristretta cerchia di Putin non subivano attacchi violenti e diretti come quelli che nelle ultime ore hanno colpito Dmitrij Peskov, che lavora vicino al presidente da 22 anni.
Uno dei casi di maggior rilievo fu quello di Aleksej Kudrin, l’economista che nel settembre del 2011 fu costretto a lasciare il ministero delle Finanze. Con lui uscì sconfitta l’intera pattuglia dei liberali e riformisti di San Pietroburgo che avevano affiancato Putin dall’inizio del suo primo mandato e che premevano affinché la Russia si avvicinasse sempre di più al modello occidentale di democrazia aperta alle leggi di mercato. Neanche allora, però, i toni usati furono così aspri e, soprattutto a far sentire la loro voce contro Kudrin non furono anche esponenti di secondo o terzo piano della nomenklatura.
Ad accusare i moderati di oggi, quelli che vorrebbero si trovasse una via d’uscita onorevole dall’Operazione militare speciale in Ucraina, sono invece figure generalmente allineate e coperte sulla linea ufficiale dettata dal Cremlino.
Peskov, come Vladimir Medinsky, capo della delegazione russa alle trattative, sono stati praticamente accusati di tradimento. Ha parlato Ramzan Kadyrov, il leader ceceno fedelissimo del signore del Cremlino. Ha fatto sentire le sue critiche tramite canali Telegram Evgenij Prigozhin, noto come cuoco di Putin che per conto del Capo si è inventato la milizia privata Wagner (anche se lui smentisce) impegnata in nome della patria a combattere in vari angoli del mondo, dalla Siria alla Libia, all’Ucraina. Poi sono usciti allo scoperto conduttori televisivi, direttori di testate statali di stretta osservanza putiniana. Insomma, una guerra di tutti contro tutti che vede ora gli analisti impegnati a capire chi stia da una parte e chi dall’altra.
Peskov, Medinsky e la governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina sarebbero affiancati da tutta la struttura economica statale, dai ministri agli alti dirigenti. Loro si rendono conto che proseguendo su questa strada la Russia rischia di farsi molto male.
Alcune fonti hanno inserito in questo fronte anche il responsabile della difesa Sergei Shoigu che per diversi giorni era scomparso totalmente dalla scena pubblica. Qualcuno ha anche detto che avrebbe tentato di dimettersi. Ora invece siti russi dicono che le indiscrezioni sulla posizione del ministro erano solo frutto di un tentativo dei servizi segreti americani di metterlo in difficoltà.
Shoigu, si dice, sarebbe invece tra coloro che sono decisi ad «andare fino in fondo a qualunque costo».
Invece avrebbe sposato la causa delle colombe il responsabile degli Esteri Sergej Lavrov che è stato visto sempre più nervoso nelle ultime conferenze stampa, con le mani impegnate a torcere spasmodicamente il cavo della cuffia e un tic facciale ricorrente.
Gli altri si conoscono: Kadyrov che voleva fosse affidata ai suoi ceceni la conquista di Kiev, Vyacheslav Volodin, speaker della Duma e Dmitrij Medvedev che quando prese il posto di Putin alla presidenza tra il 2008 e il 2012 suscitò molte speranze tra i democratici che lo ritenevano capace di avviare quella svolta politica che tanti si aspettavano.
Adesso Medvedev non fa passare giorno senza tuonare contro l’Occidente e le sanzioni: «Le attuali misure illegali e senza precedenti per ampiezza, portata e grado di cinismo, causeranno un ulteriore collasso di tutte le istituzioni internazionali, comprese principalmente le Nazioni Unite», ha detto ieri. E subito ha aggiunto: «Le relazioni diplomatiche con alcuni Stati finiranno in un vicolo cieco, saranno declassate o interrotte completamente».
Ma c’è chi pensa che i falchi si stiano in realtà scontrando contro qualcuno assai più potente di Peskov o di Medinsky: le affermazioni del portavoce del Cremlino sarebbero condivise dal suo capo.
Dice il politologo Gleb Pavlovskij, ex consigliere dell’amministrazione presidenziale: «Peskov riporta semplicemente la linea di Putin: colloqui di pace accompagnati da una continua pressione militare». Secondo Pavlovskij, «è ridicolo supporre che il portavoce del presidente possa esprimere opinioni proprie, in contrasto con quelle del Capo».
9 aprile 2022 (modifica il 9 aprile 2022 | 20:46)
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, 2022-04-09 21:46:00, Da anni non si vedevano insulti così aperti, e feroci, contro un personaggio della cerchia ristretta di Vladimir Putin. Ma chi, tra i «falchi» e il portavoce del presidente, interpreta davvero la linea dello «Zar»?, Fabrizio Dragosei