Quando essere disabili porta anche alla povertà: a rischio uno su cinque

di Giulio Sensi

L’indagine Openpolis: cresce la quota di persone con disabilità a rischio di «deprivazione» in Italia. Il nostro Paese 18esimo in Europa, investiamo in assistenza solo il 2% del Pil

In Italia una persona con disabilità su cinque è a rischio povertà: un dato in linea con la media dei Paesi europei dove vivere senza alcuna disabilità fa scendere di 6,2 punti percentuali la probabilità di scivolare nella spirale della deprivazione materiale e sociale. L’allarme sull’ancora forte incidenza della povertà fra chi vive condizioni di disabilità proviene da Openpolis che ha raccolto i dati Eurostat sul tema e comparato la situazione di tutti gli Stati membri.

«Le persone con disabilità – spiega Martina Lovat di Openpolis – sono maggiormente esposte alla marginalizzazione economica e sociale. Se il numero delle persone a rischio povertà fra chi non ha disabilità cala, quello delle persone che invece vivono anche solo una disabilità sta continuando ad aumentare». L’Italia è al diciottesimo posto in Europa per la percentuale di prodotto interno lordo dedicato alla spesa a sostegno della malattia e disabilità. «È un calcolo – aggiunge Lovat – che viene effettuato a livello di tutti gli Stati membri per poter rendere confrontabile questa voce. Include la spesa per il mantenimento di livelli di reddito adeguato e di assistenza sociale diretta alle persone nella vita quotidiana, senza includere quella medica. L’Italia spende su questo fronte il 2 per cento del Pil, un dato inferiore alla media europea che è il 3 per cento».

Effetti

Roberto Speziale è il presidente nazionale di Anffas, l’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale. «Le faccio un esempio – spiega – per capire cosa tutto questo significhi. Spesso quando in una famiglia nasce un figlio o una figlia con disabilità uno dei due genitori, in genere la madre, è costretto a lasciare il lavoro. L’assenza di servizi adeguati impone l’allontanamento dal percorso lavorativo. Ciò ha conseguenza diretta sul reddito familiare perché il nucleo rimane con una sola entrata. Poi ci sono altri effetti: la necessità di una pluralità di servizi, analisi mediche, accertamenti, cure. Quelli offerti dal sistema pubblico sono molte volte mancanti, carenti o fuori portata temporale. Quindi le famiglie sono costrette a fare da sole e reperire queste cure fuori regione, perciò si aggiungono anche le spese per le trasferte. Abbiamo calcolato che tutto questo possa costare anche 300 euro al giorno, circa novemila euro al mese. Si capisce come la situazione economica delle famiglie deperisca rapidamente».

Poi i ragazzi e le ragazze crescono e solo in alcuni casi possono contribuire al reddito familiare. «Più andiamo avanti negli anni – aggiunge Speziale – e più questa situazione peggiora. Aumenta l’età dei genitori, crescono i bisogni assistenziali e l’annesso carico economico. È un avvitamento verso il basso della situazione in cui incide anche la perdita di energie fisiche. Tutti questi fenomeni sono la causa dell’incidenza maggiore della povertà nei nuclei che hanno persone con disabilità: le condizioni di partenza contano, ma il generale impoverimento delle famiglie italiane fa sì che il problema sia sempre più esteso».

Garanzie

I sostegni esistono, sia monetari sia di servizi, ma da soli non garantiscono l’emersione dalla soglia di povertà. «Se l’esigenza di assistenza o di cura del singolo non è sostenuta da un adeguato welfare – spiega Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università di Trento – diventa causa di impoverimento del nucleo. Questo in Europa aumenta laddove c’è un welfare più debole. Il fattore tempo è decisivo: più si protrae la condizione di disabilità o non autosufficienza, più la situazione precipita. Il dramma è quando i genitori di un figlio o una figlia con disabilità diventano non autosufficienti. Se ne parla troppo poco in Italia, ma ci sono casi molto gravi e nessuno ha strumenti per affrontarli». Qualcosa si sta facendo sia a livello europeo sia italiano per fronteggiare la situazione, ma esperti e associazioni che operano nel campo della disabilità si aspettano risposte più incisive.

Il Pnrr ha messo a disposizione 500 milioni di euro per fornire servizi socio-sanitari comunitari e domiciliari alle persone con disabilità. La parola d’ordine è autonomia e nell’ultimo Consiglio dei ministri del governo Draghi, l’11 ottobre, è stato approvato un testo di legge di riforma sugli anziani non autosufficienti che prevede forti azioni di sostegno. «La sfida che abbiamo davanti – commenta Gori – è coniugare le politiche di assistenza alle persone non autosufficienti con l’attenzione alla dimensione della povertà economica».

«Ma per impedire alle persone con disabilità di entrare nella spirale della povertà – conclude Speziale – occorre lavorare a progetti individuali multidimensionali. Significa focalizzare per ciascuna persona il suo bisogno e prevedere un budget specifico anche per evitare sprechi o duplicazioni. Fra le risorse fondamentali ci sono le reti di volontariato e solidarietà che devono essere attivate e valorizzate. Le riforme in materia di disabilità e non autosufficienza spingono in questa direzione. Sono occasioni da non sprecare».

22 ottobre 2022 (modifica il 22 ottobre 2022 | 20:28)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-23 04:45:00, L’indagine Openpolis: cresce la quota di persone con disabilità a rischio di «deprivazione» in Italia. Il nostro Paese 18esimo in Europa, investiamo in assistenza solo il 2% del Pil, Giulio Sensi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version