Quanto valgono Carfagna e Di Maio?

politeia Mezzogiorno, 24 luglio 2022 – 08:51 In queste elezioni sono per la prima volta chiamati a dimostrare quanto valgono davvero, una volta emancipatisi l’uno da Grillo e l’altra da Berlusconi di Antonio Polito La crisi di governo ha trovato in Campania due protagonisti e un comprimario. Il comprimario è Roberto Fico, che vi ha svolto un ruolo memorabile solo per aver condannato, da presidente della Camera, le scelte costituzionalmente protette dei numerosi deputati che hanno lasciato i 5S. Finché la Carta garantisce che il parlamentare «rappresenta la nazione senza vincolo di mandato», il dovere di Fico e del suo ruolo istituzionale sarebbe stato quello di difendere questa libertà. Non l‘ha fatto. Sara ricordato per questo. Ma forse neanche tanta fedeltà alla causa partigiana dei Cinquestelle gli varrà una ricandidatura, visto che ieri Grillo ha di nuovo tuonato contro il terzo mandato. I due protagonisti (almeno per il momento tali, saranno poi le urne a dirci se lo resteranno), sono invece Luigi Di Maio e Mara Carfagna. Entrambi infatti hanno lasciato i loro partiti di appartenenza, anzi, per meglio dire, le loro culle politiche, i luoghi dove sono nati e cresciuti, per difendere il governo Draghi di cui fanno parte. Il primo, Di Maio, ha dato vita a una vera e propria scissione, perché ha portato con sé un nutrito gruppo di parlamentari, anche se non è chiaro a quanti voti reali essi possano corrispondere. La seconda, Carfagna, se ne è andata invece da sola da Forza Italia, per manifesta incompatibilità con la Ronzulli, vera «domina» di casa Berlusconi e notaio del patto elettorale con Salvini che dovrebbe salvare una pattuglia di azzurri in cerca di rielezione. Ma, dando quasi l’idea di non volersi aggregare a Gelmini e Brunetta che prima di lei hanno lasciato la casa del padre, ha annunciato un’enigmatica «riflessione politica», come se non avesse ancora deciso il da fare; il che è quanto meno singolare a un mese dalla presentazione delle liste. In questo comportamento c’è un tratto tipico della ministra, che spesso è apparsa indecisa a tutto: ogni progetto centrista di cui si è favoleggiato in questi anni l’ha infatti sempre indicata come una possibile protagonista, o perfino come potenziale leader, ma a nessun progetto ha poi mai aderito, e ancora non sappiamo a quale aderirà. In tutto questo tempo però Mara Carfagna ha fatto un lavoro in profondità, da politico vecchio stile. Ha costruito una rete di relazioni sul territorio, con consiglieri regionali e sindaci, anche e soprattutto durante l’anno e mezzo in cui la carica di ministra del Mezzogiorno le ha dato visibilità e potere. Così che, seppure politicamente sembri pesare meno di Di Maio nello scenario nazionale, elettoralmente pesa forse più di lui in Campania, dove l’amicizia con Casciello e Russo le dovrebbe garantire un bel pacchetto di voti. Diverso è il caso di Di Maio. Non sappiamo infatti se la ormai lunga militanza del giovane ministro degli Esteri gli abbia prodotto una qualche base elettorale locale personale, che possa resistere alle giravolte politiche di queste settimane, e portargli in dote un consenso ormai indipendente dal brand Cinquestelle. Ciò che sappiamo è che soprattutto nei collegi uninominali la partita in Campania è più aperta di quanto si possa pensare. Perché alle ultime elezioni quei collegi erano stati presi tutti, ma proprio tutti, dal M5s, in uno storico «cappotto». E adesso sono invece tutti contendibili. Anche perché un «padrone» dei voti, un «signore» delle clientele, oggi non esiste più nella nostra regione; se si esclude Vincenzo De Luca, il quale però ha un suo limite provinciale nel salernitano. Questo vale soprattutto nel centrodestra, con i Cesaro ormai fuori gioco e una classe dirigente di Fratelli d’Italia non particolarmente nuova o brillante, con l’unica eccezione forse di Rastrelli. Soprattutto in quest’area la Carfagna potrebbe avere delle carte da giocare, visto che quando è stata testata, come per esempio alle regionali, ha dimostrato di saper fare grandi numeri nelle preferenze. Di Maio e la ministra del Mezzogiorno sono dunque giunti alla prova del fuoco. In questi anni di terza Repubblica, o meglio di seconda Repubblica e mezzo, sono loro i politici emersi, quelli che aspirano a prendere il posto dei grandi nomi che questa regione in passato è sempre riuscita ad offrire alla politica nazionale. Qualcuno dirà che non c’è paragone, e che la qualità personale dei due non è tale da poter dar vita a una nuova generazione di leader. E forse ha ragione. Ma fatto sta che in queste elezioni i due sono per la prima volta chiamati a dimostrare quanto valgono davvero, una volta emancipatisi l’uno da Beppe Grillo e l’altra da Silvio Berlusconi. 24 luglio 2022 | 08:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-24 06:52:00, In queste elezioni sono per la prima volta chiamati a dimostrare quanto valgono davvero, una volta emancipatisi l’uno da Grillo e l’altra da Berlusconi,

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