Quelli che (da Salvini a Grillo) non usano più la parola «Putin»

di Roberto Gressi Berlusconi ha condannato l’«aggressione inaccettabile» ma dopo 38 giorni e senza citare il leader russo E tra chi lo «dimentica» c’è anche il presidente dell’Anpi Cinque lettere, tre consonanti, due vocali. Nessuna difficoltà nella pronuncia. Eppure le parole circumnavigano. E le frasi, ellittiche del soggetto, zoppicano, traballano, incespicano, ruzzolano. Come è difficile dire: Putin. Una strana forma di afasia, limitata all’impossibilità di sillabare un solo nome. Colpisce maestri dell’eloquio, principi della retorica, oratori infaticabili, capaci di parlare per ore ed ore senza il soccorso di un goccio d’acqua. Quattro per tutti, come i moschettieri: Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Beppe Grillo, Giuseppe Conte. A voler usare un altro parolone, o a voler esser buoni, si tratta di paraprassìa, che secondo il dizionario Treccani, in psicologia e in psichiatria, configura un movimento, un’azione o espressione verbale inadeguati, errati o involontariamente omessi, e come tali interpretabili secondo il concetto psicanalitico di “atto mancato”. A voler pensar male, prepara invece il terreno del domani, quando una pace ancora lontana magari arriverà e potranno sbiadire, almeno nella mente di chi è capace di rimuovere ferite indelebili, le bombe, le stragi, la paura, gli stupri, i bambini strappati all’infanzia. E si potrà finalmente tornare a parlare con l’amico ritrovato, quello di mille lodi e centomila affari: Vladimir Putin. «Abbiamo un duplice dovere: quello di lavorare per la pace e quello di fare la nostra parte con l’Alleanza Atlantica, con l’Occidente, con l’Europa, per porre fine a un’aggressione militare inaccettabile». La frase di Silvio Berlusconi, seppure pronunciata solo dopo trentotto giorni di guerra, è oggettivamente ineccepibile. Oddìo, a voler essere impietosi, un dubbio si potrebbe sollevare: perché un duplice dovere? Fare la nostra parte con l’Europa non è già lavorare per la pace? Ma, anche a voler tacere quella che in tempo di invasioni potrebbe essere considerata lana caprina, come dimenticare Putin? Non è lui l’uomo che ha costretto un suo importante collaboratore a vergognarsi per sempre per aver balbettato senza opporsi all’annessione del Donbass? Certo era lui quello con cui Berlusconi sorrideva colbacco contro colbacco o che definiva «il numero uno tra i leader mondiali», nella convinzione che blandire un dittatore potesse trasformarlo in un governante illuminato. Per quanto riguarda il Commodoro dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, fa scuola quello che ha scritto Alessandro Trocino sul Corriere. Settimane di assordante silenzio. O meglio, giorni e giorni di passeggiate nell’iperuranio. Non una parola su Putin, ma sproloqui (o eloqui) sull’energia solare, sulla blue economy, e poi sulle particelle di plastica, sulla realtà aumentata, sul reddito universale, sul metaverso, sui robot archeologici. Eppure era Grillo quello che sentenziava: «Putin è l’uomo che dice le cose più sensate in politica estera». Si passi pure come ingenua speranza la frase secondo la quale «Se Trump ha voglia di convergere con Putin, di rimettere le cose sulla giusta strada, non può che avere il nostro appoggio. Due giganti come loro che dialogano: è il sogno di tutto il mondo!». Ma allora perché non parlare ora perlomeno di speranza tradita? Perché impantanarsi sul metaverso? Bisogna riconoscere a Matteo Salvini di averci provato e riprovato: ha votato a favore delle sanzioni e per il sostegno militare all’Ucraina invasa. Ma alla fine la sindrome di Stranamore ha spinto per emergere. L’occasione l’ha data l’ennesima vittoria elettorale di Orbán in Ungheria. «Bravo Viktor! Da solo contro tutti, attaccato dai sinistri fanatici del pensiero unico, denigrato da chi vorrebbe sradicare i valori legati a famiglia, sicurezza, merito, sviluppo, solidarietà, sovranità e libertà, hai vinto anche stavolta». E poco importa se Orbán ha rivendicato di aver vinto anche contro Zelensky, frantumando per altro il fronte di Visegràd. Silenzio su Putin, che resta pur sempre quello per cui avrebbe dato via due Mattarella, pur di averne una metà, ma lancia spezzata contro l’espulsione dei diplomatici russi. Non si dica che Giuseppe Conte non ha mai nominato Putin. «Ho parlato con lui per un’ora e mezza sugli accordi di Minsk. Putin, molto puntualmente, contestava la mancata attuazione e io cercavo di controbattere sulle violazioni russe. E’ una personalità molto pragmatica e ovviamente impregnata di un forte sistema ideologico. Ma non ho mai percepito il rischio di un’invasione dell’Ucraina». Un po’ pochino? Ma va capito, c’è un fronte elettorale prossimo venturo, e un fronte interno. Bisognerà pure diversificarsi un po’ da Luigi Di Maio, che almeno ora ha rotto i vecchi ponti con la Russia. Dimentica Putin anche il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, che chiede una commissione d’inchiesta neutrale sul massacro di Bucha: «Con quasi ogni certezza sono stati i russi. Ma ci deve essere un processo prima di una condanna». È di ieri la notizia che la comunità ebraica non parteciperà neanche quest’anno al corteo organizzato dall’Anpi a Roma per il 25 aprile. 5 aprile 2022 (modifica il 5 aprile 2022 | 21:12) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-05 19:13:00, Berlusconi ha condannato l’«aggressione inaccettabile» ma dopo 38 giorni e senza citare il leader russo E tra chi lo «dimentica» c’è anche il presidente dell’Anpi, Roberto Gressi

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