Ragazzi, scrivete a mano, non con il tablet . Intervista alla Dirigente Anna Proserpio che precisa: Non siamo contrari alla tecnologia

“Cari studenti, sarebbe meglio che prendeste appunti a mano e non con il tablet”. Non è una circolare, tiene a precisare la preside. E’ un consiglio, un incoraggiamento, precisa Anna Proserpio, dirigente scolastica del Liceo Artistico Fausto Melotti di Cantù, in provincia di Como

E’ sua l’idea di invitare gli studenti e le studentesse della sua scuola a preferire la penna alle sempre più ingombranti tecnologie, con la quale ha aggiunto ulteriori spunti alla discussione circa l’opportunità della sostituzione della scrittura a mano con l’uso di tablet e smartphone. Più che un divieto, è un’esortazione nata in un contesto particolare: l’avvio, nella biblioteca del liceo Melotti, di un concorso intitolato 100 Matite e della rassegna Carnet de Voyage, eventi che hanno come tratto comune l’esaltazione della creatività che è alla base dell’arte manuale cui gli studenti di questa scuola sono chiamati a ispirarsi. La dirigente Proserpio, che è pure assessore alle Politiche sociali al Comune di Erba, sottolinea il forte collegamento, abbondantemente dimostrato dalla scienza, tra l’uso delle mani e l’attivazione delle connessioni cerebrali a propria volta propedeutici a una buona e proficua creatività

L’iniziativa, come detto, rilancia il dibattito sull’uso e sull’abuso delle tecnologie, destinate d’altra parte a una costante e progressiva implementazione, dacché i fondi del PNRR piovuti sulle scuole italiane vengono utilizzati nell’ottica di una massiccia digitalizzazione della didattica. Il tutto in presenza dei nuovi risultati dei nuovi test OCSE-PISA che dimostrano un peggioramento nelle abilità di lettura e scrittura degli studenti a lungo termine in diversi paesi del mondo, tra cui l’Italia. Abbiamo già segnalato come secondo l’esperto Lutz Jäncke, neuropsicologo all’Università di Zurigo la capacità di leggere e scrivere dipende dalla pratica costante. Con meno esposizione a dettati e componimenti nelle scuole, le competenze linguistiche subiscono. La pandemia di Covid-19 è spesso citata come causa, ma il neuropsicologo rifiuta questa scusa per il declino nell’uso del linguaggio scritto. I libri vengono descritti come strumenti cruciali per migliorare la lettura e la scrittura. Essi richiedono concentrazione su testi più lunghi, allenando il cervello a memorizzare collegamenti e regole grammaticali. In contrasto, la lettura digitale su dispositivi come i tablet, pur essendo utile, spesso porta a distrazioni, soprattutto nei bambini. Per questo motivo, alcuni paesi, come la Svezia, stanno riducendo la digitalizzazione in classe in favore della scrittura manuale. Nonostante la critica, l’esperto chiarisce che la digitalizzazione non deve essere demonizzata completamente. Tuttavia, la scrittura a mano rimane preferibile per il suo impatto positivo sull’apprendimento e sulla memoria. La scrittura manuale, infatti, attiva aree motorie e linguistiche del cervello, facilitando un apprendimento più efficace. La scrittura a mano non solo migliora la concentrazione e la memoria ma è fondamentale per un apprendimento linguistico efficace. Questa pratica, in combinazione con l’uso moderato e consapevole della tecnologia, potrebbe essere la chiave per invertire il trend preoccupante emerso dai risultati dei test PISA.

La difesa della scrittura manuale – ha spiegato in una nostra recente intervista Giorgia Filiossi, grafologa dell’età evolutiva e giudiziaria, educatrice del gesto grafico e rieducatrice della scrittura – è essenzialmente difesa e protezione della libera e sana crescita delle nuove generazioni che saranno poi i pensatori e i leader del nostro futuro”. Scrivere a mano? “E’ importante, quasi determinante”. In un’epoca che si sta immolando al digitale in tutte le sue sfaccettature e declinazioni, far coesistere la scrittura a mano con quella digitale “non è solo possibile ma cruciale”. Rinunciare alla scrittura a mano, infine, “significherebbe rinunciare alla capacità di esprimersi, condividere la propria storia e preservare il patrimonio culturale”.

La scrittura manuale – spiegava in un’altra occasione la stessa Filiossi – è frutto dell’interazione tra sistema nervoso, sensoriale e motorio. L’uso della mano mantiene in forma il cervello: “l’esercizio quotidiano della scrittura rafforza le aree cerebrali tanto che l’attività grafica è consigliata anche per rallentare gli effetti dell’invecchiamento cognitivo”. Una bella scommessa nell’epoca dei computer e delle tastiere. “Scrivendo a mano impariamo di più e più rapidamente. Ma non ne farei una battaglia ideologica tra mano e computer”, dice. “Preferisco soffermarmi sui tanti vantaggi della scrittura. I bambini, per esempio, imparano a leggere meglio se contestualmente viene insegnato loro a scrivere. Una parola ‘scritta’ viene memorizzata e riconosciuta facilmente, cosa che non avviene digitandola soltanto. Vale anche per gli adulti. Nel prendere appunti, per esempio, selezioniamo le informazioni e le trascriviamo con parole nostre elaborandole in maniera personale. Scrivere a mano ci aiuta anche a sviluppare creatività e capacità di sintesi, a migliorare l’autocontrollo e la gestione delle emozioni”.

Dirigente Anna Proserpio, scrivere a mano, dunque, ci aiuta anche a sviluppare creatività. Perché è importante scrivere ancora a mano nella sua scuola?

“Abbiamo una tradizione importante. La nostra scuola nasce nel 1882 come scuola d’arte e nasce con l’arte del merletto e l’ebanisteria. Del resto Cantù è la patria dell’uno e dell’altra. Poi l’istituto d’arte diventa liceo artistico. La scuola nasce dunque con un’impronta legata al saper fare di tipo manuale e si contraddistingue da sempre per questa veste. Ci sono ancora dei docenti che hanno visto il passaggio da scuola d’arte a liceo artistico e scorgono ancora un legame con questa tradizione. Però tengo a dire che la mia non era una circolare”.

Che cos’era?

“Era una indicazione per i docenti visto che i ragazzi chiedevano se avrebbero potuto usare il tablet per prendere appunti. Intanto voglio dire che l’intenzione non è certo quella di vietare l’uso del tablet perché ipoteticamente contrari alle tecnologie. Non è questo il nostro caso. Inoltre voglio sottolineare che tutti gli studenti che hanno il diritto di usare le tecnologie come strumenti compensativi, in presenza di una diagnosi e un Pdp, possono benissimo usarle per favorire gli apprendimenti: nessuno ha intenzione di opporsi”.

Come nasce l’idea di consigliare ai suoi studenti gli appunti a mano?

“La cosa è emersa nel momento inaugurale della mostra intitolata Cento matite. Nell’occasione, mi sono ricollegata al fatto che la nostra scuola ha una tradizione di grande capacità di progettazione che parte dall’uso della mano e quindi ho sottolineato come non ritenessi opportuno che si prendessero appunti con il tablet durante le lezioni. Purtroppo sono strumenti, quelli, che fanno perdere la capacità di concentrazione sui tempi lunghi”.

Perché si collegano alla rete?

“Non è tanto per quello. Il tablet consente di cambiare i colori e lo spessore della penna, il tipo di carattere, operazioni che però arrivano a sfiorare l’idea del divertimento e sfavoriscono la concentrazione. Potrebbe sembrare una riduzione banale del problema ma io sono convinta che la capacità di leggere e di scrivere sia legata molto all’uso della scrittura a mano. La velocità della tecnologia non consente di sperimentare e non favorisce la concentrazione. Molti studiosi consigliano di utilizzare il tablet in età avanzata. La penna consente collegamenti e stimola le capacità neurologiche. Fare un tema a mano libera è molto diverso dal farlo con il tablet o con il computer”.

Insomma, non siete contrari alla tecnologia

“Il liceo Melotti non è contrario alla tecnologia ma le cose vanno utilizzate quando si è arrivati a un livello di capacità di utilizzo delle pratiche di base che permettano di essere più veloci. Non devono essere una scorciatoia. Per esempio alla scuola primaria l’uso della calcolatrice non è consentito, proprio perché il bambino possa allenare la propria mente. Poi, quando avrà imparato a fare i conti, la calcolatrice potrà essere consentita per agevolare i calcoli ma prima il cervello ha dovuto assimilare le procedure. La stessa cosa vale per gli studenti del liceo artistico a cui si desse un computer per progettare quando non abbia ancora acquisito le capacità progettuali di base. La tecnologia può farci lavorare in modo più veloce e creativo ma solo una volta che si sono acquisite le competenze: un passaggio, questo, che non si può scavalcare. In alcuni casi le tecnologie vengono usate come scorciatoie, lo dicono anche gli studenti, ma non devono essere quelli gli scopi della tecnologia. E’ difficile capire quanto faccia bene o no la tecnologia, occorre trovare un equilibrio tra le cose e utilizzarla quand’è il momento. Un bambino non può andare in motocicletta. La si userà quando sarà il momento e solo dopo essere passati dalla bicicletta”.

Gli studenti come hanno preso il suo invito?

“Gli studenti in un primo momento si sono arrabbiati. E io capisco che può essere comodo passare gli appunti agli amici, inviarli con le email è veloce e comodo. Ma devo dire che ho spiegato loro in maniera sana che l’ho fatto non per creare problemi ma per un valore in cui la scuola crede: l’apprendimento manuale. Anche noi usiamo tavolette elettroniche e tecnologie. Ma non penso che gli studenti ricevano un danno dal prendere appunti a mano”.

Intanto con i fondi del PNRR le scuole si stanno riempiendo di nuove tecnologie.

“Con i fondi del PNRR useremo anche noi vari strumenti digitali. E’ una sfida importante e i dirigenti scolastici sanno trovare gli equilibri. La scuola italiana è molto spinta sulla digitalizzazione ma i dirigenti sanno mediare e trovare il modo per investire i fondi senza per forza entrare nel mondo del futuro come Star Treck. Se lei ci pensa, rispetto al film Blade Runner la società è cambiata in maniera diversa rispetto a quanto si pensava. Tutto è andato nel senso della tecnologia legata alla connessione e alla velocità alla produttività. La sfida è trovare un equilibrio per non restare alla tradizione ma nello stesso tempo per non proiettarsi verso un futuro legato eccessivamente alla tecnologia. Con il PNRR avremo nuovi pc tavolette grafiche, smart board che ci consentono di fare dei lavori di tipo cooperativo, taglierine laser, con software adeguati che ci consentono di progettare. Credo molto nella sfida PNRR che vuole insegnare ai ragazzi ad affrontare le nuove professioni del futuro: il falegname non sarà più un artigiano che userà lo scalpello ma un operatore che userà anche nuovi strumenti. Capisco l’idea di spingere: bisogna però davvero trovare un equilibrio. In ogni cosa che si fa ci sono sempre aspetti che vanno bene e altri che non vanno. Non bisogna restare ancorati alla tradizione ma non bisogna neppure lasciarsi rapire dalla tecnologia senza sapere quali siano le necessità reali. Molte aziende cercano ancora persone che sappiano disegnare e progettare a mano. Occorre passare da fasi obbligate che richiedono l’uso della mano”.

C’è un legame secondo lei tra agli esiti recenti dell’indagine OCSE-PISA sugli apprendimenti e l’uso o abuso delle tecnologie?

“Il presidente dell’Invalsi, Ricci, a proposito degli strumenti digitali ha detto che occorre prima imparare a leggere e scrivere. Chi li sa usare è chi ha un substrato culturale e di apprendimento solido. Tutto quello che viene visto come scorciatoia in alcuni casi va bene in altri casi serve a fare poca fatica ma per raggiungere certi risultati i ragazzi devono capire che devono apprendere, dal punto di vista culturale. Dobbiamo insomma partire dalle conoscenze di base, poi vengono le tecnologie. Tutti possono usare le tecnologie, una volta acquisito una solida cultura di base. Questo non vuol dire che bisogna puntare solo sulle discipline umanistiche e che tutti debbano scegliere facoltà di tipo umanistico, vanno potenziate e valorizzate anche le scelte di tipo scientifico: quando parlo di cultura alludo alla cultura generale che riguarda tutti gli ambiti”.

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