di Renato Franco
Dal padre ammiraglio all’addio in crociera: 100 anni fa nasceva l’attore-conduttore. Quando disse: «Vivendo a lungo, vedi andar via tanti amici… Però non mi chieda se preferirei il contrario»
Ci fu un periodo in cui Sandra Mondaini ebbe una forte crisi depressiva, Raimondo Vianello stava chiuso in casa ad assisterla. Un giorno uscì per prendere un caffè con Pippo Baudo e si raccomandò con il portinaio: «Se cade qualcosa da sopra, è roba mia…». In questa battuta, fulminante come tante, disincantata come il suo aplomb, dinoccolata come il suo portamento, cinica come spesso è la vita, c’è molto di uno dei più grandi protagonisti della storia della tv. L’ironia era la cifra del suo modo di intendere la vita; la sua si era accesa 100 anni fa. Intervistarlo era come assistere a uno dei suoi spettacoli. Metteva in chiaro le cose all’inizio: «Ogni tanto sentirà dei vuoti. Non pensi che mi sia offeso. È che la memoria è quella che è». Al momento dei saluti si scusava: «Spero di essermi ricordato tutto. Se avessi fatto altre interviste di recente mi sarebbero venute in mente anche altre cose». Geniale, sempre. La sua filosofia dell’ironia la spiegava così: «Le battute non si devono mai preparare. Non è la battuta in sé a far ridere, ma la situazione, la scelta dei tempi. Se perdi l’attimo buono sono figuracce». E a lei capita mai di non cogliere una battuta? «Sì, sì… Ma vedo gli altri che ridono e mi adeguo».
Biondo e allampanato, con un’aria molto inglese
Raimondo Vianello era nato a Roma il 7 maggio 1922 e il padre, ammiraglio nella Marina Militare, pensava per lui tutt’altra carriera, il diplomatico. E lui, il physique du rôle, biondo e allampanato, con quella sua aria molto inglese, ce l’aveva. Ma non andò così. Prima del mondo dello spettacolo, c’è quello della guerra: per la sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana nel 1945 finì nel campo di concentramento degli alleati a Coltano. La svolta arriva da un incontro, quello con Garinei e Giovannini, il teatro di rivista è il suo primo palcoscenico con Cantachiaro N°2, dove arriva per caso: un amico di famiglia, l’attore Guglielmo Barnabò, cercava un ragazzo che impersonasse un ufficiale americano. Chi se non lui? Poi lavora accanto a Wanda Osiris, Carlo Dapporto, Gino Bramieri e, soprattutto, Ugo Tognazzi con cui fa coppia fissa dal 1951. Il teatro è un trampolino che lo spinge ad arrivare al cinema (oltre 50 film) come caratterista, ma la tv è il suo palcoscenico prediletto. Vianello accende risate con il suo umorismo distaccato, sottile, sempre elegante, mai volgare.
La popolarità all’inizio degli Anni ‘50
È la tv a regalargli popolarità nel programma Un due tre (con Tognazzi) che segna gli anni dal 1954 al 1959. Una coppia strepitosa, opposti e complementari, uno sanguigno l’altro compassato. Ricordava Vianello: «Noi dovevamo fare i presentatori di cantanti e prestigiatori, anche internazionali, che si esibivano nei loro numeri. Solo che pian piano le presentazioni diventavano più lunghe, finché i numeri non li guardava più nessuno e i telespettatori aspettavano i nostri sketch… La trasmissione ebbe successo perché ci ispiravamo a personaggi della televisione di allora. La gente guardava avidamente la tv a quei tempi. Ancora non si era stufata… Cercavamo difetti di altre trasmissioni, imitazioni, parodie, facevamo di tutto». Quella strepitosa stagione durerà cinque anni. Sketch che hanno fatto storia.
Il primo caso di censura in tv
L’episodio più famoso è l’ultimo, primo caso di censura in tv. L’allusione allo scivolone del presidente Gronchi a un incontro con De Gaulle costò alla coppia il posto: «Andavamo in diretta, non facevamo mai niente di quello che preparavamo nelle prove. Tognazzi era in piedi, doveva sedersi ma la sedia non c’era. Cadde. E io: ma chi ti credi di essere??? Finita la trasmissione andammo in camerino e c’era già la raccomandata di licenziamento». Furono richiamati dopo due anni: «Quando i dirigenti ci convocarono ci chiesero se avevamo qualche scenetta pronta. Io dissi che ne avevamo una sul Papa, solo per vedere le loro facce. Si creò un gelo, un silenzio imbarazzato, e Ugo si mise a imitare papa Giovanni. Ci hanno rimandato subito a casa. In qualche caso ci siamo rovinati per amore di una battuta. Ma ne valeva la pena».
«DOVEVO RECITARE CON UGO NEL SUO PRIMO FILM. LUI MI SCONSIGLIÒ: SE CI VEDONO INSIEME, DISSE, PENSANO CHE FACCIAMO LE SCENETTE»
«Io travestito da mondina, lui da mondana»
Raimondo e Ugo, ricordi che sanno di meraviglia: «Tra noi c’era un grande affiatamento, mai uno screzio, spesso ci veniva da ridere. Litigavamo quando bisognava fare dei personaggi femminili: non piaceva a nessuno dei due. A volte però dovevamo travestirci entrambi: io da mondina, lui da quella che faceva la vita di notte: la mondana, diceva Tognazzi. E giù richiami dai dirigenti Rai… Ci capivamo con uno sguardo, abbiamo scherzato tanto insieme, ma Ugo era una persona malinconica, intelligente, rara. Parlava di sé stesso raccontandosi solo la verità, fino in fondo – le sue sconfitte sul lavoro, in amore – non cambiava mai la storia perché finisse a suo favore». Dodici anni insieme, coppia dal 1950 al 1962. Perché dopo, al cinema, non lo seguì? «Il cinema è troppo meccanico. Nel 1968 dissi basta e finì lì. Dovevo recitare con Ugo nel suo primo film, Il federale. Fu lui a sconsigliarmi: “Se ci vedono insieme penseranno che facciamo le solite scenette”». Nanni Moretti diceva di lui che «è un attore di serie A che si accontentava di giocare in serie B», ma lui replicava con il solito ironico distacco: «Ho meritato quel che ho avuto, perché non ho mai cercato niente, non mi sono impegnato. Mi ha aiutato il caso». Un concetto che gli piaceva ripetere: «Non ho cominciato per vocazione, quando mi parlavano del “sacro fuoco” mi veniva da ridere. Non ce l’avevo proprio, recitavo la prima a teatro e già pensavo: “Domani sera è la stessa cosa, è meglio che smetto”».
«LA SCENA DEI CALCI SOTTO LE COPERTE L’HA INVENTATA SANDRA. NACQUE DA UN VERO SENTIMENTO DI FASTIDIO NEI MIEI CONFRONTI»
In coppia nella vita e sul lavoro, per 50 anni
Se con Tognazzi è stata una coppia di fatto, il matrimonio arriva per davvero nel 1962 con Sandra Mondaini, conosciuta quattro anni prima. Non riuscirono ad avere figli, in compenso adottarono una famiglia di filippini. Con Sandra lavorerà in coppia per 50 anni: da Studio Uno (1961) a Il tappabuchi (1967), da Sai che ti dico? (1972) a Tante scuse (1974). E poi Noi… no (1977), Io e la befana (1978-79), Stasera niente di nuovo, ultima trasmissione in Rai nel 1981. L’anno dopo Vianello (con la moglie) approda alle allora reti Fininvest di Silvio Berlusconi. Lavora sempre in coppia con Sandra nei varietà Attenti a noi due, Sandra e Raimondo Show (1987) e nella sitcom Casa Vianello (1988-2007), uno dei programmi che più rimangono impressi nella memoria televisiva, con i loro continui battibecchi di marito e moglie, con l’ineluttabile conclusione che, pur non sopportandosi, non possono fare a meno di stare insieme. La scena finale, sempre la stessa, è diventata un cult: lui che legge la Gazzetta dello Sport, lei che scalcia sotto le coperte. «Mi dà fastidio perché l’ha inventata Sandra. Nacque da un vero sentimento di fastidio nei miei confronti, Sandra sentì il bisogno di dare una prova fisica della sua presenza».
Che cosa piace a moglie e mariti in tivù
Quando doveva presentare una nuova stagione, ogni volta Vianello trovava la battuta perfetta: «Lo scriva che sono puntate nuove perché non si distinguono una dall’altra: quelle in onda da oggi non sono repliche». Oppure: «Questa è la decima edizione. Ma a me sembra la centesima». Il successo lo spiegava così: «È una sit-com un po’ particolare: sono piccole commedie in cui le persone si riconoscono. Il segreto sta nell’esasperare certe situazioni. Credo che piaccia alle mogli e ai mariti perché in una coppia se c’è disaccordo, mancanza di identità di vedute, anche battibecchi, alla fine ci si riconcilia sempre. Probabilmente sono quelli che si separano che non ci guardano…». Di Sandra, Raimondo parlava con il suo cinismo, ironico e tenero: sua moglie la fa ridere? «Ma va, infatti esco di casa spesso…». Oppure: «Sandra dice che sono pigro. Dice che, quand’ero giovane, sui set del film potevo darmi da fare, per fare nuove conquiste. Ma che ero troppo indolente. E io glielo lascio credere…». E ancora: «Se mi guardo indietro non ho pentimenti. Dovessi ricominciare, farei esattamente tutto quello che ho fatto. Tutto. Mi risposerei anche. Con un’altra, naturalmente».
L’invito ai telespettatori: votate Silvio
Raimondo lavora in coppia ma anche da solo: su Canale 5 presenta i quiz Zig zag (1983-1986) e Il gioco dei 9 (1988-1990), mentre su Italia 1, lui appassionato di calcio, conosce una seconda popolarità con Pressing , la domenica sportiva di Italia 1 che conduce tra il 1991 e il 1999, scelto per la sua capacità – lui così ironico e signore – di sdrammatizzare gli inutili drammi che si fanno intorno al calcio. Al suo fianco ebbe anche Antonella Elia: «Non capisce nulla di calcio, farà delle domande a sproposito. È perfetta. Mi avevano raccontato che aveva avuto una discussione con Alberto Bevilacqua al Maurizio Costanzo Show. Così, quando è venuta a Milano per gli spot, la prima cosa che le ho detto è che c’era come ospite fisso Bevilacqua… Voleva ripartire subito». A Pressing commette l’unico scivolone (alla Gronchi) della sua strepitosa carriera, quando invita i telespettatori a votare per il suo datore di lavoro, era il 1994, l’anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi.
La conduzione di Sanremo
Nel 1998 viene chiamato a condurre Sanremo. I ricordi del Festival erano ancora una volta colpi da maestro: «Quando è tramontata l’ipotesi Fazio mi hanno chiesto di condurre il Festival. E mi sono visto su tutti i giornali. Mia cugina aveva la tv accesa, ma senza l’audio. Ha visto la mia foto grande e ha pensato: “Ecco, è morto”». Finito tutto, spente le luci, chiuso il sipario, a distanza di anni raccontava: « Sanremo? Ne ho vista bene solo un’edizione, quella che ho presentato…». Nel 2008 con Crociera Vianello , Raimondo (con Sandra), uno di famiglia per chi guarda la tv, diede l’addio alle scene. Rimpianti diceva di non averne avuti, solo un dispiacere: «Vivendo a lungo vedi andar via tanti amici. Però non mi chieda se preferirei il contrario…».
6 maggio 2022 (modifica il 6 maggio 2022 | 00:34)
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, 2022-05-05 22:36:00, Dal padre ammiraglio all’addio in crociera: 100 anni fa nasceva l’attore-conduttore. Quando disse: «Vivendo a lungo, vedi andar via tanti amici… Però non mi chieda se preferirei il contrario», Renato Franco