C’ un mondo intero dietro a questa paroletta di tre sillabe che ci accompagna da quando abbiamo cominciato a scrivere i nostri pensieri. Perch il refuso senz’altro un errore ma accidenti a lui quanta fantasia riuscito a scatenare e quanti dubbi sulle motivazioni dell’incidente e perfino sul fatto che si trattasse proprio di un incidente e non di un errore voluto per stravolgere il significato della parola e della frase.
L’origine latina. Tutti i dizionari sono d’accordo: refuso viene dal latino refusus, participio passato di refundĕre riversare. Indica, e anche su questo non ci sono dubbi, un errore di stampa. In particolare evidenzia uno o pi caratteri fuori posto nella composizione tipografica. E gi qui necessario un piccolo salto nel passato per ricordarci che l’invenzione della moderna stampa, intorno alla met del 1400 (in Europa perch in Asia erano pi avanti), avvenne grazie all’intuizione di un apprendista orafo che si occupava del conio delle monete. Fu Johannes Gutenberg a immaginare che si potevano coniare piccoli caratteri, uno per ogni lettera o numero o segno di interpunzione, e metterli uno a fianco all’altro a formare parole e frasi, fin modo da poter stampare quelle pagine che una volta rilegate daranno vita ai primi libri stampati.
Un lavoro certosino. Potete immaginare che la stampa di questi testi, la Bibbia stato il primo in Europa, presupponeva un paziente e lungo lavoro di precisione. Per raccogliere tutti i caratteri necessari, per comporli a formare le pagine e successivamente per stamparle. Capite quindi che un singolo carattere mancante oppure messo nel posto sbagliato all’interno della parola o ancora del tutto diverso da quello necessario, fossero errori comprensibili, che si cercava di evitare in tutti i modi salvo scoprire che i refusi erano inevitabili.
I primi a nascere con i tipografi. Esiste una preziosa e insostituibile categoria che nata insieme alla stampa, proprio in contemporanea con i tipografi: sono i correttori di bozze. Secondo l’ Enciclopedia Britannica gi in un contratto del 1499 l’autore del testo veniva considerato responsabile della correzione delle bozze, cio del primo foglio impresso con i caratteri proprio per poterne verificare gli errori. E da allora gli autori sono sempre stati chiamati a rileggere i loro testi. Ma una attivit, come vedremo, per la quale – salvo i casi di fruttuosa ossessivit – sono i meno adatti. Per questo nata una preziosa e rara specializzazione di lettori professionisti, capaci di scovare i refusi pi nascosti.
Sono dei maledetti imbroglioni. Chiedo scusa per il tono non proprio elegante, ma i refusi sono proprio cos, infidi e difficilissimi da trovare. Pi l’errore evidente nella sostanza, pi sar difficile coglierlo scorrendo le parole nella lettura. E la colpa solo nostra, il nostro cervello che non vede il refuso. Semplicemente perch noi non leggiamo solo quello che scritto, facciamo molto di pi: la nostra mente vede quello che si aspetta e se in un discorso sulla capitale d’Italia, trova scritto Romo in molti casi legger comunque Roma, correggendo automaticamente l’errore e impedendoci di notarlo.
Una folla illustre. Di refusi piena la letteratura. Qualche anno fa il prezioso blog della casa editrice Sur, ospit un godibilissimo articolo di Cristian Vsquez, originariamente uscito su Letras Libres e tradotto da Isabella Greco, che cominciava cos: L’ultimo capitolo del libro Ser Escritor, del 1997, nel quale Abelardo Castillo rivolge la sua esperienza e i suoi consigli agli apprendisti del campo, contiene quasi cinquanta massime, definite dall’autore – forse per modestia o forse solo per un gioco di parole – Minime. Una suggerisce: Non preoccuparti troppo per gli errori di stampa. Nell’Ulisse di Joyce ce ne sono circa trecento e i professori continuano a trovarvi significati nascosti.
Gli esempi di Robero Bolao. Nello stesso articolo viene citata una delle scene finali di 2666, il monumentale romanzo di Roberto Bolao, dove un gruppo di personaggi legati al mondo editoriale parla di lapsus calami (in latino, errore di penna) menzionandone circa una ventina, come ad esempio: Il cadavere aspettava, silenzioso, l’autopsia (tratto dal romanzo Il favorito della sorte, di Octave Feuillet), Comincio a vederci male, disse la povera cieca (Batrix, di Honor de Balzac), Dopo avergli tagliato la testa, lo seppellirono vivo (La morte di Mongomer, di Henri Zvedan) o Aveva le mani fredde come quelle di un serpente (di Ponson du Terrail).
Lo spirito di Marshall McLuhan. Uno dei pi importanti studiosi dei meccanismi della comunicazione, il sociologo canadese Marshall Mcluhan pubblic nel 1967 la sua opera pi nota, The Medium Is The Message Il medium il messaggio. Secondo quanto riporta il sito della Fondazione McLuhan, un refuso maligno fece s che venne stampato col titolo Il medium il massaggio. Lascialo, grandioso e mira al target! replic il sociologo a chi gli faceva notare, costernato, l’errore.
Insomma, un diavolo. Come facciamo a stupirci che i nostri antenati abbiano accostato gli errori degli amanuensi prima e dei tipografi dopo, all’opera di un demone: la casa editrice Graphe.it nel 2018 ha pubblicato la sua storia, scritta da Julio Ignazio Gonzalez Montanes nel libro Titivillus, il demone dei refusi. Il suo nome compare sul finire del secolo XII e di leggenda in leggenda qualcuno lo considera il demone patrono degli scribi e degli stampatori. Di sicuro Titivillus mostre editoria e il nome di un marchio editoriale di San Miniato (Pisa) diretto da Enrico Falaschi specializzato nelle discipline dello spettacolo.
I nostri giganti. Un particolare refuso ha appassionato Giorgio Manganelli la sua colta rilettura del capolavoro di Collodi, Pinocchio: un libro parallelo. All’inizio del sesto capitolo del suo libro, Manganelli si occupa di una frase che si trova all’inizio del sesto capitolo di Pinocchio: Era per l’appunto una nottataccia d’ inverno, che in un’altra edizione compare come una nottataccia d’ inferno. Il problema che la frase significativa con tutte e due le parole. Non resta che affidarsi alle considerazioni di Manganelli: Non v’ dubbio che l’uso di un refuso come indizio interpretativo sia, dal punto di vista della corretta filologia, assolutamente mostruoso, ma, nuovamente, che mai un libro, un testo, un autore?. Spiegando: Direi che le parole hanno tutti i sensi meno quell’unico che eventualmente qualcuno abbia cercato di mettervi.
Dopo tutto. Dopo i demoni degli amanuensi e i caratteri ballerini dei tipografi, dopo l’infaticabile e mai abbastanza apprezzato lavoro dei correttori, arrivata l’era degli algoritmi, della presunta correttezza automatica che spessissimo non corretta per niente. Che affligge qualunque messaggio tentiamo di mandare dai nostri sofisticati telefoni, si intrufola nei testi che cerchiamo di scrivere su computer sempre pi complessi senza aiutarci mai a correggere il senso di quello che scriviamo. Perch il vero demone la velocit, l’impossibilit di fermarsi a riflettere sulla parola scritta, perch non conveniente spendere il tempo per controllare, rivedere le parole, soffermarsi sui pensieri e magari verificare anche la forma. Perch il tempo denaro e noi siamo diventati poverissimi.
1 novembre 2023 (modifica il 1 novembre 2023 | 10:16)
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