I docenti neo-immessi in ruolo quest’anno si vedranno applicare la nuova normativa sulla ricostruzione di carriera, contenuta nel decreto “salva infrazioni”.
Tale innovazione è stata annunciata come una vittoria da parte di alcuni sindacati, Anief in testa.
In realtà, come si vedrà, tali toni trionfalistici andrebbero profondamente rivisti e ridimensionati.
La normativa precedente
Com’è noto, secondo l’art. 485 del Testo Unico della Scuola, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente.
Tale norma va poi coordinata con la legge 124/1999, che prevede che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni.
La nuova formulazione della norma
Secondo la nuova formulazione, “al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, immesso in ruolo a far data dall’anno scolastico 2023/2024 e confermato in ruolo, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero”.
Ad una lettura superficiale della norma, sembrerebbe che la nuova normativa sia più favorevole, ma in realtà le cose non stanno così.
Il servizio fino al 30 giugno o di almeno 180 giorni non è più equiparato al servizio annuale
La contemporanea disapplicazione della disposizione contenuta nella legge n. 124/1999 (art. 11, comma 14), comporta però che verranno conteggiati solo i giorni di servizio effettivamente resi, quindi non verranno più conteggiati come annuali non solo i servizi di almeno 180 giorni, ma neppure quelli con contratto fino al 30 giugno.
Facciamo degli esempi
Docente con 6 anni di servizio con contratti dal 1° settembre al 30 giugno.
Con la precedente normativa, si sarebbe visto riconoscere per intero i primi quattro anni, mentre per i successivi due anni (pari a 24 mesi) sarebbe stato penalizzato di un terzo (8 mesi).
Risultato: 4 anni + 16 mesi = 5 e 4 mesi.
Nuova disciplina:
Si valuta solo il servizio effettivo.
6 anni con servizio di 10 mesi= 60 mesi = 5 anni (piuttosto che 5 anni e 4 mesi).
- 4 MESI
Ancora più penalizzato sarà il docente il cui contratto non sia iniziato dal 1° settembre (come spesso accade) o addirittura il docente con 180 giorni di servizio.
Docente con 6 anni di servizio di 180 giorni.
Si valuta solo il servizio effettivo.
In questo caso, anche a voler considerare i 180 giorni come 6 mesi, il docente avrà prestato servizio per 6 mesi all’anno, dunque in sede di ricostruzione – a fronte di 6 anni di servizio- se ne vedrà riconoscere appena 3, quando con la precedente disciplina gli avrebbero riconosciuto 5 anni e 4 mesi.
- 2 ANNI E 4 MESI
Chi potrebbe beneficiare della nuova normativa?
Potrebbero anche esserci dei casi in cui un docente potrebbe avere dei vantaggi.
Es. docente con 6 anni di servizio con tutti i contratti fino al 31 agosto.
In questo caso, il docente si vedrebbe riconoscere 6 anni di servizio, piuttosto che 5 anni e 4 mesi
+ 8 MESI
Com’è noto però a tutti i precari (e a coloro che lo sono stati), l’esempio riportato si riferisce ad un caso rarissimo, essendo quanto mai improbabile che un docente abbia tutti i servizi con contratto fino al 31 agosto, vista la prassi degli Uffici Scolastici di costituire quasi tutte le cattedre in organico di fatto (con scadenza dunque al 30 giugno), pur trattandosi di posti privi di titolare.
Chi ci guadagna dunque con la nuova normativa?
A conti fatti, chi ottiene un evidente beneficio dalla nuova normativa è il Ministero, che – potendo riconoscere un servizio inferiore rispetto a quello che avrebbe riconosciuto con la precedente disciplina – potrà risparmiare centinaia di migliaia di euro alle spalle del personale scolastico. I precari ringraziano.
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