Rientro dei capitali, l’idea del nuovo condono: cos’è la «voluntary disclosure»

la pace fiscale

di Andrea Ducci e Federico Fubini17 nov 2022

Maurizio Leo, Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti (Lapresse)

Al centro del puzzle della Legge di bilancio manca ancora il numero che dovrebbe sostenere tutti gli altri: quanto gettito produrranno nel 2023 i condoni fiscali previsti, in modo da coprire almeno per un anno parte delle spese in più e delle entrate in meno. Se l’obiettivo di disavanzo al 4,5% del prodotto lordo sarà mantenuto dipende dal quel dato, oltre che da eventuali nuovi sussidi al consumo di energia da marzo in poi.
Quel numero non filtra e molti degli addetti ai lavori affermano di non conoscerlo. Potrebbero essere sinceri: niente è difficile da stimare come l’adesione a condoni e sanatorie. Forse anche per non lasciare niente di intentato nel raccogliere gettito senza aumentare le tasse – secondo persone coinvolte – il governo lavora dunque a una misura in più nella vasta famiglia dei perdoni fiscali. Neanche questa è nuova: una «voluntary disclosure», ossia l’opportunità di regolarizzare patrimoni all’estero mai dichiarati.

Cos’è la «voluntary disclosure» e come funziona

Si lavora a un modello simile a quello della legge 186 del 2014 del governo di Matteo Renzi. Chi dichiara fondi all’estero sarebbe al riparo da contestazioni penali o multe, ma dovrebbe versare tutte le somme dovute al fisco almeno negli ultimi cinque anni. In quel caso si trattò in gran parte di redditi da capitali di patrimoni tenuti all’estero a volte da decenni: viste le aliquote, somme limitate. Ora però una «voluntary disclosure» senza sconto sulle imposte riguarderebbe probabilmente soprattutto capitali accumulati all’estero in nero negli ultimi anni grazie a sotto-fatturazioni dell’export o peggio. Andrebbero giustificati e su di essi andrebbero pagate imposte sui redditi delle persone fisiche, delle imprese e l’Iva: a volte quasi il 70% delle somme occultate, al punto che alla fine l’adesione all’offerta sarebbe limitata. Difficile dunque scartare l’ipotesi che il parlamento allarghi ancora le maglie durante l’esame della Legge di bilancio, offrendo sconti fiscali a chi ha nascosto fondi neri negli ultimi anni.

Cartelle esattoriali, l’idea del condono

Di certo il piatto forte delle nuove entrate sul 2023 sono gli interventi che Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, sta studiando con la Ragioneria Generale dello Stato. L’esecutivo punta alla cancellazione delle cartelle esattoriali: l’intento è azzerare quelle fino al 2015 con importo sotto i mille euro. Per le cartelle comprese tra mille e tremila euro c’è l’ipotesi di pagare ai contribuenti solo la metà di quanto dovuto in origine, con interessi al 5%. I tecnici della Ragioneria stanno studiando l’opzione.
Su indicazione di Leo si valuta anche una misura che consenta ai contribuenti di sanare la propria posizione con un piano rateale e senza sanzioni, se negli ultimi tre anni hanno presentato la dichiarazione dei redditi ma non hanno versato il dovuto.

Flat tax «incrementale», che fine farà?

Al momento sembra invece difficile introdurre la cosiddetta la «flat tax incrementale» sui redditi in più dei lavoratori dipendenti. Allo studio c’è la possibilità di ridurre le aliquote sui premi di produttività dei dipendenti, in particolare eliminando la progressività sui premi oltre tremila euro e di tassarli al 15%. Leo poi vorrebbe portare da quattro a tre aliquote (23%, 33% e 43%) il sistema Irpef. Ma questa è politica economica, per il futuro. Questa Legge di bilancio, nata nella fretta, si occupa quasi solo di rastrellare e spendere fondi con un respiro di pochi mesi.

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, 2022-11-17 07:34:00, Governo al lavoro su una «voluntary disclosure». Cartelle, verso la «pace fiscale». In bilico la «flat tax incrementale» sui redditi in più dei lavoratori dipendenti, Andrea Ducci e Federico Fubini

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