La riforma degli istituti tecnici e professionali è al centro dei pensieri del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giusppe Valditara, che non aspetta altro che l’approvazione parlamentare nelle prossime settimane. Tuttavia, non tutti sembrano condividere l’entusiasmo del Ministro. Come ad esempio la Flc Cgil.
A rafforzare l’idea in Valditara è il nuovo rapporto OCSE-PISA, che mette in evidenza proprio l’esigenza di investire proprio su questo settore: “I dati dell’indagine internazionale OCSE PISA confermano la necessità della riforma dell’istruzione tecnico-professionale che ha tra gli obiettivi il rafforzamento delle competenze degli studenti nelle discipline di base”.
“Il ddl – ha detto Valditara pochi giorni fa – ha la procedura d’urgenza. Entro Natale potrebbe essere già approvato al Senato. È una riforma che offre straordinarie opportunità ai nostri giovani, consentendo molte più possibilità di lavoro, e con tempi di ingresso più rapidi. Serve a qualificarli in coerenza con le necessità del mondo imprenditoriale. E ciò significa anche far crescere la competitività delle imprese”. L’obiettivo è offrire maggiori opportunità lavorative ai giovani, allineandoli alle esigenze del mondo imprenditoriale.
A non essere convinto del piano di Valditara, è il sindacato Flc Cgil, che boccia l’impianto prima nelle intenzioni che nella realizzazione.
Nel corso dell’audizione presso la Commissione Istruzione del Senato, il sindacato ha espresso il proprio punto di vista:
“I tratti negativi del disegno di legge emergono con tutta evidenza e ci fanno dire che da essa non può che conseguire un generale impoverimento dell’impianto culturale del sistema di istruzione oltre che una sovrapposizione di percorsi già in essere con durate e curricoli diversi”, hanno detto il segretario confederale della CGIL Christian Ferrari e la segretaria generale della FLC CGIL, Gianna Fracassi.
“Il percorso di studi – proseguono – viene ridotto di un anno con la pretesa di voler assicurare più formazione con minor tempo scuola; agli alunni verrebbe proposto un accesso al lavoro già al biennio del secondo ciclo di istruzione, in piena età dell’obbligo, attraverso l’incremento di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) o di attività in apprendistato; si equipara il non equiparabile laddove vengono messi sullo stesso piano la formazione professionale regionale, il percorso quadriennale, quello quinquennale ai fini dell’accesso agli ITS”.
“La scuola viene avviata verso una condizione ancillare nei confronti delle aziende – aggiungono Ferrari e Fracassi – sia perché le aziende forniranno una quota di docenti con contratto d’opera con ricadute sulla qualità della didattica e della professionalità, sia perché esse coprogetteranno l’offerta formativa e didattica in spregio alle norme vigenti sull’autonomia scolastica e sugli organi collegiali”.
Nello specifico, per il sindacato “la sperimentazione che viene proposta ai fini della riforma batte inoltre strade già rivelatesi fallimentari: l’ultima in ordine di tempo prevista dal DM 344/21 sta ricevendo una dura replica della realtà dal momento che, dai dati forniti dallo stesso Ministero, risulta che solo 243 scuole sulle 1000 potenziali hanno chiesto di sperimentare il modello del ‘diploma in 4 anni’ e che le 192 sperimentazioni sono passate a 175 classi già dall’anno scolastico successivo. E si vuole, peraltro, iniziare la sperimentazione dall’anno scolastico 2024-2025 quando le iscrizioni scadono il 31 gennaio 2024: si pretendono dunque dalle famiglie e dagli alunni iscrizioni al buio e con scuole all’oscuro di tutto”, sottolineano i due dirigenti sindacali.
Per Ferrari e Fracassi: “La scuola non appartiene al Governo pro tempore, ma è patrimonio di tutto il Paese. Per questo crediamo che ci siano ancora i tempi per cercare una più ampia condivisione con il mondo della scuola su questo disegno di legge rinviando la sua attuazione e ritirandolo”.
“Occorre infatti un profondo ripensamento soprattutto sugli aspetti didattici e culturali che sono alla base della tenuta della nostra scuola e del nostro Paese, all’insegna della libertà di insegnamento, della collegialità, della condivisione delle scelte e della trasparenza”, concludono.
L’iter parlamentare: verso l’approvazione entro il 2023
Il Governo italiano mira all’approvazione definitiva della riforma entro dicembre, prevedendo l’attuazione delle nuove disposizioni dal prossimo anno scolastico.
Una volta ratificata, la norma comporterà l’emissione di un decreto applicativo da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
La riforma prevede una significativa riduzione del percorso di istruzione superiore, passando da 5 a 4 anni, seguiti da due anni di specializzazione presso gli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Questa modifica mira a intensificare la preparazione pratica degli studenti.
Si annuncia un’ampia revisione dei piani di studio e dei quadri orari, con l’intento di creare un ponte più solido tra formazione e mondo del lavoro. Ciò si traduce in una maggiore flessibilità dei programmi e una correlazione più stretta con le realtà produttive locali.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha sottolineato l’importanza di rafforzare le competenze di base in italiano, matematica e inglese, senza trascurare l’enfasi sulle materie tecniche e laboratoriali. Si evidenzia l’introduzione del “campus”, una comunità educativa multifunzionale.
La proposta di riforma contempla la collaborazione con docenti esterni, esperti del settore industriale, per rafforzare le competenze tecniche degli studenti. Gli studenti dei percorsi quadriennali avranno accesso ai programmi ITS Academy, partecipando attivamente nei percorsi formativi e nell’esame di Stato.
Un aspetto rilevante della riforma è la promozione di accordi di partenariato per potenziare l’alternanza scuola-lavoro, valorizzando le opere create dagli studenti. Questo rafforzerà il legame tra formazione e mondo del lavoro, fornendo agli studenti esperienze concrete.
Infine, si prevede l’adesione dei sistemi di formazione regionale alla sperimentazione, validata dall’Invalsi, per garantire una formazione di livello equiparabile a quella statale.
TESTO DDL
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