Riforma (mancata) della carriera degli insegnanti: come volevasi dimostrare…

“Ma nessuno si è chiesto che senza ‘l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnanti’, preciso impegno assunto con il PNRR, al momento disatteso, l’Europa potrebbe bloccare tutto?”. Tuttoscuola poneva la domanda il 23 maggio scorso, subito dopo il convegno sul tema promosso dalla nostra testata a Didacta, quando stava per iniziare in Parlamento il dibattito per la conversione in legge del DL 36 presentato dal Governo Draghi. A quanto pare eravamo stati facili (sia pure unici) profeti.

Ieri il Governo ha frettolosamente inserito un articolo in materia di istruzione in coda al DL Aiuti bis, tra misure urgenti in materia di energia, di emergenza idrica e bonus vari, correggendo una riforma varata per legge solo un mese fa. Cosa potrebbe aver spinto il Governo a cambiare idea dopo poche settimane? Difficile pensare che non sia stato un aut aut posto da Bruxelles, che rappresenta anche un avvertimento molto chiaro sulla fermezza con la quale la Commissione europea vigilerà sul rispetto degli impegni presi con il PNRR.

Sin dal 9 maggio avevamo posto la questione: “Tra i traguardi del PNRR in scadenza il 30 giugno 2022 è prevista l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnantiInfatti, la ‘Riforma 2.2’ prevede: ‘La riforma mira a costruire un sistema di formazione di qualità per il personale della scuola in linea con un continuo sviluppo professionale e di carriera’.

Di questa riforma, tuttavia, nel Decreto-legge 36 del 30 aprile scorso non c’è alcuna traccia. Si parla di incentivi una tantum per la formazione, di valorizzazione della permanenza in sede per favorire la continuità didattica, ma per la carriera degli insegnanti c’è un silenzio assoluto”.

Lo scrivevamo il 9 maggio scorso.

Lo ricordavamo il 16 maggio: “il decreto elude (…) la lettera del PNRR (che parla espressamente di carriera degli insegnanti).

A rischio di risultare ripetitivi, il 30 maggio insistevamo: “C’è il fondato timore che si perda un’occasione storica. L’Europa che aveva valutato l’impianto del PNRR italiano, che comprendeva esplicitamente ‘l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnanti’, rimarrà in silenzio davanti al venir meno di questo impegno?”

Il 27 giugno scorso, dopo l’approvazione definitiva della legge 79/2022, dovevamo prendere atto della scelta: “Un impegno, quello preso dall’Italia di fronte alla Commissione e ai partner europei per l’attuazione del PNRR, che è stato sostanzialmente disatteso”.

E poi la valutazione finale: “I pochi grand commis e superconsulenti ‘padri’ del testo che diventerà presto legge si sono in questo modo assunti una grossa responsabilità. In primo luogo perché la Commissione europea, se volesse essere attenta, potrebbe notare che di vera carriera non si vede traccia, in quanto non ci sono differenziazioni di ruoli, profili, incarichi aggiuntivi. E poi perché il sistema scolastico ha un grande bisogno di ritrovare motivazione”.

Appelli rimasti inascoltati. Ora il provvedimento d’urgenza nel DL Aiuti bis, con il quale si cerca di porre rimedio, confermando – a questo punto inevitabilmente – il discutibile impianto della formazione incentivata e inserendo, con i primi effetti tra dieci anni e per una percentuale minima di insegnanti, aumenti di stipendio (non differenziazioni di carriera, non professionalità intermedie) permanenti.

Una discussione più approfondita nell’arco dei due mesi disponibili avrebbe consentito, se ci fosse stata la volontà (e la visione, lasciateci dire), di partorire una riforma migliore su una questione strategica come lo sviluppo e la valorizzazione professionale degli insegnanti, una professione sempre meno in grado di attrarre le risorse più competenti e motivate. Peccato

Per approfondimenti:

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

, , Pubblicato da Orazio Niceforo
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