Riforma pensioni, i timori di Giorgetti  Primo test in Ue su sostegni e una tantum Come sarà Quota 4»: calcoli e simulazioni

Retroscena

di Federico Fubini08 nov 2022

Da sinistra, Pascal Donohoe, Giancarlo Giorgetti e Paolo Gentiloni

Nella psicologia volubile dei partecipanti ai mercati finanziari, un punto inizia a condensarsi riguardo all’Italia: Giorgia Meloni non è Liz Truss. La premier italiana non è una replica dell’ex collega di Londra, che esordì in settembre con una manovra di bilancio così fortemente in deficit e subito valutata così inutile per la crescita da costringerla alle dimissioni nel pieno di una rivolta dei mercati. Per Meloni non sta andando così, non per il momento. Dopo aver ripetuto alla noia che non si fanno scostamenti di bilancio («se non quando necessario»), la premier ha esordito con uno scostamento di bilancio al quale i mercati hanno risposto con uno sbadiglio.

Il governo alla ricerca di qualche miliardo

L’obiettivo di deficit del governo di Mario Draghi era al 3,9% del prodotto interno lordo (Pil) nel 2023 e del 3,3% l’anno dopo, ma Meloni ha alzato entrambe le asticelle: al 4,5% l’anno prossimo e al 3,7% nel 2024, quando probabilmente torneranno attive — benché rinnovate — le regole di bilancio europee. Per la verità, a causa del carattere irripetibile delle entrate che arriveranno dai vari condoni in cottura, per far scendere il deficit al 3,7% nel 2024 servirà un nuovo aggiustamento. Questo mese il governo dovrà annunciare misure per reperire qualche miliardo nella legge di bilancio dell’anno prossimo. Non molti (forse quattro), comunque provenienti da tagli o prelievi.

Fiducia intatta di mercati e Bruxelles

Ma adesso la sostanza è che la fiducia dei mercati e di Bruxelles — o almeno la pazienza — restano intatte. La lieve revisione della traiettoria dei conti non sta spaventando nessuno. Siamo lontani dal 2018 quando, sotto il governo gialloverde, una differenza da 0,4% del Pil aveva effetti sismici. In questi giorni, all’annuncio dello scostamento, lo spread fra titoli italiani e tedeschi a dieci anni quasi non si è mosso e resta molto sotto ai livelli visti all’indomani delle elezioni. La Commissione Ue non dovrebbe sollevare un caso sull’obiettivo in sé, quel deficit al 4,5% con un lieve calo del debito previsto. Neanche se esso rinvia di un anno la riduzione al 3% e rende dunque probabile nel 2024 una procedura per deficit eccessivo a Bruxelles sull’Italia e su un certo numero di Paesi con saldi ancora più in rosso (fra essi Francia, Belgio, Slovenia e Slovacchia).

Le preoccupazioni di Giorgetti

Ma la calma dei mercati e della Commissione Ue non comportano che le preoccupazioni siano assenti. Al contrario, esse restano in primo luogo in Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia sa bene che nel documento di finanza appena aggiornato dal governo la spesa per le pensioni a leggi invariate (cioè, nell’ipotesi di un ritorno della stringente riforma di Elsa Fornero) presenta un aumento di spesa di quasi 60 miliardi di euro al 2025, a metà di questa legislatura. Così il peso delle pensioni sale in un triennio del 19,5%, sette punti più del prodotto lordo (incluso l’effetto di inflazione). Giorgetti è dunque il primo a volere ora un intervento sulle pensioni che non abbia impatti sui costi del sistema nel medio-lungo periodo. Il ministro fra l’altro teme gli effetti di un’uscita dal lavoro di tante persone ancora in forze e con competenze difficili da sostituire, per esempio fra i medici.

Bruxelles non ama i condoni

Ci sono poi i punti di attenzione a Bruxelles e sui mercati. Nelle Commissione le misure una tantum come i condoni per coprire tagli di tasse permanenti — le due flat tax in cantiere — non sono mai piaciuti, né piacciono ora. Nuova è invece l’attenzione percepibile nelle parole di ieri del commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, sul carattere «sostenibile» e «rivolto ai vulnerabili» delle misure contro il caro energia. Non convincono i sussidi rivolti a tutti — sulla benzina anche ai più benestanti — e che coprono tutto il consumo e dunque incentivandolo, come quelli oggi in vigore in Italia che il governo sembra voler prorogare. Anche perché un deficit al 4,5% finanzia gli aiuti solo fino a fine inverno. È già visibile come l’emergenza energia, se si protrae, possa portare a ulteriori scostamenti di bilancio già dalla primavera. Qui si innestano le domande diffuse sui mercati. Nel 2023 l’Italia dovrà collocare nuove emissioni di titoli di Stato per poco più di 90 miliardi. Dopo il 2020 è il secondo livello più alto da quando c’è l’euro, ma nettamente il più alto senza quasi nuovi acquisti da parte della Banca centrale europea. Per trovare investitori nel suo debito nel 2023 l’Italia deve dunque avere (e comunicare) una vera strategia di crescita, che non può certo essere quella dei condoni, dei vincoli laschi sul contante o delle flat tax. Fra Meloni, Giorgetti e i loro interlocutori di Bruxelles, sarà il tema più discusso.

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, 2022-11-08 10:20:00, Bruxelles non contesta l’annunciato deficit al 4,5% deciso dal governo Meloni, ma chiede strategie vere per la crescita, Federico Fubini

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