Un’innovativa collaborazione tra l’Irccs Eugenio Medea (Lecco), l’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma e l’Università degli Studi di Bergamo mira a rivoluzionare il trattamento della dislessia evolutiva.
Questo disturbo neurologico, che colpisce circa il 7% dei bambini in età scolare, è ora al centro di un entusiasmante progetto di ricerca.
Il progetto punta a capire le cause genetiche e ambientali della dislessia evolutiva, allo scopo di sviluppare strategie preventive e diagnostiche. Ma la vera novità è l’uso dei videogiochi d’azione come terapia avanzata, che potrebbe migliorare notevolmente le prospettive future dei bambini affetti da dislessia.
La ricerca si basa sull’ipotesi che i videogiochi d’azione possano ‘allenare’ l’orientamento spazio-temporale dell’attenzione nei bambini, una funzione cruciale nel riconoscimento e nella conversione tra grafema e fonema. In particolare, viene analizzato il ruolo del gene Dcdc2, noto per regolare l’attività dei neuroni coinvolti in queste funzioni.
Studi precedenti hanno dimostrato che i videogiochi d’azione possono effettivamente migliorare le capacità di lettura. Questi giochi coinvolgenti offrono un metodo di trattamento più avvincente per i bambini, combinando terapia e divertimento in un unico strumento. L’obiettivo della prima fase del progetto è quindi valutare l’efficacia di tale stimolazione ambientale, in relazione al background genetico dei bambini.
La seconda parte del progetto, guidata dalla neuroscienziata Lucy Babicola della Fondazione Santa Lucia Irccs, mira a esaminare i meccanismi neurobiologici alla base della dislessia. In particolare, si studia come le specifiche mutazioni genetiche possano influenzare la vulnerabilità al disturbo, esaminando l’effetto dell’alterazione del gene Dcdc2 sul sistema nervoso.
Comprendere questa relazione tra ambiente e genetica potrebbe portare a nuovi marcatori biologici utili per la diagnosi e il trattamento della dislessia evolutiva. Questa ricerca rivoluzionaria potrebbe non solo migliorare il futuro di numerosi bambini con dislessia, ma anche gettare nuova luce sulla nostra comprensione generale dei disturbi del neurosviluppo.
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