di Walter Veltroni
Il ricordo di Alfiero Caposciutti, ex centravanti della Samb oggi ottantenne, che il 14 febbraio del 1965 ebbe lo scontro con il portiere dell’Ascoli, prima vittima su un campo di calcio
Ho sentito un agghiacciante scricchiolio d’ossa. Strulli ha fatto un movimento, sull’erba, poi non si pi mosso, aveva gli occhi sbarrati, era in coma. I giocatori sono rimasti calmi, il pubblico in silenzio: il fallo era parso a tutti chiaramente involontario. Uno solo gridava sul campo, Caposciutti. Era rotolato a terra, si era subito alzato gridando: “Arbitro, l’ho colpito, l’ho colpito io” ed appariva in preda a una grave crisi nervosa . Cos l’arbitro di quella sfortunata partita, Paolo Pfiffner, descrisse l’incidente che per la prima volta, nel calcio moderno, cost la vita a un giocatore italiano.
Eccolo, Alfiero Caposciutti, oggi pi che ottantenne. La sua storia, la sua vita, si intreccia con quella di Roberto Strulli, portiere dell’Ascoli, caduto sul prato dello stadio Ballarin di San Benedetto del Tronto, impianto che nel 1981 prese fuoco durante un incontro, provocando la morte di due ragazze. La storia delle morti sui campi italiani prosegue, nel 1977, con Renato Curi, stroncato da un infarto sul prato dello stadio di Perugia e, nel 2012, con Piermario Morosini caduto a Pescara. Ma della morte di Roberto Strulli, avvenuta il giorno di San Valentino del 1965, nessuno, a eccezione delle comunit locali, sembra ricordarsi. Neanche Wikipedia che elenca, dal 1889 ad oggi, tutti i caduti sui campi di calcio a causa di incidenti durante il gioco, fa menzione di quello che accadde in quella giornata piovosa a San Benedetto del Tronto, durante uno dei derby pi infuocati che il calcio italiano conosca. Mazzone, quando allenava la Roma e gli chiedevano se era in tensione per il derby della capitale rispondeva che non poteva esserlo, avendo giocato quelli tra la Sambenedettese e l’Ascoli. E anche quel giorno Mazzone era in campo.
Dice Alfiero Caposciutti, centravanti della Samb in quella maledetta partita: C’era un clima infuocato, come sempre. Il nostro derby tra i pi sentiti. Ma mentre i tifosi sono da sempre divisi dall’odio sportivo, noi giocatori condividiamo un lavoro, non solo una passione. Ricordo che quel giorno a centrocampo, prima del fischio d’inizio, parlavo con Roberto Strulli. Ci dicemmo che a fine partita saremmo scappati subito. Io dovevo tornare con mio padre in Toscana e lui doveva correre da sua moglie, che aspettava un bambino. Non c’era antagonismo tra le persone. Noi alla fine del primo tempo eravamo gi sul 2-0. Sul finire ci fu una punizione dal limite a nostro favore. Strulli par il tiro ma il pallone gli sfugg e carambol all’altezza del dischetto del rigore. Ci siamo avventati contemporaneamente su quella palla, lui per farla sua, io per segnare il terzo gol. Quando ho capito che lui stava per arrivarmi addosso ho cercato di fermarmi. Ma lui, per sfortuna, mise una mano all’esterno delle mie gambe e una all’interno. Sbatt la mascella sul mio ginocchio piegato e perse i sensi subito. Io fui scioccato, non posso dimenticarlo. All’inizio del secondo tempo l’altoparlante disse che Strulli si era rimesso e che sarebbe arrivato allo stadio a fine partita. Fu una bugia, detta per allentare la tensione ed evitare che ci fossero scontri. Quando l’arbitr decret la fine dell’incontro io rientrai negli spogliatoi e chiesi subito di Strulli. Mi dissero che non era tornato e allora andai subito all’ospedale.
Dice Paolo Beni, allora capitano della Samb: L’abbiamo portato fuori noi, appoggiato a un cartellone pubblicitario. Era senza conoscenza. Un mese prima era venuto a casa mia per vedere come avevo allestito la stanza per mio figlio, lui anche stava per diventare padre. Era un collega, un bravo ragazzo. Aveva un’altra maglia, ma ora questo non contava pi. stata una disgrazia, tutti noi siamo stati molto male.
Silvio Camaioni, giovane difensore dell’Ascoli, quel giorno era in panchina: Strulli? Un ragazzo magnifico. Era un po’ pi grande di noi ragazzi della “De Martino”, ci dava consigli, come un padre, ci faceva la morale, ci diceva quello che non dovevamo fare per non rovinarci la carriera. Di quel giorno ricordo una cosa che mi colp. Sul pullman che ci portava allo stadio, Strulli si mise all’ultima fila, in un posto in cui non aveva nessuno a fianco. Non aveva mai fatto cos. Il massaggiatore pass tra noi allo scopo di prendere gli ordini per il pranzo. Chiam pi volte Strulli che non rispondeva. Poi lo stratton. Non dormiva, pensava. Forse era gi concentrato sulla partita, ma mi apparve perso nei suoi pensieri. Lo dico senza tema di smentita. L’incidente stato fortuito, Caposciutti si fermato per evitarlo ma Roberto sbatt sul suo ginocchio che, piegato, era pi duro di un muro. Si cap subito che era successo qualcosa di grave. Io corsi a vedere e rimasi stravolto, la mandibola gli aveva sfondato il cervello. Tutti ci mettemmo a piangere, lui era immobile, con gli occhi sbarrati. Era un mio amico, mi si ferm il cuore.
Riprende Caposciutti: Quando arrivai all’ospedale sentii il medico della Samb dire di avvisare i familiari di Strulli, che non si sarebbe pi ripreso. Nella notte arriv, superando le intemperie di un viaggio difficile, un professore da Roma che disse la stessa cosa. Il mio allenatore mi impose di andare via, di tornare a casa. La mattina alle sei telefonai all’ospedale e mi dissero che Roberto era morto. Per me fu una coltellata. Non sapevo pi cosa fare, ripassavo nella mente le immagini e le sensazioni di quegli istanti, di quei maledetti istanti. Mi chiam il direttore de la Nazione , che conoscevo, e mi disse di andare a Firenze per parlare e spiegare il mio punto di vista. Quando ero l si affacci nella stanza un giornalista dicendo che avevano trovato una foto che documentava il momento dell’impatto. Mi si gel il sangue nelle vene. Io sapevo come era andata, ma se la foto avesse dato un’altra sensazione? Per fortuna quell’immagine inequivoca. Io ho le gambe vicine, non alzate, le braccia in alto, le ginocchia piegate.
Ma c’era tanta rabbia. Ai funerali di Strulli i tifosi inferociti avevano buttato a terra la corona della Sambenedettese e nei giorni successivi a dei venditori di pesce di San Benedetto era stato impedito di fare il loro lavoro. Anni dopo un giornalista mi chiese se avevo mai cercato i familiari di Strulli. Io non ci avevo pensato, inconsciamente non avevo avuto il coraggio. Decisi che sarei andato da loro. Arrivai a casa Strulli. Mi aspettavano sulla soglia la moglie e il figlio che mi abbracciarono, prima lei e poi lui. Mi dissero le parole che mi hanno tolto definitivamente un peso dal cuore, un peso enorme: “Non abbiamo mai pensato che tu fossi responsabile di quello che successo”.
Me lo ripete oggi Roberto Strulli, il figlio del portiere dell’Ascoli, che si chiama come il padre: Fu uno scontro del tutto fortuito, Caposciutti non ha responsabilit. Lo abbiamo incontrato, una bella persona. Il campo era allentato, stato un incidente di gioco, uno spaventoso incidente di gioco. Io sono nato dopo, non l’ho mai conosciuto. Ma tutti mi hanno detto che era una persona solare, aperta, allegra. Ho alcune delle sue magliette con il numero uno. Non solo quelle dell’Ascoli, anche quella della nazionale dilettanti nella quale fu convocato. Aveva ventisei anni, mi hanno detto che l’Inter lo teneva d’occhio come possibile terzo portiere, per lui sarebbe stata una grande soddisfazione. Anche io ho giocato al calcio, da stopper. Ma mia madre non che fosse entusiasta, e la capisco. Pap morto il giorno di San Valentino. Lui e mamma si erano sposati a 18 anni e lei conserva ancora una lettera che prima della partita mio padre le scrisse, visto che erano lontani, proprio per celebrare la festa degli innamorati di quel 1965. Roberto Strulli, giovane portiere di calcio morto sul lavoro, merita di non essere dimenticato.
13 febbraio 2023 (modifica il 13 febbraio 2023 | 08:40)
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