Roger & Rafa, agli eroi omerici era permesso piangere sulle cose perdute

di Edoardo Albinati

C’è un solo posto dove ho visto gli uomini camminare per mano, in Afghanistan, ma lì questa consuetudine è dovuta alla separatezza tra i mondi maschile e femminile. Sarebbe meraviglioso se invece questo scambio di intimità potesse avvenire liberamente. Che non vuol dire scoppiare in lacrime per una besciamella sbagliata in qualche contest gastronomico

Immagini come questa non andrebbero commentate per non sciuparne la purezza: eppure proverò egualmente a spiegare perché la fotografia di Roger Federer e Rafa Nadal mano nella mano, in lacrime, il giorno dell’addio del campione svizzero al tennis, mi abbia tanto colpito, e a distanza di tempo continui a commuovermi ma anche a risollevarmi come una delle poche cose belle in un tempo per quasi tutto il resto meschino. Ecco, è proprio la spontaneità di quel gesto a espellere ogni piccineria fuori dal suo raggio emotivo: non lascia spazio a chiacchiere, equivoci, risvolti maliziosi, e tanto meno alla retorica appiccicosa dei buoni sentimenti. L’amicizia, il rispetto, ma vorrei dire soprattutto l’amore scambiato tra quei due uomini non hanno proprio nulla di melenso né di affettato. Federer stava dicendo addio allo sport, i due si stavano dicendo addio come avversari sul campo (tutt’altra faccenda sarà andare a bere gin-tonic insieme o fare vacanze con le famiglie) e forse anche Nadal, che non è manco lui un ragazzino e appare sempre più sciupato, teso, scarnificato, prefigurava il suo non lontano abbandono dei campi da gioco.

« IL GESTO DI DARSI LA MANO NON LASCIA SPAZIO A CHIACCHIERE O EQUIVOCI. E TANTO MENO ALLA RETORICA APPICCICOSA DEI BUONI SENTIMENTI»

Lo ripeto: amore era quello, autentico amore, e soprattutto tenerezza, espressa non da mollaccioni del tipo di quelli che scoppiano in un pianto dirotto perché hanno sbagliato la besciamella in qualche contest gastronomico, ma da due atleti formidabili, da due combattenti con i nervi di acciaio. Persino gli eroi omerici, come ci ha ricordato Matteo Nucci, versano lacrime quando il sentimento delle cose perdute diventa irresistibile, e la legge virile che obbligherebbe a trattenerle viene finalmente violata, è giusto che venga violata perché quella passione fuori controllo fa parte del loro bagaglio umano, lo integra, lo completa, rende migliori chi la prova e non ha pudore a esprimerla. Una equivoca educazione ha costretto i maschi troppo a lungo a dominarsi, a indossare corazze immaginarie, a fingere di non avere un’intimità, per paura che venisse scambiata per effeminatezza. Ora forse si ha meno timore di mostrarsi per quello che si è realmente, cioè bisognosi, insicuri, terribilmente emotivi, non meno di quanto lo siano le donne, anzi probabilmente di più. Ben diversi dal modello di “uomo virile” che ha costruito ma al tempo stesso intossicato secoli di civiltà. Tenersi per la mano tra maschi per commozione e desiderio di conforto sarebbe stato fino a poco tempo considerato disdicevole e forse c’è ancora qualcuno che la vede così. Be’, peggio per lui.

Gli afghani e il mondo maschile separato

C’è solo un posto nel mondo dove ho visto tranquillamente camminare gli amici mano nella mano, e dove io stesso ho imparato presto a farlo, intanto chiacchierando del più e del meno, scherzando, scambiandosi confidenze: è l’Afghanistan. Lì questa usanza si deve alla separatezza del mondo maschile da quello femminile (mai tragica e crudele come adesso), per cui tutta la loro cortesia e l’amorevolezza i maschi si trovano a convogliarle su altri maschi. È la legge delle comunità basate sull’esclusione. Ora, dico, sarebbe meraviglioso che questo scambio naturale di intimità potesse invece avvenire liberamente in ogni direzione, da parte di chiunque verso chiunque, senza riguardo al sesso, e non perché il sesso non conti, dato che possono essere le differenze ad attrarre non meno che le somiglianze. Uscire, uscire una buona volta dalle gabbie comportamentali dei generi, dalla rigidità di ruoli oramai ridotti a caricature, non vuol dire affatto cedere qualcosa di sé, significa anzi ammettere e perciò annettersi territori misconosciuti della propria natura, finalmente riconoscersi per ciò che si è. Ricongiungersi con sé stessi.

Struggente desiderio di comprensione

La debolezza, la malinconia, l’abbandonarsi alla piena sentimentale, lo struggente desiderio di comprensione sono caratteristiche umane che non si lasciano strangolare dalle barriere di genere, e così anche l’esultanza, lo slancio, la forza vitale. Si è soliti dire che ti è amico chi ti soccorre nei momenti difficili: ma forse ancora più amico è chi sa condividere con te i momenti di gioia, di liberazione. Anche questa gioia incontenibile vissuta in prima persona, ora tramutata in rimpianto, ho visto nel tenersi per mano di Nadal e Federer, e nelle loro lacrime. Si dolevano per sé stessi e l’uno per l’altro. Per un momento sono apparsi del tutto dimentichi del fatto di essere figure note.

«LA DEBOLEZZA, LA MALINCONIA, L’ABBANDONARSI ALLA PIENA SONO CARATTERISTICHE UMANE CHE NON SI LASCIANO STRANGOLARE DALLE BARRIERE»

Non vi è infatti nulla di meno posato di quell’immagine, in un’epoca in cui ogni atteggiamento pubblico appare ben calcolato in vista dell’effetto che potrà suscitare, sia esso di approvazione o di scandalo. Quei due semplicemente se ne fregavano, presi da tutt’altro. Ma forse è Nadal quello che mi ha colpito e commosso di più: il lottatore, il corpo risorto, l’inesauribile cuore competitivo («youth is full of sport”») attraversato da una fitta dolorosa così intensa appunto perché vissuta per interposta persona, vale a dire, la persona del suo avversario storico, proprio colui che, in definitiva, a voler ragionare in termini puramente economici, lo aveva privato di tanti titoli…

Il tennis e i suoi rovesciamenti clamorosi

Fuori da questa riflessione corsiva ho lasciato il tennis, perché molto ne è stato scritto legittimamente da veri conoscitori, eccetto che per ricordare come questo sport sia forse l’unico in cui la sfida a due si svolga con un andamento spesso altalenante, bizzarro, romanzesco, fitto di peripezie e di colpi di scena: la partita si allunga pigramente, può conoscere tempi morti e fasi di monotonia ripetitiva (battuta, scambio, punto, asciugamani, cambi di campo, e via così) per poi irripidirsi all’improvviso, dando luogo a rovesciamenti clamorosi, specie in quei match che oscillano in equilibrio fino all’ultimo, e vengono decisi da qualche prodezza o errore che diventeranno memorabili.

«COS’E’ LA VITTORIA? AGLI AUSTRALIAN OPEN FEDERER, SENZA OMBRA DI IPOCRISIA, DISSE DI RAMMARICARSI CHE IL TENNIS FOSSE COSÌ CRUDELE DA NON PREVEDERE IL PAREGGIO»

Ebbene, è inevitabile che duelli così prolungati portino i contendenti a rispecchiarsi, a guardarsi negli occhi non più come avversari ma come simili, o meglio, avversari proprio perché simili, perché uguali, una coppia gemellare destinata a combattersi ma alla fine necessariamente a ricongiungersi. L’inimicizia è solo momentanea, apparente: cessa nel momento in cui cessa la competizione, come insegna saggiamente Marco Aurelio, è questo l’andamento naturale della vita, e i temperamenti umani opposti servono appunto a movimentarla, come già accadde, tanto per restare al tennis, tra Borg e McEnroe. Può esservi insomma vittoria, ma mai sopraffazione, anche perché la vittoria è per sua natura temporanea, non si vince una volta per tutte. E questo lo sapeva bene Roger quando agli Australian Open del 2017, senza ombra di ipocrisia, disse di rammaricarsi che il tennis fosse così crudele da non prevedere il pareggio, perché volentieri avrebbe condiviso il trofeo con l’amico Rafa, che gli stava alle spalle mogio mogio con in braccio il solito piatto che danno al secondo. Avevano battagliato per lunghi cinque set, il che invece che dividerli li univa, quando meno nell’essere esausti. La stanchezza affratella quegli uomini che la pienezza delle forze aveva messo l’uno contro l’altro.

9 ottobre 2022 (modifica il 9 ottobre 2022 | 10:55)

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, 2022-10-09 13:34:00, C’è un solo posto dove ho visto gli uomini camminare per mano, in Afghanistan, ma lì questa consuetudine è dovuta alla separatezza tra i mondi maschile e femminile. Sarebbe meraviglioso se invece questo scambio di intimità potesse avvenire liberamente. Che non vuol dire scoppiare in lacrime per una besciamella sbagliata in qualche contest gastronomico, Edoardo Albinati

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