Salvador Ramos, il bullizzato e la strage in Texas: Voleva uccidere «come i Marines»

di Guido Olimpio

La balbuzie, i tagli sulla faccia, la madre tossica. A una ragazza aveva quasi confidato i piani. Ritratto di uno sterminatore «normale», che si era più volte confidato, forse chiedendo aiuto

S alvador Ramos non era mutante, uno che devia dal sentiero normale della vita per trasformarsi in un killer. No, lo sterminatore ha mostrato comportamenti che forse rappresentavano il tentativo di indicare i demoni che lo agitavano. Scelta non rara, messaggi indiretti non sempre facili da cogliere.

Un’indagine dell’Fbi ha stabilito che avviene nel 50 per cento dei casi di sparatori di massa, con una scala di segnali: al primo posto l’instabilità mentale, poi le interazioni personali durante le quali possono tradire spinte violente, quindi il riferimento esplicito ad attacchi. Salvador ha percorso alcuni di questi gradini senza però farsi notare dalle autorità: nessun precedente serio, nessun riferimento a turbe, ha precisato il governatore Abbott. Alle spalle, comunque, un’esistenza difficile. Nato 18 anni fa in Nord Dakota, Salvador si è trasferito con la mamma a Uvalde, località ad un’ora di auto dal confine messicano e lontana dal Texas ricco. Salvador era preso in giro a scuola per le sue condizioni economiche, per il modo in cui si vestiva e soprattutto per la balbuzie. Un bullismo incessante, iniziato alle medie e proseguito con un dileggio sulle tendenze sessuali dopo che aveva postato una foto che lo ritraeva con gli occhi truccati. Un dettaglio che alcuni ritenevano fosse una provocazione.

La frattura è cresciuta con gli anni, accompagnata da gesti poco rassicuranti. Una volta si è presentato con il volto tagliuzzato, forse piccoli sfregi di autolesionismo. Lo consideravano strano, era un adolescente ai margini e aveva un profilo TikTok con la frase «i ragazzi devono essere spaventati nella vita reale». I contatti sporadici erano intervallati da lunghe ore davanti ai videogiochi. Frequenti le liti tra le pareti domestiche, la madre — sembra con guai legati agli stupefacenti — lo rimproverava perché non studiava, minacciava di cacciarlo. Scontri che avevano richiesto l’intervento della polizia, beghe che lo hanno spinto a trasferirsi dalla nonna.

La traiettoria comune ad altri assassini è proseguita anche quando ha trovato un lavoro in un fast food. Dalle 11 della mattina alle 17, tutti i giorni. Di lui non hanno un buon ricordo: indisponente, aggressivo, poco rispettoso verso le ragazze. E poi — di nuovo una costante — la passione per le armi. Una volta aveva espresso il desiderio di arruolarsi nei Marines così avrebbe potuto uccidere. Una frase emersa in altri gesti di sparatori: vogliono imparare a maneggiare fucili e pistole. È un aspetto, quello della preparazione, ormai ricorrente nel profilo degli assassini. Le bocche da fuoco sono lo strumento per eseguire la loro «vendetta», per portare avanti la «rivoluzione», come dicevano i due di Columbine o Elliot Rodger, il misogino estremista autore della strage di Santa Barbara. Chi attacca si veste da militare o in nero, indossa corpetti tattici o giubbetti anti-proiettile, l’abbigliamento adatto ad un’uscita di scena sanguinosa.

Salvador ha atteso di raggiungere la maggiore età per dotarsi del suo arsenale, composto da due fucili, caricatori lunghi e 357 proiettili. Trofei che ha esibito in contatti con donne conosciute sui social alle quali stava quasi per rivelare il suo segreto, il suo piano criminale. Invece si è richiuso nel silenzio, ha ingaggiato l’ultima disputa con la nonna per il mancato diploma e le ha sparato. Con le ultime mosse annunciate 15 minuti prima su Facebook, compreso l’assalto alla sua ex scuola. È entrato in una classe delle elementari, ha gridato ai piccoli «state per morire», li ha falciati con l’AR 15 come fece Adam Lanza a Sandy Hook. Allora si disse che forse si era accanito sugli innocenti che rappresentavano la felicità che lui non aveva avuto. Una tesi che solo l’omicida avrebbe potuto confermare. Adam si è tolto la vita, Salvador è stato ucciso da un agente. Prenderli vivi avrebbe aiutato a capire il nemico interno. Forse.

25 maggio 2022 (modifica il 25 maggio 2022 | 22:24)

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, 2022-05-25 22:36:00, La balbuzie, i tagli sulla faccia, la madre tossica. A una ragazza aveva quasi confidato i piani. Ritratto di uno sterminatore «normale», che si era più volte confidato, forse chiedendo aiuto, Guido Olimpio

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