Sara, ragazza «esca» per gli agguati alla gang rivale: «La galera? Vediamo com’è»

di Andrea Galli

La rivalità fra i trapper Simba La Rue e Baby Touché: Sara Ben Salha portava auricolari nascosti per trasmettere in tempo reale le conversazioni. Iscritta a Giurisprudenza, ha confidato alla marescialla Moschetti i problemi in famiglia

Vent’anni compiuti a giugno. Studi liceali e da settembre l’iscrizione a Giurisprudenza, zero esami dati ma un’aspirazione: «Vorrei diventare magistrato». Tra i tanti, un tatuaggio sotto l’ombelico, suo grande vanto: scritta «Bijoux». Appartamento senza porte alle camere in una vecchia corte del Lecchese, un fratello maggiore che sgobba, impiegato in un’agenzia immobiliare, la mamma operaia, italiana, che fa altrettanto, il papà, nordafricano, pregiudicato, perditempo, ludopatico. Una nonna vicina di casa, adorata: quando il maresciallo Giada Moschetti, di sette anni maggiore, reduce dall’esperienza a Pioltello, satellite multi-etnico dell’hinterland di Milano, ha accompagnato l’arrestata Sara Ben Salha verso la macchina dei carabinieri, lei ha visto quell’anziana e ha pianto. Il primo e ultimo attimo di cedimento.

Delle 5.30 l’ora dell’ingresso nell’abitazione della marescialla, accompagnata da un collega; di mezzogiorno il superamento del cancello del carcere di San Vittore. E in questo lasso temporale Sara, fidanzata di un elemento della gang, accusata d’aver «sedotto» i rivali consentendo ai complici l’organizzazione di agguati (auricolari nascosti per trasmettere in tempo reale le conversazioni), incensurata ma apparsa solida nella sua essenza criminale, ecco Sara mai s’è lamentata, ha protestato, ha manifestato insofferenza. Per tacere delle preoccupazioni di finire, chissà per quanto, in galera: «Vediamo com’è».

Ora, se non è stata casuale la scelta di affidare al maresciallo l’operazione della cattura — una donna peraltro quasi coetanea —, non risulta «costruito» il comportamento con l’indagata della stessa Giada Moschetti. Che al Corriere racconta: «Ha letto le imputazioni e ha ammesso le colpe. Si è confidata. Posso raccontare alcuni particolari: ha spiegato le problematiche relative al padre, e l’atteggiamento della mamma che non se la sente di allontanarlo. Quell’uomo “le fa pena”, ha detto Sara, e privato della famiglia precipiterebbe ancora di più. Da parte mia, ho sottolineato quanto questa caduta, dura, durissima, possa essere un’occasione per riprogrammare il futuro. Prendersi cura della propria vita. Compiere delle scelte. Non si scappa dalla realtà, ma la si può utilizzare tornare a respirare». Vero, il pentimento. L’accettazione delle conseguenze. Ma è della ragazza la voce intercettata che ricordava, in relazione all’agguato di Porta Venezia: «Il suo sangue, volevo spalmarmelo il suo sangue di m…». Ed è di nuovo Sara che si ingegnava per depistare i carabinieri fornendo una testimonianza errata, alterando i fatti e le descrizioni, e poi, orgogliosa, ne dava conto ai sodali per dimostrare che il suo l’aveva fatto. E bene.

Vedremo l’iter giudiziario; vedremo i giorni da detenuta; per intanto Sara, che nel viaggio ha dedicato riflessioni a progetti estetici (i capelli, le unghie, le labbra), ha ammesso che non immaginava la «trasformazione» delinquenziale della gang. Impossibile però che ne ignorasse il passato, o che, incaricata di trasformarsi in esca, non abbia pensato alle finalità dell’azione. Ed era lei, recita da attrice e calma da sbirro, che derideva due della banda opposta: lì, in strada, le avevano domandato se stesse bene, preoccupati si fosse ferita nella rissa della quale, invece, la ventenne aveva permesso la genesi.

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30 luglio 2022 (modifica il 30 luglio 2022 | 09:49)

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, 2022-07-30 12:36:00, La rivalità fra i trapper Simba La Rue e Baby Touché: Sara Ben Salha portava auricolari nascosti per trasmettere in tempo reale le conversazioni. Iscritta a Giurisprudenza, ha confidato alla marescialla Moschetti i problemi in famiglia, Andrea Galli

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