di Simona Lorenzetti
Rivoli, lo sfogo di Patrizia Toro dopo l’assoluzione: «In aula ho difeso trent’anni di lavoro. Sono stata minacciata di morte sui social»
«Sono stralunata e affaticata. Sto metabolizzando ciò che è accaduto e realizzando le parole del giudice. Ho sempre saputo di essere innocente. In aula non ho solo respinto le accuse, ma anche difeso trent’anni di lavoro. Adesso tiro un sospiro di sollievo e quando a settembre rientrerò in classe avrà il sapore della prima volta». Patrizia Toro, educatrice d’infanzia di 59 anni, è stata assolta dall’accusa di aver maltrattato i bambini che le erano stati affidati: «L’incubo è durato due anni e mezzo, ma ora spero sia finito. Vorrei buttarmi tutto questo alle spalle».
Cosa le restituisce questa sentenza?
«Gioia, dignità e sicurezza. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, sapevo di non aver fatto quello che era descritto nelle denunce. Ho iniziato a 19 anni e per 11 sono stata precaria. Poi ho avuto la cattedra. Nella mia carriera non ho mai avuto alcun problema e rivendico il mio metodo educativo. Nelle scuole dell’infanzia l’insegnamento passa attraverso il gioco, ma i bambini devono anche essere educati e accompagnati nel percorso di crescita. Ognuno ha una propria storia, che va capita e interpretata. Nel tempo, per loro diventiamo anche delle seconde mamme e il rimprovero, severo quando è necessario, fa parte del mio lavoro».
Cosa non ha capito chi l’ha denunciata?
«Questo non lo so. Nessuno di loro si era mai lamentato o aveva mosso critiche: non ho avuto alcuna avvisaglia della tempesta che stava per travolgermi. I bambini sono sempre stati felici di venire a scuola. Il mio è un mestiere che si fa per vocazione: i bimbi richiedono tempo e fatica, ma hanno la capacità di donarti amore e affetto. I loro sorrisi e i loro abbracci valgono tutti gli sforzi».
Tra le accuse c’era di aver urlato e strattonato alcuni bambini?
«Il rimprovero è necessario. Pensiamo a un bambino che scappa dalla classe, è un comportamento pericoloso. Ma al rimprovero devono poi seguire le coccole e le spiegazioni perché capisca cosa ha fatto di sbagliato».
Cosa l’ha ferita?
«Il tradimento di alcuni genitori. Persone che per anni hanno accompagnato i figli a scuola mostrandosi gentili e premurose. Nonostante la denuncia, abbiamo concluso l’anno scolastico con la tradizionale cena di classe e i bambini mi hanno donato anche dei pensierini. A questo non riesco a dare una spiegazione. Così come ancora adesso sono turbata dalla reazione delle persone sui social: sono stata minacciata di morte. Hanno scatenato contro di me una violenza inaudita».
Quali sono state le ripercussioni sul lavoro?
«Più che sul piano professionale è stata dura psicologicamente. Dopo la denuncia sono rimasta nella scuola fino alla chiusura indagine: la dirigente, i colleghi e molti genitori mi sono stati vicini. Non mi hanno mai fatto mancare il loro supporto e per me è stato importante. Poi nel 2020, quando le accuse sono state formalizzate, ho preso un anno di aspettativa. Ho preferito farmi da parte e raccogliere le idee».
Adesso tornerà in classe?
«Sono rientrata al lavoro a gennaio in un plesso scolastico diverso perché il mio posto era già stato coperto».
È stato difficile superare la diffidenza dei genitori?
«No, anzi. Le famiglie mi hanno dimostrato apprezzamento e fiducia. La sera però tornavo a casa e avevo il magone. Temevo che potesse succedere di nuovo: questa vicenda mi ha fatto soffrire tanto. Adesso a settembre si ricomincia, sicuramento con un altro spirito. E sono felice di rivedere i miei piccoli allievi».
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25 luglio 2022 (modifica il 25 luglio 2022 | 20:51)
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, 2022-07-25 19:52:00, Rivoli, lo sfogo di Patrizia Toro dopo l’assoluzione: «In aula ho difeso trent’anni di lavoro. Sono stata minacciata di morte sui social», Simona Lorenzetti