Ore, materie e tempo libero: ecco come funziona (e dov’è) la scuola finlandese allitaliana

di Valentina Santarpia

Il modello proposto da una dirigente nelle Marche si allargato a un centinaio di scuole in tutta Italia. Vantaggi? Full immersion degli argomenti trattati e ciclicit degli apprendimenti, che consentono lo sviluppo della memoria a lungo termine

Inglese, matematica, italiano, geografia, storia, e forse anche educazione fisica: lo spezzatino di ore costringe ogni giorno gli studenti italiani ad un salto continuo tra una materia e l’altra, tra un professore e l’altro, con il rischio costante che i ragazzi perdano pezzi. Ecco la constatazione da cui parte il Mof (modello organizzativo finlandese), che la dirigente dell’istituto Della Rovere di Urbania (Pesaro-Urbino) Antonella Accili, una sessantenne

energica e determinata, milanese trapiantata nelle Marche con sangue slavo e austriaco nelle vene, riuscita a diffondere in un centinaio di scuole in tutta Italia.

Una sperimentazione, quella nata 18 anni fa e presentata al festival dell’innovazione scolastica di Valdobbiadene a settembre, che richiama la scuola finlandese, citata in tutto il mondo come modello di eccellenza, ma all’italiana, con una serie di aggiustamenti ad hoc per il nostro Paese, che offre spazi all’aperto vivibili quasi in tutte le stagioni. I capisaldi? Compattazione oraria, cooperazione e laboratori. Ogni giorno si lavora al massimo su due materie. Il numero di ore annuali di ciascuna disciplina rimane invariato, cambia solo la sua distribuzione nel corso dell’anno scolastico o della settimana, dato che alcune discipline si concentrano nella prima parte, ed altre nella seconda. Si realizzano la full immersion negli argomenti trattati e la ciclicit degli apprendimenti, che consentono lo sviluppo della memoria a lungo termine e quindi la possibilit di recuperare al momento opportuno le informazioni necessarie, spiega Accili, che per mettere a punto la sua sperimentazione, che stata apprezzata anche dal ministero dell’Istruzione, ha impiegato anni studiando trattati di pedagogia e metodi utilizzati nelle scuole di tutto il mondo.

Un esempio di giornata? Il professore entra in classe, spiega per mezz’ora l’argomento del giorno, poi i ragazzi vengono invitati a lavorare in piccoli gruppi sugli esercizi, e se possibile si lavora anche in ambiente laboratoriale per calare nella realt quanto appreso. L’apprendimento dello studente viene facilitato, nel momento in cui diventa possibile concentrarsi su un minor numero di discipline per volta, evitando che, come spesso succede, lo studente in difficolt, di fronte ad un eccessivo numero di sollecitazioni, decida autonomamente di selezionare le discipline, concentrandosi su alcune a scapito di altre; questo porta talvolta a lacune irrimediabili. Con i corsi compattati invece la scuola a scegliere le scansioni e le priorit, spiega ancora Accili.

Dalla parte dei genitori: Voti alti e nessun bisogno di aiuto per i compiti

Perch tutti i ragazzi che frequentano questo tipo di scuola sono felici ogni giorno di andarci? Perch si cerca di valorizzare i talenti di ogni singolo studente: dobbiamo riconoscere che non tutti sono fatti per diventare avvocati medici o ingegneri, ma tutti hanno comunque qualcosa che li caratterizza, un talento, una capacit, che spesso gli studenti che ottengono voti alti in tutte le discipline non hanno: se la scuola scopre i talenti di ognuno, ogni studente si sente valorizzato, sta bene a scuola, sente crescere l’affettivit verso la scuola e di conseguenza cresce l’impegno e la motivazione, oltre che la frequenza delle lezioni.
Conferma Erika Sparaventi, che ha due figlie che frequentano il Della Rovere, una alle medie e l’altra alle superiori: Si trovano entrambe benissimo: voti alti e mai avuto bisogno di aiuto per i compiti, lavorano cos bene in classe, anche in gruppo, e il pomeriggio continuano con le attivit di studio e di laboratorio.

Egle ha 12 anni e frequenta la seconda media, ha iniziato dalle elementari col metodo, ed incredibile come da ragazzina timida sia riuscita a mettersi in gioco, anche grazie alla preparazione di un musical che stato messo in scena nel teatro di Urbania. Gaia, che ha sedici anni, frequenta il terzo anno di produzioni industriali e artigianali per il made in italy : fa moda, in pratica. Ma in maniera del tutto peculiare: i professori spiegano ad esempio il disegno, e poi nella stessa mattinata si cimentano a realizzare i modelli. L’apprendimento diventa facile e intuitivo, le nozioni vengono ripetute pi volte e gli studenti imparano senza grossi sacrifici. Anche lei molto riservata ma riuscita a tirare fuori la sua personalit, anche grazie al fatto che con questo sistema non c’ una barriera tra docenti e studenti, ma un rapporto molto pi diretto e informale.

E per chi arriva da una scuola tradizionale, com’ l’impatto?
Ottimo- testimonia Lucia Benedetti, madre di Luca, 17 anni, che studia agraria-
la storia scolastica di mio figlio non stata facile, ha fatto delle scelte sbagliate che gli hanno causato molto stress, e invece qui stato accolto benissimo. Non un numero, e non si perde tra una sequela di materie e libri e quaderni. Ci tiene molto di pi alla scuola, studia, apprende meglio, si sente pi motivato, centrato, perch lo studio mirato. Molte attivit vengono svolte anche in modalit laboratoriale e diventano cos interessanti agli occhi dei ragazzi. E il rapporto non quello rigido della scuola tradizionale: un giorno quando erano alla fiera dell’agricoltura lui e i compagni hanno telefonato alla preside per dirle che avevano visto dei coniglietti molto carini, la dirigente ha approvato subito e cos li hanno presi e sono stati adottati dalla scuola!.

I docenti: Dai tre anni in su, il ritorno immediato

Un metodo, quello della scuola finlandese, che pu essere adottato dai 3 ai 19 anni: Io ho una figlia che adesso fa la prima elementare, ma ha frequentato tutta la scuola dell’infanzia- racconta Venusia Galeotto– E la cosa che pi mi ha colpito vedere bambini cos piccoli che con i sassolini riuscivano a capire elementi di matematica come gli insieme in maniera immediata. Alessandra Guerra, 53 anni, docente della scuola dell’infanzia, conferma che il Mof non fa altro che applicare le teorie pi validate della pedagogia: Sono laureata e insegno da venti anni, cerco di applicare da sempre l’idea che nella scuola dell’infanzia bisogna dare le basi al bambino della sua identit e del suo stare nel sociale, e per questo deve avere tutta la possibilit di sperimentare con tutti i sensi.

E finalmente il Mof me ne d la possibilit. Il bambino non deve essere alfabetizzato in maniera precoce, o costretto a stare seduto, o a subire correzioni. Da tre a sei anni corporeit pura, se gli si d la possibilit di esprimersi come persona, a livello linguistico, collaborativo, sociale, si permette una buona riuscita dell’individuo nel suo percorso scolastico. Ma il ritorno anche immediato: il bambino,che viene felice a scuola, che si esprime in modo totale,che lavora con la creta, costruisce con i sassi, raccoglie e trasforma, acquisisce anche competenze numeriche, linguistiche. Si stupiscono? Eppure tutto quello che legato allo sviluppo del pensiero parte da una strategia sensoriale.

La svolta per il ragazzo autistico

E i pi fragili? Qui interviene Romina Riminucci, madre di Edoardo, un ragazzino di 14 anni affetto da autismo a medio funzionamento, che ha anche molte difficolt nel linguaggio: Ci siamo trasferiti da Misano Adriatico, dove lui ha frequentato fino alla seconda media, a Piandimeleto. Eravamo preoccupatissimi perch avrebbe cambiato riferimenti ed educatori. Invece stata una bella sorpresa vedere che Edoardo sereno, tranquillo, partecipe, oltre le aspettative. Persino la neurologa che lo seguiva rimasta sorpresa dei progressi enormi. Il mio ragazzo usava ancora il biberon per bere, ora l’ha lasciato. stimolato, ha motivazioni. Io da quando ha avuto la diagnosi, a 17 mesi, ho smesso di lavorare, abbiamo dedicato a Edoardo tutte le nostre energie, mi sono impegnata attivamente con un’associazione per ragazzi autistici, e so quanto importante coinvolgerli e lavorare insieme agli altri: cosa che finalmente lui adesso fa. Gli ultimi due anni invece erano stati davvero difficili.

Come si attirano i ragazzini dalla baraccopoli

Se si parla di motivazioni, sembra che il metodo Accili funzioni anche con chi purtroppo spesso resta ai margini: Io dirigo un istituto in un contesto molto particolare- spiega Matilde Iaccarino, preside dell’Ics Giovanni Paolo I di Stornara (Foggia)- Siamo nel Tavioliere delle Puglie, c’ una forte presenza migratoria, moltissimi ragazzini di etnia romena, bulgara, rom, tanti che vengono a scuola dalle baraccopoli, che non parlano la nostra lingua, che prima disertavano la scuola spesso, che provengono da situazioni di povert economica e sociale, che hanno, oltre a bisogni educativi speciali, anche bisogni affettivi speciali. Una lezione frontale per loro sarebbe impossibile da seguire. Invece cos riescono a esprimersi, lavorare, integrarsi, a comunicare con le attivit artistiche e creative. Usiamo molto anche gli spazi aperti, con letture e lezioni all’aperto, disegno dal vero, e anche questo aiuta l’attenzione: infatti sto chiudendo un accordo col Comune per poter utilizzare un campo per realizzare coi ragazzi coltivazione di prodotti tipici delle Puglie.

L’utilizzo degli spazi aperti

L’aggancio con la natura sicuramente un valore chiave: Confermo: parlare ai ragazzi delle potature, far vedere loro un video e poi sperimentarle sulle viti della scuola sicuramente un valore aggiunto- spiega Paola Sabbatini 54 anni, che insegna le materie di indirizzo all’istituto agrario Della Rovere- Vengo da un’esperienza di scuola tradizionale, dove lo spezzettamento orario non consentiva di approcciare alle materie con laboratorio: secondo me negli istituti tecnici funziona benissimo. E nei licei? Avevo due figli che facevano il liceo scientifico, e a loro sempre mancata l’applicazioone della matematica e fisica nella parte pratica: tant’ vero che ho mandato uno di loro a fare il quarto anno negli Usa e non mai tornato: anche l adoperano molto la compattazione oraria. E credo sia sopratutto una condizione mentale dell’insegnante farlo funzionare o meno. In che senso? All’inizio difficile accettare uno stravolgimento degli orari: fare una full immersion con i ragazzi pare impossibile- prova a spiegare Rita Borsella, 57 anni, che insegna francese alle medie da due anni- Ma oggi come oggi non posso fare a meno di trascorrere due ore insieme ai ragazzi e soprattutto di lavorare in squadra con i colleghi, anche degli altri plessi. Io insegno alle medie ma non posso perdo di vista come si muovono nell’infanzia, e seguo i ragazzi fino alle superiori: il Mof non un metodo ma un percorso di crescita, e i docenti sono le guide che accompagnano i ragazzi. Le discipline non sono pi “un’ora di…” ma un aspetto di tutte le esperienze che hanno un valore. Sperimentiamo di continuo, e mi piace anche la parola , perch sperimentare significa appunto fare esperienza e mi tiene viva, stimola la curiosit, mi permette di osservare i ragazzi come dei fiori, che non vanno mai calpestati, ma coltivati in base alle loro diversit.

I primi risultati Invalsi

Ma gli esiti? Abbiamo avuto i primi risultati Invalsi delle classi e sono superiori alle medie territoriali, regionali e nazionali- dice Patrizia Leoni, dirigente dell’Ics di Senigallia, plesso Vallone– Quando l’ufficio scolastico ci ha presentato il metodo quattro anni fa, mi ha subito convinto: secondo me sfidava una delle questioni nodali, cio quello della lezione frontale, non sempre o non pi rispondente al cervello, e alle inclinazioni dei nostri bambini. E poi in questo plesso, che non si trova al centro della citt, avevamo anche la possibilit di sfruttare un ambiente naturale, in prossimit del fiume Misa: abbiamo creato un’aula naturale sull’argine del fiume con le balle di fieno, di cui gli studenti si prendono cura. Devo dire che sono stata sostenuta anche da un corpo docente con caratteristiche di innovazione e creativit, e voglia di mettersi in gioco: hanno fatto tutti un lungo percorso di formazione, con Stefano Rossi, psicopedagogista e formatore a livello nazionale. Abbiamo avuto scambi di buone pratiche con docenti appartenenti alla rete. Insomma non una innovazione improvvisata, n calata dall’alto, ma ha le caratteristiche della spendibilit e della bellezza di nascere dal basso.

Ma l’obiettivo, alla fine, qual ? Quello di creare menti critiche e cuori intelligenti- sintetizza Sabina Valentini, dirigente dell’Ics Lotto di Jesi – Da tre anni usiamo il metodo e abbiamo avuto un incremento di iscrizioni, anche da fuori, perch tutti vogliono per i propri figli una didattica innovativa. Certo, si pu fare solo se c’ una comunit educante professionale pronta a formarsi, e poi una forte condivisione, anche con i genitori. Perch il Mof ha di base un’idea non competitiva della scuola, ma collaborativa: nessuno rimane indietro, il successo dell’uno quello dell’altro, chi sa fare aiuta chi non sa fare. E l’apprendere per competenze in didattica cooperativa sviluppa anche altre capacit: valore che anche le aziende adesso finalmente apprezzano.

8 dicembre 2022 (modifica il 9 dicembre 2022 | 13:30)

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