Scuola, liceo di 4 anni e scuola dell’obbligo fino a 17, ecco le idee del ministro Bianchi

L’economista emiliano che dal 13 febbraio guida il ministero ha messo nero su bianco le sue idee nel saggio del Mulino: «Lo specchio della scuola». L’importanza dell’istruzione tecnica e degli Its

di Gianna Fregonara e Orsola Riva

In attesa di capire se la situazione epidemiologica consentirà al neo ministro di imprimere una prima svolta al suo dicastero rafforzando il prossimo esame di Maturità – magari rimettendo anche solo il tema come chiede il Pd – oppure lo costringerà a riproporre una prova light solo orale come si stava orientando a fare prima della sua uscita di scena Lucia Azzolina, ecco quali sono le idee sulla scuola e dunque quale sarà la linea che Patrizio Bianchi imprimerà al suo dicastero.

Le sue priorità sono enunciate nel suo ultimo saggio Lo specchio della scuola. Nel volume edito da Il Mulino, Bianchi ha cercato di condensare il suo pensiero di economista ed ex assessore all’Educazione dell’Emilia Romagna sull’importanza dell’istruzione come volano dello sviluppo economico, facendo confluire anche alcune delle conclusioni della task force per la ripartenza delle scuole da lui presieduta in primavera-estate , il cui lavoro – con la scorsa gestione – era finito nel dimenticatoio.

Obbligo a 17 anni

Due in particolare, interconnesse fra loro, le linee di pensiero: da un lato Bianchi insiste sulla necessità di rafforzare i percorsi professionali che troppo spesso invece di funzionare da trampolini per il mondo del lavoro si trasformano in anticamere della disoccupazione e dell’emarginazione sociale; dall’altro rilancia la necessità di accorciare il percorso dei licei da 5 a 4 anni, come già accade nella maggior parte degli altri Paesi europei.

Due interventi che si saldano nella proposta di innalzare l’obbligo scolastico da 16 a 17 anni in modo da uscire da un percorso scolastico che lascia andare i ragazzi dopo il primo biennio di scuola superiore senza preoccuparsi che non abbiano un pezzo di carta in mano. Per legge infatti l’obbligo scolastico si esaurisce a 16 anni, cioè alla fine della seconda, ma per poter avere un diploma professionale in tasca bisogna aver frequentato un corso di almeno tre anni. Nelle ambizioni di Bianchi si vorrebbe creare una passerella – attraverso dei tirocini formativi in azienda della durata di un anno – che consenta a chi ha smesso la scuola dopo tre anni di proseguire anche in un secondo momento gli studi iscrivendosi a un Its, ovvero a un corso triennale post secondario ad alta specializzazione.

Gli Istituiti tecnici specializzati sono stati finora una grande occasione sprecata: da un lato infatti vantano tassi di occupazione altissima perché licenziano profili tecnici richiestissimi dalle aziende, dall’altro però contano solo 15 mila iscritti mentre Bianchi vorrebbe in quattro anni portarli a 150 mila: un progetto – quest’ultimo – che è scritto anche nelle bozze del Recovery messe a punto dal Conte bis prima dell’addio.

Il liceo di 4 anni

Quanto al liceo di 4 anni, già oggetto di sperimentazione, da un lato accorciando il percorso scolastico da 13 a 12 anni potrebbe accelerare i tempi di accesso all’università e al mercato del lavoro dei ragazzi italiani allineandoli ai loro colleghi europei, dall’altro però richiederebbe un ripensamento dei piani di studio: se ci si limita a condensare i programmi di 5 anni in 4 infarcendo i ragazzi di nozioni come fossero salsicce, c’è il rischio di peggiorarne le competenze anziché migliorarle come invece è nelle priorità di Bianchi. Nelle conclusioni del suo saggio il neo ministro, in effetti, accenna alla necessità di una «ridefinizione dei curricula», anche se poi non la dettaglia.

Una cosa però è certa: se si vuole accelerare il passo della scuola senza farla deragliare, non basta immettere più insegnanti – Bianchi nel suo rapporto sulla ripartenza parlava di 120 mila prof – bisogna anche lavorare sulla loro «preparazione», altro punto segnalato da Bianchi nelle sue conclusioni. Preparazione intesa come «formazione iniziale» ma anche in itinere: quest’ultima necessariamente legata a un rilancio dell’«autonomia scolastica» che è legge da 25 anni ma, come nota lo stesso Bianchi, si è insabbiata nelle pastoie burocratiche del sistema d’istruzione.

Anche per non dover affrontare il vero tabù legato all’autonomia: quello di una – non meglio definita – «valutazione» delle scuole – che Bianchi, almeno nel suo saggio, non teme di rilanciare definendola un «atto di responsabilità indispensabile».

Pietro Guerra

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