Inviata da Enrico Maranzana – Il problema formativo, che da mezzo secolo è sotto la lente d’ingrandimento, rimane insoluto. All’origine dell’insuccesso c’è la mancata assunzione di un corretto punto di vista: si continua ad associare la finalità del sistema scolastico alle conoscenze disciplinari, nonostante gli espliciti indirizzi legislativi.
A titolo esemplificativo si trascrive quanto disposto nel 1979 per la scuola media, norma ancora vigente: “Se correttamente interpretate, tutte le discipline curriculari – sia pure in forme diverse – promuovono nell’allievo comportamenti cognitivi, gli propongono la soluzione di problemi, gli chiedono di produrre risultati verificabili, esigono che l’organizzazione concettuale e la verifica degli apprendimenti siano consolidate mediante linguaggi appropriati. Nella loro differenziata specificità le discipline sono, dunque, strumento e occasione per uno sviluppo unitario, ma articolato e ricco, di funzioni,
conoscenze, capacità e orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili e in grado di compiere scelte”.
Si tratta di un vincolo conforme al mandato assegnato al Ministero dell’Istruzione nel 2020: “Sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche”.
Tali premesse conducono alla formulazione della strategia risolutiva: il compito primario del governo, organo esecutivo dello Stato, è la vigilanza sulla corretta applicazione delle leggi. Sarebbe sufficiente che la cultura sistemica entrasse nelle scuole, in applicazione della legge 416/74, rinforzata dal TU 297/1994, perfezionata dal DPR 275/99.
La finalità di tutti gli insegnamenti è unica: la promozione delle competenze. Queste sono da intendere come comportamenti da cui traspaiono le qualità intellettive e operative dei giovani, manifestazione di capacità e di abilità.
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