Scuola, perché le lezioni di storia spettano ai professori (e non ai ministri)

di Marco Ricucci*

La polemica per la lettera del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara contro il comunismo (e non il nazifascismo). Oggi non si parla più di revisionismo, ma c’è chi teme una «rinarrazione» dei manuali di storia

Perché un Ministro della Repubblica che si compiace a fare il magister historiae non fa un servizio alla comunità educante e, in generale, alla scuola nazionale? Il 9 novembre, anniversario della caduta del Muro di Berlino, correva il «Giorno della Libertà» e il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha pubblicato, sotto forma di lettera, una sorta di lectio magistralis miniaturizzata,in cui si rivolgeva a dirigenti scolastici, docenti ed alunni, con giudizio (personale?) sul comunismo, dimenticando, come molti osservatori hanno rilevato, il nazifascismo, proprio nell’anno della ricorrenza del centenario della Marcia su Roma e nel giorno esatto in cui ricorre anche l’anniversario della tragica notte dei cristalli nazista che fu l’anticamera della Shoah. Il Destino è beffardo, come ci ricorda la tragedia greca, anche per la storia del nostro Paese: sul seggio della seconda carica dello Stato, a inizio della nuova legislatura, stava la senatrice Liliana Segre, a ricordare che lei ha vissuto le conseguenze di quel fatto storico e ne è testimone. In greco antico, il verbo oida è perfetto del verbo «vedere», ma significa «io so», perché appunto chi vede con i propri occhi sa.

Più volte, con rammarico, constato che la scuola italiana, invece di essere patrimonio comune della Nazione, anche con un briciolo di amor di Patria, si riduce a terreno di scontro ideologico del «teatrino della politica», perché ogni fazione partitica rimane trincerata, più o meno subdolamente, dietro al proprio steccato ideologico. La redazione di una circolare del Ministro Valditara, legittima dal punto di vista istituzionale, denuncia ancora una distanza, per così dire, tra quanto viene «saputo» (nel senso greco e tragico del termine!) della scuola reale dello Stivale nei palazzi del potere, e la scuola che tutti i giovani italiani vivono ogni giorno, incluso chi ci lavora. Molti commentatori, dichiaratamente schierati a sinistra, non solo hanno sottolineato l’inopportunità del contenuto della circolare nel modo e nei tempi che stiamo vivendo, ma si sono dichiarati preoccupati, perché questa iniziativa del Ministro Valditara, che non è uno storico di professione, viene a rappresentare una indebita ingerenza alla libertà di insegnamento protetta dalla Costituzione: come se il Ministero dell’Istruzione e del Merito fosse orientato a divenire, anacronisticamente, un redivivo MinCulPop.

L’Italia è un Paese che ha memoria corta, eppure – forse – qualcuno ricorderà il caso della professoressa Rosa Maria dell’Aria, docente di italiano e storia presso l’Istituto industriale «Vittorio Emanuele III» di Palermo, la quale fu sospesa per due settimane dall’Ufficio Scolastico Provinciale, con conseguente dimezzamento dello stipendio. Per quale motivo? Perché non aveva «vigilato» – questa l’accusa – sul lavoro di alcuni suoi studenti di 14 anni che, per la Giornata della Memoria, avevano presentato un video nel quale, liberamente, accostavano la promulgazione delle Leggi razziali del 1938 al «decreto sicurezza» dell’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Come docente, mi pare questo accostamento una «forzatura» ma una volta lasciata la «libertà» a ragazzini di 14 anni…Ma questo è un altro problema; si scatenò il solito vespaio di sterili polemiche ideologiche: la docente, alla fine, fu ricevuta da Salvini e dall’allora Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, una «sceneggiata» melodrammatica ampiamente diffusa nei mass media. Ma non ci fu modo di ritirare il provvedimento a danno della docente, che fece ricorso al Ministero e vinse, naturalmente. Una signora dai capelli bianca e mite, assurta ai disonori della cronaca. Da quella vicenda non nacque nulla di buono e costruttivo: nemmeno una legge «attuativa» che disciplini, nero su bianco, precise e reali garanzie della libertà di insegnamento nelle nostre scuole. Mentre adesso qualcuno teme che anche i manuali di storia possano finire preda del «revisionismo» o, come si direbbe in termini più attuali nel marketing globale della cultura, di una «rinarrazione».

*Docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista

14 novembre 2022 (modifica il 14 novembre 2022 | 11:37)

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