La scuola dello scontro sul cellulare L’audio della 14enne a tutti gli studenti

di Fulvio Fiano e Michele Marangon

La ragazzina: non mi piego al sistema. La vice preside: la famiglia non la aiuta a capire

Nel cortile del liceo Majorana di Latina ancora non si parla d’altro. Sui telefoni dei ragazzi di tutte le classi circola (con la dicitura tipica delle chat WhatsApp «inoltrato molte volte») l’audio in cui A., la 14enne del secondo anno che ha portato lo scientifico di via Sezze alle cronache nazionali, fornisce la sua versione dei fatti. Riassumendo in breve: venerdì viene emessa una circolare che vieta l’uso dei cellulari in classe riprendendo le linee guida contro il cyberbullismo e visti alcuni recenti episodi di foto scattate ai professori durante le lezioni. Lunedì viene chiesto ai ragazzi di consegnare i telefoni alla prima ora, la ragazza si rifiuta, prende una nota, insiste, viene convocata dalla vice preside, da qui chiama il padre e il fratello (quest’ultimo accompagnato da un amico) che entrano a scuola a chiedere conto del «sopruso» subito dalla parente. Urla, forse qualche spinta col preside, arriva la polizia a calmare gli animi. Nel racconto della ragazza la premessa sembra sovradimensionata («Certe cose non le accetto, non mi piego al sistema»), la rivendicazione è spavalda («Ho preso una nota e va benissimo»), il rifiuto è ammantato da battaglia civile («Ho il diritto di parola»), l’irruzione dei parenti a scuola banalizzata («Il preside non li ha voluti ricevere»), la prima persona plurale è barricadera («Noi testimoni ne abbiamo»), la convocazione del padre e del fratello in questura quasi dovuta («Solo lì hanno potuto parlare»). La chiusa suona infine autoassolutoria: «Ragà, davvero, nella mia indole alzà le mani è l’ultima cosa… vi dico che è stato il preside ad alzare le mani al socio di mio fratello».

Sui social

Da allora la lite impazza sui social: «Mia figlia avrebbe tenuto il telefono spento nello zaino, nessun professore voleva la responsabilità della custodia», accusa il padre. «Sono stato aggredito verbalmente e fisicamente», puntualizza il dirigente scolastico Domenico Aversano, che presenterà denuncia. Al suono dell’ultima campanella alcuni studenti di quarta raccontano con disincanto: «Abbiamo saputo lunedì della circolare, ci hanno detto di leggerla sul sito, senza spiegarci di più», dice Marco. E Luca: «Sì, sono girate foto dei professori sui social, ma tutti sanno che gli autori sono quelli del primo e secondo anno. Basterebbe spiegare loro l’uso corretto dei cellulari». Andrea, invece, ricorda che quella mattina ha visto «due ambulanze e la polizia con un uomo sotto braccio, sembrava una scena da film americano». Ma c’è anche aria di protesta, come anticipa un volantino anonimo sulla recinzione: «Non voglio una scuola che usa la soppressione invece del dialogo. A chi dice che occupare e scioperare sia sbagliato, rispondiamo che non cambieranno le cose se non lottiamo uniti».

La versione della vice preside

La vice preside Marina Santoro, che insegna storia e filosofia, ha invece un altro obiettivo. Trasformare l’episodio in un’opportunità: «Abbiamo avviato un confronto con gli studenti nelle classi e presto ci sarà un incontro con i loro rappresentanti. È un evento che ci ha spinto a riflettere sulle dipendenze e abbiamo attivato corsi specifici sul tema. Lasciare il cellulare in uno scatolo non è un’imposizione ma è ritrovare l’appartenenza alla scuola, imparare a vivere le cose una alla volta, senza ansia. È la differenza tra un armadio stracolmo da cui cadono i vestiti e dei cassetti ordinati da cui prendere ciò che serve. Gli strumenti tecnologici per la didattica per fortuna li abbiamo, il cellulare è altro e la mente ha bisogno di ossigeno. Ai ragazzi che parlano di autoritarismo rispondo con l’autorità che riconoscono ai genitori. Con le quarte e le quinte va meglio, anche loro percepiscono gli studenti dei primi anni come una generazione diversa. La dad è stata una corsa in avanti da cui riprendersi. La ragazza? Aveva gli occhi lucidi, era rimasta la sola a rifiutarsi, l’ho invitata a spiegare. Mi ha detto che il suo telefono vale mille euro. Forse la famiglia, che pure ha firmato a inizio anno le liberatorie sulle regole della scuola, non l’ha aiutata a capire».

19 ottobre 2022 (modifica il 19 ottobre 2022 | 22:23)

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, 2022-10-19 20:58:00, La ragazzina: non mi piego al sistema. La vice preside: la famiglia non la aiuta a capire, Fulvio Fiano e Michele Marangon

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