‘Sharing Economy’ come naturale risposta alle nuove esigenze economiche di un tessuto sociale in cambiamento

Nel 2013 la nota e prestigiosa rivista internazionale “The Economist”, ha introdotto il concetto di Sharing Economy, un nuovo tipo di economia basato su scambio, condivisione e riuso dei beni e destinato a portare vantaggi economici, ambientali e sociali. La Sharing Economy, si legge, fa appello ad un modo diverso di proporre e di usufruire dei beni e dei servizi, che si moltiplicano in relazione ai bisogni e ai desideri delle persone e non solo per soddisfare le logiche produttive, spesso autoreferenziali del mercato. La trasformazione messa in moto dalla Sharing Economy – premette Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi- parte dall’esigenza di forme più consapevoli di consumo che funzionano quanto più forte è il collegamento fra territorio e tecnologia, fra aziende, associazioni e cittadini. Valori collaborativi oggi sempre più riconosciuti. I vantaggi di questo innovativo modello sono di natura economica ma non solo. Molto spesso, sottolinea Guzzi, usufruendo e aderendo ai servizi di sharing economy si riesce ad avere ritorno economico contrastando lo spreco di risorse, e favorendo il rispetto per l’ambiente. Vantaggi concreti non solo per il singolo individuo ma anche per l’intera collettività. Partendo da questi presupposti e dalla necessità di risolvere e migliorare le proprie condizioni lavorative, alcune persone, evidenzia Guzzi, hanno pensato bene di avviare attività casalinghe. L’ultima frontiera del web 4.0 è il Social Eating, una delle recenti declinazioni della Sharing Economy che sta prendendo piede a livello internazionale e nazionale. Il Social Eating consente agli utenti delle community di offrire pranzi e cene nelle abitazioni private con poche persone. Un’attività che rappresenta una risposta creativa alla crisi globale degli ultimi anni. Il trend del “piatto condiviso” nato un po’ di anni fa negli Stati Uniti, paese pioniere della New Economy, è approdato in Italia da qualche anno, dove ha riscosso un gran successo. In Italia, da sempre la culla della cultura eno-gastronomica, il mercato Social Eating riscontra una prevalenza di donne, la maggior parte di età compresa tra 35 e 45 anni. Anche tanti over 50, disoccupati, o semplicemente interessati ad integrare le giornate con un altro lavoro, stanno trovando nella costellazione del food nuove opportunità di lavoro e di business. Un sistema alternativo, dunque, per riuscire ad arrotondare le proprie entrate mensili ma anche un modo per saggiare le proprie abilità di cuoco prima di lanciarsi nell’avventura di un ristorante vero e proprio, soprattutto se si tratta della prima esperienza nel settore. Il connubio fra Social Eating e Sharing Economy sta mostrando i suoi benefici. Tante le attività avviate con successo. Per aprire un home restaurant non sono necessari particolari requisiti, ma è bene rispondere adeguatamente ad alcune esigenze ed adempimenti. A sottolinearlo è la Dottoressa Catia Pulice, Amministratore Unico di Al Business, nota società di consulenza che opera nel settore della sicurezza nei luoghi di lavoro, della formazione, dell’ambiente, e del marketing in tutta Italia. Quando si tratta di aprire attività in cui viene venduto e servito cibo – evidenzia Pulice – bisogna seguire adeguatamente l’iter burocratico. E’ opportuno possedere diverse certificazioni e attestati rilasciati dalla ASL, aprire una partita IVA o registrarsi alla Camera di Commercio, e avere un piano di controllo HACCP redatto su misura. Come per qualsiasi altra categoria di attività, è necessario garantire le norme igienico-sanitarie, edilizie e di sicurezza nel luogo in questione ed essere certi che i locali siano a norma. Gli home restaurants attivi in Italia sono tantissimi. Purtroppo, rimarca Pulice con preoccupazione, molti di questi operano in maniera illecita, con gravi rischi per la salute e la sicurezza degli ospiti. E’ necessario, conclude, intervenire con legislazioni e normative che regolino queste nuove e curiose attività imprenditoriali. Attuare una scelta di questo tipo – continua Guzzi – non significa soltanto monetizzare, ma anche e soprattutto condividere la propria cultura, le proprie tradizioni culinarie. Il mondo del lavoro è cambiato tantissimo. Si insinuano nuove forme imprenditoriali, che sono il frutto del progresso e dell’innovazione. Ogni nuova iniziativa imprenditoriale, utile allo sviluppo economico, va sostenuta. La Commissione Europea, conclude Guzzi, ritiene che la Sharing Economy darà un contributo rilevante alla crescita dell’economia dell’Unione Europea e che andrà a integrare un importante vantaggio per i Consumatori che potranno così accedere a nuovi servizi e ad un’offerta più ampia a prezzi più competitivi. Noi ci crediamo e forniremo il nostro supporto affinché ogni idea imprenditoriale diventi realtà. , 2022-11-05 14:23:00, Nel 2013 la nota e prestigiosa rivista internazionale “The Economist”, ha introdotto il concetto di Sharing Economy, un nuovo tipo di economia basato su scambio, condivisione e riuso dei beni e destinato a portare vantaggi economici, ambientali e sociali. La Sharing Economy, si legge, fa appello ad un modo diverso di proporre e di usufruire […]
L’articolo ‘Sharing Economy’ come naturale risposta alle nuove esigenze economiche di un tessuto sociale in cambiamento proviene da Calabria News., Maurizio De Fazio

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