di Roberta Scorranese
Serena Vitale vede nel Godunov di Puškin e ripreso da Musorgskij altro che un tiranno crudele. Per lei un uomo tormentato per aver provocato la morte dell’erede al trono
Serena Vitale, slavista, docente di Letteratura russa, traduttrice, chiede prima di tutto un atto d’amore verso Puskin e la letteratura russa. Se possibile, metta gli accenti. In modo che a Bors Godunv, a Msorgskij e allo stesso Puškin venga tributato almeno l’onore della pronuncia giusta. Perch i tre non hanno avuto vita facile: lo scrittore ultim il libretto che aveva appena 25 anni e poi mor nel pi famoso duello della storia letteraria; il compositore non sopravvisse all’abisso fatto di alcol e depressione e lo zar, come tutti sanno, venne a mancare improvvisamente dopo solo sette anni di regno e, per giunta, in anni molto difficili.
Ma Vitale, che non esita a definire ripetutamente Puškin un genio, mette subito in chiaro una cosa: Questa splendida opera non un’opera contro il potere, anzi. un’opera che mette in scena il difficile, diciamo pure impossibile, equilibrio tra i piani del potere e i piani del popolo. Secondo Vitale, che alla letteratura russa ha dedicato notevoli libri, come Il bottone di Puškin e il pi recente Il defunto odiava i pettegolezzi (la storia del suicidio di Majakovskij), per capire bene il tormento di Boris Godunov e il suo senso del potere, bisogna leggere tra le righe e capire prima di tutto l’autore.
Quando scrisse questo dramma – spiega –, Puškin si trovava relegato al confino, dunque non che fosse propriamente in una condizione serena. Ma lui era un uomo intelligente e allora approfitt di quella situazione per leggere centinaia di libri, tra i quali le opere di Shakespeare. Puškin (i cui epigrammi dal sapore rivoluzionario non erano risultati molto graditi allo zar) aveva una grande ambizione: voleva dare alla Russia un’opera fondatrice, un poema identitario, qualcosa di enorme.
E cos — argomenta Serena Vitale — studi bene l’impianto scespiriano, ma non per una passiva operazione di scopiazzatura, bens avendo in mente un innesto grandioso. Da una parte il caos storico e politico, dall’altra il tormento della coscienza individuale. Da una parte una societ nella quale si consumano delitti per la conquista del trono e, dall’altra, la fragilit di un uomo divorato dai rimorsi. Puškin infatti attinse alla versione storica secondo la quale Boris si era reso responsabile della morte del giovanissimo erede al trono Dimitri. E cos alla narrazione efferata di un gesto di potere associa una personalit tutt’altro che crudele, secondo la slavista. Boris Godunov, a mio parere, non un tiranno spietato e caratterizzato da una crudelt sterile, ma un sovrano intelligente, lungimirante, che davvero ha a cuore il destino del suo popolo. Non voglio dire che avesse in mente un sistema democratico, ma di certo voleva essere amato dalla sua gente nella visione puskiniana. Ecco l’origine di quella tensione che pervade tutta l’opera. A conferma di quello che dico c’ la certezza che lo stesso zar dell’epoca di Puškin, Nicola II, si congratul con lo scrittore, perch aveva tratteggiato una figura di una certa caratura.
S, per va detto che l’opera non ebbe una vita facile e che venne rappresentata senza censure solo molti anni dopo. Questo vero – prosegue Vitale – ma ci non toglie che quel personaggio non incarna tanto l’efferatezza quanto la coscienza. E la coscienza, certo, tormentata. in quella dicotomia tra l’uomo di potere e il popolo, che peraltro appare quasi sempre in scena, che sta il cuore del dramma. E poi c’ quell’intreccio che fa apparire in scena personaggi indimenticabili, come il monaco Pimen, vero filo conduttore di tutto. Oppure l’Innocente, che letteralmente andrebbe tradotto come “il folle in Dio”. Ci sono gli impostori, un classico della cosiddetta “stagione dei torbidi” in Russia. Cio quella stagione che segna una cesura tra la fine della dinastia dei Rurikidi (1598) e l’inizio di quella dei Romanov (1613), un periodo segnato da anarchia e da sanguinosi passaggi di potere.
Fare dei paragoni con la Russia attuale non ha molto senso, ma di certo colpisce un senso del sacro innervato nell’opera, come se fosse un elemento fondatore della cultura russa. Non sono d’accordo — conclude la specialista —, per sono d’accordo sul fatto che una certa visione religiosa russa abbia informato tante opere. Letterarie, musicali, pittoriche. Vorrei finire dicendo che Puškin era tutt’altro che un intellettuale pesante: passava molto tempo dietro alle donne
5 dicembre 2022 (modifica il 5 dicembre 2022 | 18:26)
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, 2022-12-05 17:34:00, Serena Vitale vede nel Godunov di Puškin e ripreso da Musorgskij altro che un tiranno crudele. Per lei è un uomo tormentato per aver provocato la morte dell’erede al trono, Roberta Scorranese