di Flavio Vanetti
La campionessa di sci si racconta: «Nella mia vita non ho mai avuto molte relazioni, ho sempre conosciuto poco la leggerezza. Da bambina a 9 anni ho detto che sarei diventata una campionessa»
Sofia Goggia, campionessa dello sci, olimpionica nel 2018: domani, 15 novembre, compie 30 anni.
«È un punto di svolta. Ci penso. L’anno scorso, per i 29, sono andata in crisi: il compleanno è stato triste. Non mi spaventano tanto l’età, ma è chiaro che le lancette dell’orologio si muovono e che i giri della Terra intorno al Sole non mi lasciano indifferente».
Che cosa si regala per un compleanno particolare?
«Non sono una che pensa a certe cose. Mi sento come un pesce fuor d’acqua, non ho una risposta: è una domanda che non mi sono posta e nel passato non mi sono fatta regali per scadenze o obiettivi raggiunti».
Nemmeno la famiglia ha mai provveduto?
«Mica tanto. Sotto questo aspetto siamo un po’ frugali e io non ho ricevuto molti cadeaux».
Immaginiamo che a Copper Mountain, dove siete in allenamento, ci sarà una festa per il Sofia’s birthday.
«Anche l’anno scorso in questo periodo eravamo in Colorado: le compagne mi prepararono un tiramisù. Questa volta arriverà Lindsey Vonn, andremo a cena. Ci siamo sentite, le ho ricordato del compleanno e mi ha detto: “Let’s go out together”. Ecco, mi regalo una serata con lei».
Ci descrive com’era la bambina Sofia Goggia?
«È sempre stata attiva e con una testa da competizione. Ero tenace e anche un po’ ansiogena: volevo dimostrare di essere brava ed era un modo per essere accettata. Sono sempre stata più “vecchia”: tra i 10 e i 14 anni ho vissuto con una maturità diversa, probabilmente a causa delle scelte fatte per inseguire lo sport. Nella mia vita non ho mai conosciuto la leggerezza e un po’ l’ho sofferto. Anzi, meglio: mi è mancata la spensieratezza e mi sono dovuta difendere dall’ansia».
Ansia perché notava difetti in sé stessa?
«No, perché sono fatta così: sono sempre alla ricerca di qualcosa, mi è difficile raggiungere la pace interiore».
Com’è stato il passaggio all’adolescenza?
«In verità non me lo ricordo. Ma anche da adolescente sono stata molto seria, forse perfino di più di oggi».
Com’era messa con amicizie e socialità?
«Non ho trascorsi super-felici. Per conciliare le mie scelte ho inevitabilmente messo da parte le relazioni che si instaurano da giovani. L’esperienza del liceo, ad esempio, quasi non la ricordo: non c’ero mai, ho dovuto iscrivermi in un istituto privato, ero presa di mira da parte di chi frequentava regolarmente».
Intende bullizzata?
«Non dico questo, per carità. Ma non ero ben vista: ero in giro per le gare, come tipo ero “scialla”. Uscivo raramente al sabato sera, non sono mai andata a ballare: un po’ per scelta, perché alla domenica dovevo essere sulle piste, e un po’ per indole».
Ma Sofia a scuola andava bene?
«Sì, lo studio mi è sempre piaciuto. E non mi sono mai sentita dare della secchiona».
Da bambina, così ha raccontato, non giocava con le bambole.
«Non le ho mai avute. I bambolotti mi fanno anzi paura: quando entro nelle pensioni austriache, dove abbondano, crepo di terrore. È la mia fobia e ignoro da che cosa dipenda».
Se non giocava con le bambole, con che cosa si divertiva?
«Con i Lego e con le trottole. E andavo molto in bicicletta».
Le donne spesso vanno in caccia dei loro difetti: lo fa anche lei?
«Vivo nei difetti. Ma con il lanternino cerco di identificare i miei pregi. Accettarsi, per una donna, è sempre complicato».
Da bambina pensava ad altro per il futuro o lo sci è sempre stato dominante nei progetti?
«Vedevo solo quello: a 9 anni, in un tema, ho scritto che di mestiere volevo fare la campionessa di sci. Ho avuto la forza e il coraggio di inseguire l’obiettivo nonostante gli infortuni e le difficoltà del percorso, perché provengo da una famiglia che ha un buon imprinting culturale ma non ha una matrice sportiva».
Ha mai immaginato di diventare professoressa come sua madre?
«Per carità! Nell’ultimo anno da privatista, mamma mi dava lezioni di italiano: su Leopardi mi ha fatto un c… che nemmeno immaginate. Le ho dovuto dire che mi aveva rotto le scatole».
Ci traccia il bilancio dei primi 30 anni?
«Se mi guardo indietro, dico che la Sofia dei 20 anni non avrebbe pensato di ottenere così tanto: ai Giochi ho un oro e un argento, ho vinto gare, medaglie mondiali, tre Coppe del Mondo di discesa; e in questo Paese sono qualcuno. Non immaginavo questo, ma questo è quello che mi ha motivato nel tempo».
Si vede mamma, un giorno?
«Ora che sbarco nei 30 mi guardo indietro. Ma il prossimo decennio sarà densissimo di cose e una donna, tra i 30 e i 40 anni, se pensa alla maternità deve programmarla. Non so che cosa il destino mi riserverà dopo il ritiro: mi piacerebbe laurearmi e vivere una vita appagante e ambiziosa, ma senza lo sci. E un figlio potrebbe completare il mio essere donna».
Post scriptum. Un quarto d’ora dopo la telefonata, arriva un sms da Sofia. Ha scoperto che ci sarebbe un regalo che gradirebbe farsi, per il trentesimo compleanno: «Vorrei provare a essere la persona che ancora non sono, garante dei miei valori. Vorrei regalarmi quell’enorme dose di coraggio che serve per essere integri fino in fondo. Forse riuscirei a essere la donna di cui avevo bisogno quando ero piccola».
13 novembre 2022 (modifica il 13 novembre 2022 | 23:39)
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, 2022-11-13 23:12:00, La campionessa di sci si racconta: «Nella mia vita non ho mai avuto molte relazioni, ho sempre conosciuto poco la leggerezza. Da bambina a 9 anni ho detto che sarei diventata una campionessa», Flavio Vanetti