Stefania Giannini: «La mia carriera politica nata grazie a Cucinelli. Con l’Unesco affronto le emergenze scolastiche»

di Stefano Montefiori

L’ex ministra dell’Istruzione e un team di mille persone: «Appena arrivata a Parigi non parlavo francese». Covid e Ucraina: «Ho praticamente vissuto in ufficio, con mio marito e i miei figli lontani». La città: «Amo le piccole librerie e non ho trovato arroganza»

dal nostro corrispondente
PARIGI Entrando nella sede dell’Unesco, stella a tre punte progettata dagli architetti Bernard Zehrfuss (francese), Marcel Breuer (americano) e dall’italiano Pier Luigi Nervi, si respira ancora quell’ottimismo anni Cinquanta che corrisponde allo stile dell’edificio. Tra opere di Picasso, Henry Moore o Alexander Calder, delegati e personale di ogni Paese del mondo cercano di adempiere alla missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. All’ultimo piano c’è l’ufficio della vicedirettrice con la delega più importante, l’educazione. Con una squadra di 1000 persone e un budget di 500 milioni di euro, Stefania Giannini coordina gli sforzi dei 193 Stati membri per affrontare le emergenze globali, dal Covid alla guerra in Ucraina.

Global Education Coalition

«Eravamo in questa stanza quando abbiamo ricevuto i dati del nostro ufficio di statistica, nella seconda metà di marzo 2020 — ricorda Giannini —: 350 milioni di studenti fuori dal sistema scolastico a causa della pandemia, poi diventati un miliardo e 600 milioni in aprile. Abbiamo cercato di dare assistenza a tutti i Paesi del mondo creando la Global Education Coalition, adattando gli strumenti alla situazione dei Paesi: per esempio usando meno internet e più radio e televisione nell’Africa subsahariana. In Italia il dibattito sulla didattica a distanza mi è sembrato polarizzato, più ideologico che in Francia e altrove». Come ha vissuto quei momenti, da un punto di vista personale? «Un impegno enorme, vivevo praticamente in ufficio e su Zoom. Ma questo mi ha aiutato a superare il lockdown da sola, mio marito era rimasto a Lucca e i miei figli si trovavano a Londra e Milano».

Da Perugia a Parigi (via Roma)

Stefania Giannini è arrivata a Parigi nel 2018, dopo essere stata rettrice dell’Università per stranieri di Perugia dal 2004 al 2012 e ministra dell’Istruzione dal febbraio 2014 al dicembre 2016. «Non sono una politica di professione, fu Brunello Cucinelli a contattarmi dopo avere ascoltato un mio discorso a Perugia, il mio impegno a fianco di Mario Monti e poi nel governo Renzi nacque così. La politica è stata una bella parentesi nel mio percorso». Liceo classico a Lucca, lettere classiche a Pisa, dottorato a Pavia e a Tubinga in Germania, Stefania Giannini è stata a lungo una francofila che non parlava francese. «Sono linguista e glottologa, le mie lingue sono il latino e il greco, il sanscrito e l’armeno classico, poi l’inglese e il tedesco per gli studi dopo la laurea. All’inizio a Parigi me la sono cavata con l’inglese, ma sono contenta di parlare ormai francese».

L’educazione nel sistema delle Nazioni Unite

Parigi è una presenza importante nell’ufficio, siamo nel VII arrondissement e dalla finestra si vede un’imponente Tour Eiffel. Com’è stato l’impatto con la città? «Parigi ha una bellezza cartesiana, uniforme, diversa dalla bellezza complessa di Roma e delle altre nostre città. Non avevo mai avuto un trasporto così forte per Parigi ma ormai, dopo quattro anni, è un amore quasi coniugale (ride, ndr) il che mi preoccupa perché il distacco sarà malinconico». Stefania Giannini è la più alta responsabile per l’educazione nel sistema delle Nazioni Unite (di cui l’Unesco fa parte), e premette che il suo punto di vista è «inevitabilmente internazionale». «Ma credo che Parigi sia per tutti una città molto internazionale, e allo stesso tempo a misura d’uomo e con una forte identità. Queste tre componenti, in una metropoli, non sono molto comuni».

Vita di quartiere

A Parigi si vive in piccoli appartamenti «a meno di essere sceicchi o oligarchi» e si fa vita di quartiere. «Quel che mi piace molto è la presenza capillare di piccole librerie, e di negozi che vendono vini di qualità, non necessariamente enoteche di lusso per intenditori. Sono segnali di un certo modo di vivere, di un’identità e una cultura che resistono. A Parigi capita ancora di vedere persone che leggono un libro in metro o sull’autobus, e si gustano con calma un bicchiere di vino all’ora dell’aperitivo. E poi ci sono tanti fiorai, un altro elemento che contribuisce a creare un quartiere piacevole e civile. Per esempio, mi è capitato di trovare sulle bancarelle sulla Senna un’edizione originale dell’Anthropologie structurale di Claude Levi Strauss, due volumi a 20 euro. Piccole cose che però per me sono importanti. Parigi è ancora una città colta». E i parigini, che per gli italiani talvolta sono un punto dolente? «Non ho trovato per niente l’arroganza suggerita dal cliché. Parigi è semmai una città un po’ sufficiente, e autosufficiente, nel senso che basta a se stessa, non ti viene a cercare, è abituata da secoli ad accogliere persone che vengono da fuori, forse per questo non è così curiosa nei confronti dell’altro. Ma ho trovato gentilezza, semmai».

L’Italia vista da Parigi

A Parigi capita anche di trovare una preferenza per l’Italia. «Lo sperimento ogni giorno all’Unesco. Nella nostra organizzazione sono rappresentati quasi tutti i Paesi del mondo, e per alcuni di loro la relazione con le ex potenze coloniali come Francia o Regno Unito non è semplice. Ma nei confronti dell’Italia noto un’apertura, un atteggiamento positivo già in partenza. L’Italia è un attore internazionale credibile, e questo facilita il mio lavoro. Anche se quando si entra all’Unesco non si pensa più in termini di appartenenza nazionale ma di interesse collettivo». La vicedirettrice dell’Unesco ama tornare appena può nella Lucca delle origini, «che sono modeste, sono stata la prima a laurearmi nella mia famiglia. Ho sperimentato su di me l’importanza della scuola e dell’educazione». Dopo il Covid, l’altra grande emergenza è la guerra in Ucraina. «Non possono esserci ambiguità su chi è l’aggressore, la Russia, e l’aggredito, l’Ucraina. Entro Natale verranno consegnati 50 mila computer agli insegnanti ucraini e noi ci occuperemo del sostegno didattico». A Parigi, poi, Stefania Giannini si occupa ancora di spazio, come quando era ministra dell’Istruzione. «Mi hanno chiesto, e ho accettato con una punta di orgoglio, di far parte del gruppo di 12 consulenti dell’Esa (Agenzia spaziale europea) per il programma di esplorazione Terrae Novae 2030+. Noi italiani abbiamo una tradizione spaziale molto forte. Roma e Parigi insieme possono fare grandi cose».

18 novembre 2022 (modifica il 18 novembre 2022 | 21:27)

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