Stipendi docenti differenziati in base al costo della vita, la soluzione potrebbe essere il contratto integrativo. Le ipotesi

Il dibattito sulla scuola degli ultimi giorni è stato monopolizzato dall’idea di alcune regioni (non tutte) rilanciata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, di differenziare gli stipendi degli insegnanti in base al costo della vita di ogni territorio. Se, come precisato da Valditara, questo non significherebbe toccare il CCNL nazionale, una strada da percorrere potrebbe essere la contrattazione integrativa.

Lo spiega chiaramente a Italia Oggi il numero uno dell’ARAN, Antonio Naddeo, impegnato proprio in queste settimane a chiudere la parte normativa del contratto scuola 2019/2022.

Stipendio unico per tutta la categoria

Naddeo parte da un assunto: “C’è un’obiettiva difficoltà difficoltà rispetto ai salari per chi va a lavorare nelle scuole delle città con costi della vita più elevati come Milano, ma anche Roma, e su questo bisogna ragionare, fermo restando però che lo stipendio deve restare unico per tutta la categoria, come più volte ha ribadito lo stesso Ministro Valditara“.

Il Ministro infatti, nei giorni scorsi, anche in risposta alle polemiche di matrice politica, ha chiarito: “Ci è stato chiesto se volevamo rinnegare l’unità del contratto nazionale; non è questo il punto. Le regioni chiedono maggiore equità laddove il costo della vita è più alto. Sono le regioni a chiederlo. La vera sfida, quindi, è capire come fare perché un insegnante che lavora dove il costo della vita è più alto, ovunque sia, non vada ad avere un trattamento inaccettabile”.

Dunque, secondo Valditara, “il contratto nazionale non sarà toccato, non è una richiesta delle Regioni. Mai proposto di far pagare di più i docenti del Nord invece che quelli del Sud, mai proposto contratti regionalizzati. La vera sfida è di pagare di più tutti gli insegnanti”.

La contrattazione integrativa: la strada da percorrere?

Ed ecco che secondo il presidente dell’ARAN, la strada potrebbe essere la contrattazione integrativa: “Nella scuola ad oggi vi sono 4 livelli di contrattazione: uno nazionale generale, uno integrativo nazionale fra Ministero e sindacati, e poi uno regionale sottoscritto tra la direzione scolastica regionale e i sindacati e infine un livello scolastico, tanti contratti integrativi quanto sono le scuole. Nessun comparto ha una tale stratificazione“.

Il contratto integrativo regionale – prosegue – disciplina l’utilizzo di fondi che provengono o dalla stessa Regione o da altri enti pubblici o anche privati, per iniziative e progetti che possono riguardare anche gli insegnanti. In genere sono utilizzati per attività aggiuntive da parte del personale. E rappresenta una specificità della scuola“.

Per tanto, l’idea di Naddeo, potrebbe essere proprio quella di dare spazio ai contratti integrativi “per regolare alcuni istituti economici accessori che possono tenere conto di situazioni particolari, sia di tipo economico, legato al costo della vita, ma anche di tipo geografico“.

Indennità, contributi per gli affitti: le soluzioni da ipotizzare

In realtà, già esistono indennità e fondi aggiuntivi per chi lavora in zone svantaggiate o in piccoli comuni di montagna o piccole isole, fa notare il presidente dell’agenzia negoziale.

Ci sarebbero nell’immediato, dunque, diverse strade per andare incontro alle esigenze dei docenti che, specialmente nelle città più costose, risentono molto delle difficoltà.

Lo stesso Valditara, ricorda ancora Italia Oggi, da contributi per gli affitti o ai trasporti o altre forme di sostegno. E proprio la contrattazione integrativa attualmente prevista, potrebbe essere la strada da percorrere.

In tutto questo, secondo Antonio Naddeo, la regionalizzazione della scuola potrebbe anche allargare le maglie: “tenendo sempre vigente il contratto collettivo nazionale, per tutti e ampliando l’ambito dei contratti regionali ad oggi già esistenti, si potrebbero prevedere finanziamenti regionali aggiuntivi a integrazione di alcuni istituti contrattuali co comunque giuridici. Per esempio per premiare al continuata didattica e frenare la mobilità con opportune misure di compensazione che consentano di non danneggiare le regioni meno ricche“.

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