StMicroelectronics, la fabbrica dei wafer di silicio dove la Brianza sembra la California

hi-tech

di Gianluca Mercuri13 gen 2023

StMicroelectronics, la fabbrica dei wafer di silicio dove la Brianza sembra la California

Si chiamano wafer e il profano pensa subito ai biscotti, ma qui si parla d’altro. I wafer sono dischi di silicio dal diametro di 20 o 30 centimetri, sottili come un cd-rom. Quelli che contano in questa storia sono i pi grandi. Sulle fette di silicio si costruiscono i microchip, o semi conduttori, cos chiamati proprio per la capacit del silicio di condurre e non condurre, con caratteristiche comprese fra quelle dei conduttori e degli isolanti. Negli ultimi anni abbiamo scoperto l’importanza dei semiconduttori perch scarseggiavano, anche se ora la penuria sta per finire. Ci stato spiegato in ogni modo che servono a fare praticamente tutto quello che usiamo nelle nostre giornate, smartphone, piccoli elettrodomestici, automobili, carte magnetiche (infatti a un certo punto hanno cominciato a darci le tessere sanitarie senza microchip), ma pure i satelliti. Abbiamo visto quindi quanto siano centrali sul piano geopolitico, nella contesa planetaria tra America e Cina, e perch il campo di battaglia principale sia Taiwan, che produce met dei microchip mondiali. In mezzo, come sempre, c’ l’Europa, il suo bisogno di rendersi meno dipendente possibile dai giganti, anche in fatto di microchip.

Il controllo pubblico italo-francese

Qui si vede con chiarezza come la contraddizione immanente dell’Europa sia al tempo stesso ci che rende l’Europa necessaria: certo che Francia e Italia sono nazioni con interessi propri e spesso in contrasto, che la reductio ad unum proibitiva, ma al tempo stesso, per sopravvivere, devono stare insieme in un mucchio di cose fondamentali in campo economico e tecnologico. La sorellanza viene dalla storia e a perpetuarla l’attualit pi stringente, e nessuna lite tra governi pu (dovrebbe) scolorirla. E qui si torna ai wafer di silicio. Italia e Francia stanno insieme nella StMicroelectronics, che nacque addirittura nel 1987 dalla fusione tra l’italiana SGS Microelettronica e la francese Thomson Semiconducteurs. La holding che controlla la StMicroelectronics detenuta al 50% dal nostro ministero dell’Economia e al 50% dalla FT1CI, che fa capo alla Banque publique d’investissement. Ferreo controllo pubblico in un settore strategico, joint venture bi-statalissima nel comando ma quotata a Parigi, Milano e New York, sostegno della Banca europea degli investimenti quando necessario (ultimo prestito da 600 milioni, marzo ‘22).

Il cuore della Brianza come la California

Un caso esemplare di politica industriale europea adeguata ai tempi. S, ma i wafer? Nello stabilimento StMicroelectronics di Agrate Brianza, a due passi da Milano, hanno inaugurato da pochi mesi AG300, la linea di produzione di quelli da 300 millimetri. Un investimento da due miliardi che render il gruppo ancora pi forte su elettrodomestici, caricatori, lampadine, robot e automazione di fabbrica, insomma nei settori automotive e industrial, come dicono gli esperti. Esperto Lello Naso del Sole 24 Ore, il giornalista italiano che segue il settore con pi costanza. AG300, spiega, sar utilizzata per tarare le macchine appena avviate in un lungo percorso che porter l’impianto al pieno utilizzo nel 2026, quando saranno prodotti ottomila wafer a settimana, con tappe intermedie di duemila pezzi alla fine del 2023 e di quattromila nel 2024. Nel 2026, la crisi dei microchip che ha paralizzato l’industria negli ultimi due anni sar ampiamente superata — gli analisti prevedono un ritorno alla normalit a fine 2023 — ma StM avr aumentato la produzione per soddisfare una domanda comunque in costante crescita. Naso entrato nell’impianto e la sua descrizione sembra un dispaccio dalla California, invece il cuore della Brianza: Attraversati i tornelli e lasciato alle spalle il primo impianto che ospita la linea di wafer da 200 millimetri, sulla sinistra si entra nel nuovo stabile che ospita la linea da 300 millimetri. un edificio di 23 mila metri quadrati, che distribuisce gli impianti su tre piani, per un totale di 65 mila metri. L’esterno pi che a una fabbrica fa pensare a un grande centro di ricerca o a un edificio adibito a servizi digitali. Vetro e alluminio, con il riverbero della luce che restituisce un colore verde acqua marina e riflette l’ambiente circostante. Intorno, nei viali — Agrate occupa 245 mila metri quadrati distribuiti su tre diversi edifici — sciamano i dipendenti in pausa pranzo.

Il prodigio di tecnologia

Sui wafer brianzoli si costruiscono transistor piccolissimi, per ottimizzare la gestione del segnale elettrico. La dimensione dei transistor di Agrate pu arrivare a 45 nanometri, 45 milionesimi di millimetro. All’interno di ogni transistor si snodano fino a 2,5 chilometri di fili (s, proprio 2,5 chilometri) attraverso cui si trasferiscono gli impulsi elettrici che fanno funzionare i microchip e, di conseguenza, gli oggetti a cui si applicano. Per arrivare dal silicio al microchip servono due condizioni: evitare le vibrazioni e le impurit. E quindi: stabilit assoluta data da 1.500 piloni di cemento armato a 15 metri di profondit, e ogni ora un ricircolo di tre milioni di metri cubi d’aria all’interno della clean room in cui avviene la produzione. Tute bianche, guanti, occhiali e calzari. Nessuna superficie del corpo, tranne un po’ di viso, o dei vestiti viene a contatto con l’aria o con il silicio. Neanche un granello infinitesimale di polvere pu contaminare i wafer. Per completare una fetta di silicio ci vogliono tre mesi, macchine da 2,5 per 3,5 metri e isole litografiche fino a 12 metri, tutte attrezzature che possono arrivare a costare 30 milioni di euro. Ogni wafer da 30 centimetri contiene centinaia di migliaia di microchip, il doppio dei dischi da 20 centimetri. Ogni automobile, per dire, ne contiene circa tremila: sono loro a farci frenare, mettere la freccia, accendere le luci. Un prodigio di tecnologia, eppure, nota l’inviato del Sole, non esiste un inventore del processo di produzione dei microchip, un ingegnere della fabbrica. un work in progress continuo che avviene in tutti i laboratori e le fabbriche del mondo. Per questo, spiega, gli investimenti in ricerca sono mastodontici.

La sfida europea

Solo in Italia, StM ha investito due miliardi ad Agrate e 730 milioni di euro a Catania in una linea di produzione di wafer in carburo di silicio. Intel investir fino a 11 miliardi. La Ue (43 miliardi entro il 2030), gli Usa (52 miliardi di dollari) e la Cina (69,7 miliardi), hanno dispiegato piani di sostegno pluriennali alle imprese che investono nel settore. Nel 2022 StM attende ricavi per 16,10 miliardi di dollari con una crescita del 26,2% e un margine lordo del 47,3%. Eccola dunque l’Europa che sgomita per farsi largo tra i bulli, e non farsi togliere il respiro. Se piccola l’Europa, figurarsi le sue nazioncelle da sole nella battaglia dei microchip. Ad Agrate Brianza, di certo, l’Europa non piccola per niente.

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