Studenti minorenni: Responsabilità civile di genitori, presidi e docenti

di Marisa Marraffino

Le responsabilità penali per i minorenni iniziano dai 14 anni, se giudicati in grado di intendere e di volere. Per chi ha un’età inferiore, possono essere applicate delle misure di sicurezza, come il collocamento in una casa di rieducazione o l’affidamento al servizio sociale minorile. Nei casi di bullismo severo, cyberbullismo e dipendenze da internet non è escluso un percorso medico, in grado di curare vere e proprie patologie causate da una incapacità di modulare e regolare l’uso della rete.

Dal punto di vista civile le responsabilità sono duplici. A risponderne saranno da un lato i genitori, per violazione degli obblighi educativi dettati dall’articolo 147 del Codice civile, e dall’altro la scuola per omessa vigilanza per tutto quello che accade allo studente durante l’orario scolastico se il fatto era prevedibile ed evitabile seguendo l’ordinaria diligenza.

I genitori

Per la giurisprudenza l’obbligo educativo dei genitori deve essere costante e capace di costruire una personalità equilibrata, che possa dominare gli istinti e rispettare gli altri. L’articolo 2048 del Codice civile fissa, poi, una presunzione di responsabilità sui genitori che può essere superata soltanto dando la prova di non aver potuto impedire l’evento. Per il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta, la condotta di bullismo può addirittura rendere necessario l’accertamento delle capacità educative e di controllo dei genitori, visto che su di essi grava l’obbligo di «vigilare sulla effettiva assimilazione dell’educazione impartita e dei valori trasmessi» (decreto dell’11 settembre 2018).

Lo aveva infatti già rilevato la Corte di cassazione, secondo la quale l’educazione è fatta non solo di parole, ma anche di comportamenti e di presenza accanto ai figli, a fronte di circostanze che essi possono non essere in grado di capire o di affrontare correttamente.

La precoce emancipazione dei minori di oggi, frutto del moderno costume sociale, non esclude né attenua la responsabilità dei genitori, anzi la rafforza, gravandoli dell’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria a prevenire i rischi dei tempi moderni (Tribunale di La Spezia, sentenza 168 del 7 marzo 2018). Per questo rispondono dei danni in sede civile anche i genitori dei figli che non hanno commesso materialmente i fatti ma che hanno assistito senza dissociarsi (Tribunale di Alessandria, sentenza 439 del 16 maggio 2016).

Gli insegnanti

La legge 71/2017 ha spostato i criteri sui quali parametrare la diligenza della scuola. Oggi non basta più rafforzare la sorveglianza all’interno degli istituti, ma occorre prevedere specifici percorsi formativi ed educativi sui temi del cyberbullismo che devono essere mirati e costanti. Le linee guida del Miur del 27 ottobre 2017 suggeriscono di far conoscere alle famiglie il nuovo regolamento anche attraverso il sito della scuola.

Un ruolo importante è inoltre affidato alla peer education che auspica il coinvolgimento degli studenti e degli ex studenti per facilitare il dialogo tra pari.

Gli insegnanti nella loro autonomia possono vietare l’utilizzo dei cellulari durante le ore di lezione: lo prevede espressamente il Dpr 249 del 24 giugno 1998, dovrebbero ribadirlo anche i regolamenti di istituto.

Il dirigente scolastico

Il dirigente può rispondere civilmente per non aver predisposto tutte le misure organizzative in grado di garantire la sicurezza dell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni, si tratta della cosiddetta “culpa in organizzando”. In questi casi, la vittima dovrà dimostrare:

il danno subito;

che questo sia derivato dalla condotta del dirigente;

la carenza o inidoneità delle misure organizzative adottate per assicurare la disciplina degli alunni.

La scuola potrà poi rivalersi anche nei confronti dei singoli insegnanti. Per liberarsi da una eventuale rivalsa l’insegnante dovrà dimostrare che il fatto si è verificato per caso fortuito, che era del tutto imprevedibile e di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.

L’obbligo di denuncia

L’insegnante di una scuola pubblica o paritaria è un pubblico ufficiale anche fuori dall’orario scolastico. E anche sul collaboratore scolastico incombono precisi obblighi di vigilanza e gli va riconosciuta la qualifica di incaricato di un pubblico servizio.

Ne deriva che hanno tutti l’obbligo di denunciare alle autorità competenti i fatti di cui siano venuto a conoscenza che costituiscono reati procedibili d’ufficio. In mancanza potrebbero essere chiamati a rispondere del reato di «omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale» o di «omessa denuncia di un incaricato di pubblico servizio».

Le conseguenze sul curriculum

Il cyberbullismo può avere ripercussioni anche sull’intero percorso scolastico degli studenti. Per il Tar di Napoli è legittimo il 7 in condotta alla studentessa che abbia usato frasi offensive in una chat di WhatsApp anche fuori dall’orario scolastico, perché l’articolo 7 del Dpr 509/2009 stabilisce espressamente che la valutazione del comportamento degli alunni passa anche dal «rispetto dei diritti altrui e dalle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare» (Tar Napoli, sezione IV, sentenza 6508 dell’8 novembre 2018).

Pietro Guerra

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