Studenti soffrono di crisi dansia. E il liceo viene occupato: Subiamo il peso della competizione e del giudizio

Gli studenti del liceo linguistico Manzoni di Milano hanno occupato l’istituto.  I promotori dell’iniziativa hanno puntato sull’esito del sondaggio diffuso pochi giorni fa dove emerge che a sette studenti su dieci capita, spesso o qualche volta, di avere crisi di pianto o crollo emotivo dovuti alla scuola.

Come riporta Il Corriere della Sera, i risultati, appesi nelle classi, evidenziavano che a sette studenti su dieci capita, spesso o qualche volta, di avere crisi di pianto o crollo emotivo dovuti alla scuola. E c’è perfino un 16 per cento di alunni che denuncia di averli «sempre». Inoltre, uno studente su due non sente valorizzato il suo impegno da parte dei docenti e, sempre per il 50 per cento degli alunni, la scuola influisce molto sulla propria salute mentale (aggiungendo chi ha risposto “abbastanza” si arriva quasi al 90 per cento). Più della metà, inoltre, dice di sentirsi classificato solo in base ai voti e forzato a raggiungere l’eccellenza.

Il Collettivo che ha avviato l’iniziativa ha diffuso sui social un post in cui sono presenti i motivi dell’occupazione.

Studiare dovrebbe essere sinonimo di crescita e scoperta di sé. Eppure, per tanti ragazzi e ragazze, lo studio più che fonte di arricchimento e passione, finisce per essere sinonimo di ansia, frustrazione e sofferenza e molti studenti subiscono il peso della competizione con i propri compagni e del giudizio attraverso il voto. Il nostro istituto, purtroppo, non è esente da questa situazione» scrive il collettivo, sostenendo di trovare poca comprensione del problema da parte degli adulti, sia genitori che docenti“.

Per molti docenti gli interessi al di fuori della scuola sono superflui. Gran parte degli studenti sono incoraggiati ad abbandonare le proprie attività extrascolastiche per dedicarsi interamente allo studio. Questo è anche dovuto al fatto che la nostra scuola ha un monte ore molto più elevato di altri licei, che va a sommarsi all’elevato carico di studio“.

Inoltre “la mancanza di empatia da parte dei docenti è uno dei problemi maggiormente riscontrati nella nostra scuola e forse sarebbe ora di capire che l’eccessiva severità non è necessariamente funzionale all’apprendimento“.

I ragazzi puntano l’attenzione anche sulla valutazione, sul sistema dei voti: “Assegnare un numero per valutare la performance degli studenti è un concetto arcaico, che non tiene conto dei fattori umani, delle aspirazioni e dei talenti personali di ogni studenti. Il voto si limita a certificare le conoscenze ma non le competenze, non essendo in grado di valutare la complessità di un percorso scolastico, fatto di diverse competenze e diversi approcci allo studio“.

Infatti, se il voto è brutto “viene percepito come un fallimento se non addirittura un’umiliazione, non perché siamo troppo suscettibili, ma perché la narrazione che ci viene imposta è quella di dover sempre dimostrare di essere all’altezza, anche per guadagnarsi il rispetto di chi ci ha di fronte, di chi con quel voto ci ha etichettato. Se invece si è abituati a prendere bei voti, l’ansia da prestazione non cala di certo. Al contrario, sentendo l’esigenza di essere sempre all’altezza delle aspettative, si è costretti a fare ogni volta il possibile per non essere una delusione, talvolta spingendosi allo stremo per dimostrare, di valere qualcosa“.

Questa occupazione – spiegano – vuole essere una protesta contro l’attuale sistema scolastico, volta a riportare il tema dell’istruzione al centro del dibattito politico. Il nostro non vuole essere un attacco mirato alla nostra preside, che si è sempre dimostrata aperta al dialogo e attenta ai bisogni di noi studenti; vogliamo invece che questa sia un’occasione, sia per docenti che per studenti, per riflettere sulle problematiche legate alla nostra scuola” conclude il Collettivo.

Interviene anche la preside dell’istituto milanese: “Ci accorgiamo che gli studenti fanno più fatica ad affrontare lo studio rispetto a quanto avveniva in passato. In particolare, le classi prime e le seconde sono quelle che hanno risentito di più della chiusura delle scuole nel lockdown – aveva raccontato la dirigente scolastica – Anche la psicologa ci ha segnalato un aumento delle situazioni di stress e degli attacchi di panico, non in maniera vertiginosa, ma comunque importante. Su questo ci stiamo interrogando anche noi, per mettere in atto strategie di aiuto. Abbiamo già incrementato il monte ore del servizio di ascolto psicologico. E nelle classi prime da due anni abbiamo, introdotto la figura del docente tutor, dedicato al metodo di studio e all’organizzazione del tempo in base al carico di lavoro” conclude la preside.

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