«Suono il violino contro i dittatori»

di Valerio Cappelli

«L’Urss era una prigione, sto con l’Ucraina, ho aiutato con la mia Fondazione 130 musicisti di Kiev che non avevano più nulla. Gli artisti devono schierarsi»

Lisa Batiashvili è un esempio anche fuori dal palcoscenico. Non è soltanto una delle più grandi violiniste del nostro tempo (e col suo Guarneri del Gesù del 1739 con Antonio Pappano e l’Orchestra di Santa Cecilia, dopo Roma, è in tournée, il 19 alla Scala). Ma è un punto di riferimento della comunità artistica per le battaglie civili: «Non siamo solo intrattenitori, gli artisti devono avere opinioni ed essere in grado di difenderle».

Lisa, qual è l’aspetto che più la colpisce di un pezzo così famoso, che tutti presumono di conoscere?

«L’ho inciso 13 anni fa e noi sperimentiamo, esploriamo, cambiamo. Quello che resta di Beethoven nel tempo, è il potere della musica che attraversa il corpo e l’anima. Un interprete deve galleggiare, lasciarsi fluttuare dalle onde emotive. C’è anche un Beethoven delicato, fragile, ha una sua vulnerabilità: a me ricorda lo sguardo della Madonna nella Pietà di Michelangelo».

E’ cambiata nel tempo la figura dell’interprete?

«Oggi è più difficile, la gente si aspetta un repertorio più largo, bisogna essere flessibili. La diversità è qualcosa di nuovo. Poi anche il business musicale, con Internet, è cambiato, chiunque può mostrare se stesso. Non basta saper suonare bene uno strumento, bisogna avere personalità».

Ha detto che Anne-Sophie Mutter la ispirò da ragazza.

«Viviamo a Monaco di Baviera. La ammiro ma non volevo imitarla, siamo diverse.E’ rimasta se stessa adattandosi al tempo. Mi ricorda Madonna, competitiva fino a 50 anni con le ventenni. Anne-Sophie al Corriere disse: sono una lavoratrice, non una diva. Condivido pienamente».

Siete entrambe musiciste e madri: difficile conciliare?

«Oggi i miei figli hanno 18 e 14 anni e mi dicono, mamma quando riparti così organizziamo una festa? E quando erano bambini, beh, per fortuna non si ha memoria. A casa ascolto altra musica, siamo andati insieme al concerto dei Coldplay. Ho combattuto contro il senso di colpa ma devo trovare spazio per me».

Musica e impegno civile. Lei per l’Ucraina…

«A Berlino, ho tenuto un concerto di beneficenza per le vittime, ho raccolto fondi con la mia Fondazione per aiutare 130 musicisti delle città bombardate, orchestrali e insegnanti che non hanno più nulla. Detesto il disinteresse, un artista può restare neutrale ma non può ignorare gli avvenimenti».

Più incontrato Valery Gergiev?

«Ah, l’episodio in cui tenni un bis ucraino senza dirglielo, e calò il gelo? No. Il problema non è solo Gergiev, la gente ha capito, è informata, sa che non siamo fantocci, chi sono i nostri benefattori e i nostri amici. La tragedia è più grande di un singolo direttore. Suonare a Mosca? Non è nei miei piani, francamente, non vedo perché dovrei».

Lei ha vissuto il comunismo nella sua Georgia?

«Da adolescente ci trasferimmo in Germania. Mio padre suonava il violino, era rispettato, a casa c’era abbastanza povertà, si viveva di piccole cose. Il regime sovietico era una prigione di cervello e anima. Ma la Georgia era più libera e meno oppressa di altri Stati satelliti, conservo ricordi anche belli e positivi. Mi spiace che per l’Occidente l’Est sia un tutt’uno, le radici sono importanti, torniamo alla bellezza della diversità».

14 novembre 2022 (modifica il 14 novembre 2022 | 20:32)

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, 2022-11-14 19:41:00, Lisa Batiashvili: l’Urss era una prigione, sto con l’Ucraina, gli artisti devono schierarsi, Valerio Cappelli

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