di Paola Di CaroIl coordinatore di Forza Italia, che il suo partito e il Ppe spingono come possibile futuro premier, parla al Corriere: il problema non è cercare candidati premier Antonio Tajani fa del basso profilo la sua forza: mai eccedere, mai far pesare quello che comunque è il suo curriculum di altissimo livello, soprattutto in Europa: ex presidente del Parlamento europeo, ex commissario Ue, vice presidente del Ppe, amico personale di tutti i leader a Bruxelles, primo fra tutti il presidente del Ppe Manfred Weber, ma anche di Ursula Von Der Leyen come di Roberta Metsola. Se a questo si aggiunge che oggi, con le defezioni dell’ala moderata di FI (Gelmini, Brunetta, a un passo Carfagna) a rappresentare il volto istituzionale e dialogante fra gli azzurri è proprio lui, non stupisce che si facciano forti le voci sulla pressione che starebbe arrivando dal Ppe perché sia lui il prossimo premier, anche per rassicurare ambienti internazionali preoccupati da una svolta a destra rappresentata da Meloni e dallo stesso Salvini. E soprattutto che sia in corso un un lavorio di Berlusconi per rimandare a «dopo le elezioni» la scelta del candidato premier. Tajani, può essere lei la carta a sorpresa del centrodestra come premier? «Io non so nulla se non che sono sempre stato e sarò pronto a dare il mio contributo per far vincere il centrodestra e soprattutto per presentare un programma, una squadra, una coalizione autorevole e seria per affrontare il momento duro che si presenta. Perché il problema è risollevare l’Italia, non cercare candidati premier». Ma lei ci pensa o no? «Io non ho ambizioni di premierato, non sono candidato, sono a disposizione di Berlusconi e della coalizione per quello che tutti insieme vorremo fare. Sono sempre stato un soldato e non ambisco a nulla se non a essere utile al Paese e al centrodestra» Berlusconi propone un’assemblea dei parlamentari eletti per scegliere il premier: che ne pensa? «Idea che si può portare al tavolo, ha una logica perché rispetterebbe i rapporti di forza all’interno della coalizione. Ma ripeto, decideranno i leader, trovando una soluzione che accontenti tutti. Non avrebbe senso dividersi, lo ripeto: il momento è troppo delicato». Anche sulla divisione dei collegi non sembra esserci ancora un’intesa: c’è chi propone di attribuirne un terzo per ogni grande partito, con FI che si farebbe carico dei piccoli partiti centristi. Ma FdI non ci sta. «Questa pure è un’ipotesi, nessuna decisione è stata presa. Certo è difficile che si possano dividere i collegi solo sulla base dei sondaggi e senza correttivi come i risultati storici dei partiti. Ma sono certo che troveremo una rappresentanza equa che soddisferà tutti, perché tutti andiamo nella stessa direzione: quella di voler vincere e governare, con serietà, come centrodestra». Non si rischia che ora tutti facciano promesse illusorie, roboanti, ancora più preoccupanti per gli ambienti che guardano all’Italia con sospetto? «No, perché il nostro programma è serio: non prometteremo nulla che non abbia coperture, non guarderemo ad altro che al bene reale degli italiani. Quando Berlusconi parla di aumentare le pensioni minime, di aiutare chi soffre per handicap, i fragili, lo fa sapendo che si può agire rivedendo profondamente il reddito di cittadinanza, che deve essere strumento per aiutare i poveri e non chi a 20 anni non vuole lavorare o lo fa in nero. Abbiamo molto chiaro quale debba essere la politica industriale, ambientale, sociale di questo Paese, non vogliamo prendere in giro nessuno. Sappiamo che il compito che potremmo dover affrontare sarà difficilissimo. Saremo seri e responsabili, come è nel dna di Forza Italia». 23 luglio 2022 (modifica il 23 luglio 2022 | 23:12) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-23 21:13:00, Il coordinatore di Forza Italia, che il suo partito e il Ppe spingono come possibile futuro premier, parla al Corriere: il problema non è cercare candidati premier, Paola Di Caro