Teresa Cherubini: «Quei due disegni che nessuno ha mai visto (nemmeno papà)»

di Teresa Ciabatti

In un diario ha raccontato il suo Jova Beach Party: i genitori, gli artisti, lo staff e sé stessa. Storia della figlia di Jovanotti. E dell’unica striscia che non è riuscita a finire

«Come posso tirare le conclusioni di un’estate così fuori dall’ordinario?» scrive Teresa Cherubini, 23 anni, autrice del diario a fumetti all’interno del libro La luce nei tuoi occhi – Il racconto del Jova Beach Party (foto di Michele Lugaresi, edizione Mondadori). Questo libro, che esce in concomitanza con il nuovo singolo di Jovanotti, Se lo senti lo sai , anticipa Il disco del sole (9 dicembre). Tappa dopo tappa, da Lignano Sabbiadoro a Bresso, passando per Castelvolturno, 600mila spettatori, Teresa racconta i protagonisti del tour, restituendo col disegno – personalissimo, esatto, poetico – la gioia e il senso di giovinezza collettivo che al Jova Beach Party, solo al Jova Beach, non è mai questione di età reale. Nei fumetti del libro tuttavia c’è qualcosa di più, qualcosa di profondamente sentimentale: quello di Teresa difatti è anche lo sguardo di una figlia, poiché Jovanotti è suo padre.

Così Teresa disegna il babbo, la mamma, i musicisti, lo staff, sé stessa. Ed è proprio nella rappresentazione di sé che maggiormente viene fuori la visione poetica: grazia, desiderio di invisibilità, attenzione al mondo, malinconia (di fine: estate, scuola, quel che sia, trattasi di sentimento innato), tutta la tenerezza di questa giovane artista nata e cresciuta a Cortona. Nella normalizzazione dell’eccezionale, che è forse la sua vita dalla nascita.

Disegnare?
«Fin da piccola, spesso col babbo».

Nel senso?
«Io gli dicevo cosa disegnare, e lui lo faceva».

Esempio?
«Un cavallo a pois con tre teste».

Apprendistato all’immaginazione?
«Stimolo a non porre limiti. Oltre alla possibilità di unire universi lontani».

Ovvero?
«Mettere insieme cose diverse che in genere non stanno insieme. Avvicinarle, mischiarle. Capire che non funzionano o magari decidere che per te, solo per te, possono stare unite».

In caso di errore?
«Benvengano gli errori».

Un errore di Teresa Cherubini?
«Iscrivermi a ingegneria biomedica». Per diventare? «Volevo fare il chirurgo».

Invece?
«Durante quell’anno, dopo le lezioni, lavoravo al teatro dell’università come costumista. Lì capisco che voglio fare qualcosa di artistico. Decido perciò di lasciare ingegneria biomedica per iscrivermi alla New York School of Visual Arts, fumettistica».

Reazione dei suoi genitori?
«Il problema è che io sono molto convincente. Perciò li avevo convinti benissimo che medicina fosse la mia strada: dando motivazioni, mostrandomi sicura».

Ma?
«Per la Teresa che avevano conosciuto loro fin lì aveva più senso l’Accademia d’arte».

Che Teresa era?
«Quella del cavallo a pois, quella che disegnava ogni giorno in cameretta».

Nel diario del libro lei diventa personaggio. Quando e come si trova?
«Te stesso sei la prima cosa che vedi e su cui ti eserciti. Io mi facevo i video sul telefonino e mi ridisegnavo. Studiavo le espressioni, i dettagli».

Quanto esercizio per trovare Teresa fumetto?
«Ho iniziato seriamente in Accademia, col fumetto autobiografico».

In una tavola del libro c’è Teresa a diverse età: la crescita in quattro facce.
«Si accorciano e si allungano i capelli, via il ciuccio, arrivano gli occhiali».

Teresa fumetto dunque?
«Capelli e occhiali sono la mia chiave visiva. Questi elementi insieme dicono che sono io».

I capelli che sono gli stessi di suo padre fumetto.
«Io e il babbo abbiamo gli stessi capelli dentro e fuori il fumetto».

Per disegnare suo padre?
«Molti fogli buttati. La difficoltà più grande è il naso. Lui ha un naso particolare, diverso dal mio, un naso che non avevo mai disegnato prima».

Nel suo disegno quanto c’è Jovanotti e quanto suo padre?
«Sarebbe come voler separare Batman da Bruce Wayne. Quei due uniti sono la verità del personaggio».

Raccontiamo il padre: Jovanotti durante l’infanzia di Teresa?
«Molto presente, talmente presente che partecipava alle attività scolastiche».

Tipo?
«In terza media mettiamo in scena Grease . Il babbo ci porta i microfoni, si occupa della parte tecnica. Un giorno si presenta direttamente con i suoi tecnici».

Compagni di classe sorpresi?
«Abituati. All’asilo ci aveva fatto passare una giornata intera in sala d’incisione con lui e i musicisti. Alle elementari ci aveva caricato su un pullmino per portarci a un concerto».

Tornando a Grease .
«Prima di entrare in scena il babbo ci microfona».

Interviene nella messinscena?
«Quella era opera della professoressa d’inglese, e mai lui si sarebbe permesso di mettere bocca».

Il momento esatto in cui Teresa capisce di essere figlia di Jovanotti?
«Non esiste. Lui era famoso da prima che nascessi, quindi io non ho mai vissuto altra dimensione».

Sensazioni?
«Una delle cose più belle di essere figlia di mio padre è vedere la gente felice ai concerti. Quel mare di gente felice».

Quest’anno, come racconta nel fumetto, lei con sua madre va a tutte le tappe tranne una.
«Roccella Jonica. Succede che a Cortona troviamo dei gattini. Siccome il nostro veterinario non poteva tenerli, siamo rimaste a casa noi. Erano piccolissimi, e dovevano prendere il latte dal biberon ogni due ore».


Reazione di Jovanotti?

«Ha capito l’emergenza».

Primo gatto della vita?
«Fifa: rosso e cieco».

Chi è Teresa Cherubini?
«Fumettista, gattara».

La sua famiglia le ha dato libertà d’immaginazione e libertà di essere quello che voleva diventare: anche nel vestirsi?
«Ho il mio stile».

Nello specifico?
«Maglioni, magliette, jeans».

Accetta consigli?
«Se mamma dice: “Questo maglione non ti sta bene” l’ascolto».

Nel fumetto lei racconta la novità di quest’anno: le entrano i vestiti di scena di suo padre.
«Non solo: per la prima volta non sono unicamente di scena, ma mettibili anche fuori».

Quelli dei tour precedenti non lo erano?
«La gonna con la faccia gigante di mio padre sul davanti?».

Quest’anno?
«Quest’anno ci siamo vestiti da pirati».

Personaggi preferiti dei fumetti?
«Batman, Robin, Spiderman».

Da sempre?
«Sono cresciuta con le principesse Disney».

Abbandona le principesse per i supereroi?
«C’è posto per tutti. Ancora oggi, se posso, mi riguardo Cenerentola».

Prima dell’estate, prima del Jova Beach, lei ha attraversato un periodo difficile, (tumore del sistema linfatico). Ha disegnato quei giorni?
«All’inizio ci sono stati due disegni, due tentativi di elaborare la malattia, che però non ha visto nessuno, nemmeno i miei genitori».

Dove sono?
«Nascosti».

Di lei suo padre ha detto: «Teresa ha avuto una forza sorprendente. Io ero così ammirato».
«Me lo diceva spesso. Mi faceva piacere».

Un gesto, un istante di quei mesi?
«Tanti gesti e tanti istanti. Siamo stati noi tre insieme».

Disegnerà mai ciò che ha vissuto?
«Preferisco i racconti di formazione. La mia tesi di laurea è la storia di una ragazza nata e cresciuta in città che si trasferisce in campagna dove è costretta a affrontare vari ostacoli».

Quali?
«Sistemare la casa diroccata, piantate l’orto. Uno dei suoi problemi è: come far crescere le verdure».

Come far crescere le verdure?
«Nella teoria io ne sarei capace, mio nonno me lo ha insegnato. Lui ha un orto immenso, e riesce a far crescere tutto quello che in natura può crescere. Nella pratica però ho qualche difficoltà, le piante mi muoiono facilmente».

A proposito di crescita: nei fumetti passa il tempo?
«Già da bambina io disegnavo mia madre. A ogni compleanno le regalo un ritratto, ogni anno diverso. Ma c’è qualcosa che rimane uguale nel tempo, che è uguale dall’inizio: i capelli e la forma del viso».

Forma del viso?
«Arrotondata».

Quindi?
«Quei capelli e quella forma del viso sono mamma».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

25 novembre 2022 (modifica il 25 novembre 2022 | 08:11)

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, 2022-11-25 12:29:00, In un diario ha raccontato il suo Jova Beach Party: i genitori, gli artisti, lo staff e sé stessa. Storia della figlia di Jovanotti. E dell’unica striscia che non è riuscita a finire, Teresa Ciabatti

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