La terza giornata del Tempo delle donne | La diretta, Antonella Elia: «Avevo vergogna di parlare del mio tumore, sono stati due anni di buio»

Terza giornata a Milano per il Tempo delle Donne 2022: quattro giorni di appuntamenti, dal 9 all’11 settembre in Triennale Milano e il 12 settembre in Università Statale.

– Una maratona di eventi, interviste, inchieste, masterclass, momenti musicali, e performance per capire come i cambiamenti di questi ultimi anni hanno impattato e stanno impattando su sostenibilità, equità, economia, politica, identità.

Molti degli eventi sono trasmessi live in streaming sul sito di Corriere.it

Tanti gli ospiti della giornata: Nicola Cabria, direttore di Human Foundation; Giulia De Lellis, imprenditrice digitale e influencer; Pierpaolo Spollon, attore; Mariasole Pollio, attrice; Maurizio Lastrico, cabarettista; Jia Tolentino, scrittrice ; Carlo Barbate, direttore dell’istituto Scienze polari del Cnr; Chiara Montanari, capo spedizione in Antartide; Alice De Carlo, attrice; Roberto Casati, filosofo; Telmo Pievani, filosofo della biologia; Johanna Maggy, autrice ed health coach, fondatrice del blog Mothersspell; Stefano Boeri, architetto e urbanista; Cristiano Malgioglio, autore e cantante; Niccolò Fabi, cantautore

Ore 20.30 – «Il mio canto libero» con Marco Mengoni e Giuliano Sangiorgi: amore, musica, ambiente, diritti

Confessioni e canzoni nella serata finale della terza serata in Triennale con Marco Mengoni e Giuliano Sangiorgi. Per il cantante dei Negramaro pensare a «impatto» rimanda alla pandemia: «Ero abituato fino a tre anni fa a incontrare così da vicino le persone, ora non più. Quel tipo di impatto lì mi dà tanta gioia da un lato, e tanto timore dall’altro, perché non so se sarò in grado di sostenerlo».
E poi l’amore e i diritti: «Spero che la nuova generazione recuperi la capacità di amare follemente e liberamente, chi vuole. La follia in amore non muove solo due persone, ma un paesino, l’Italia, la Storia. L’amore secondo me è l’atto più politico che ci sia».
Marco Mengoni ha raccontato dove nasce il suo ambientalismo: «Il rispetto per la natura me l’ha insegnato mio nonno. Lui ci teneva molto, era severo su questo. E aveva ragione. Abbiamo avuto un impatto negativo sul pianeta, ora c’è sa rimboccarsi le maniche»

Ore 19.30 – Elisabetta Canalis: «La vera liberazione è non preoccuparsi di cosa pensano gli altri»
Elisabetta Canalis ha raccontato la sua esperienza di combattente. E non in senso metaforico: «Ho scelto una disciplina poco femminile, il kickboxing. Ma l’ho fatto di testa mia. Domani compio 44 anni e alla mia età mi sono anche stancata di chiedere il permesso. La vera liberazione è non preoccuparsi di cosa pensano gli altri». Sul palco con lei, la filosofa Chiricosta esperta di arti marziali: «L’ideologia patriarcale in cui ancora viviamo immersi traccia dei confini anche fisici». Facendo riferimento a un fatto di cronaca come l’omicidio di Willy Monteiro, Canalis ha puntualizzato che è sbagliato colpvolizzare gli sport da combattimento». Perché, spiega Alessandra Chiricosta: «Il problema non è lo sport ma la mascolinità tossica, e quindi un’idea di forza oppressiva e violenta».

Ore 17.00- Il talento non basta mai
È uno spunto di Raffaele Morelli a far prendere il via al dialogo sui talenti condotto da Maria Luisa Agnese. «Perché persone con grande talento spesso si distruggono?- dice Morelli – Perché il talento vuole riconoscersi nel profondo del sé, tutte le volte che dipingi, disegni, pianti un fiore, stai attivando quello che i greci chiamavano il demos. Il talento fugge il giudizio e non ama il successo, perché la personalità che hanno successo escono dalla vecchia personalità e iniziano a ragionare sul lavoro. Il talento non è fatto per gli altri, i grandi scrittori o psicologi hanno imparato a stare con se stessi con una voce silenziosa. Se sei insicuro il talento sgorga meglio, il talento ama la contraddizione, ama che si contraddica il tuo modo di essere, ma ha qualcosa che è come un sognol, ti rende fuori dal tempo. La psicoterapia si basa sul cercare qualcosa che non vedi, non sai cos’è, ma agisce senza il tuo parere».

Minisini, campione di nuoto artistico: un talento non solo femminile

Giorgio Minisini, campione europeo di nuoto artistico, è uno dei talenti sul palco del Tempo delle donne: «Ho vissuto il doppio pregiudizio, pensavano che fossi gay, e anche se lo fossi stato le risatine denotavano il basso livello delle persone che facevano illazioni». Minisini dice di aver avuto comunque anche sempre tante persone che gli davano stima, e quelle lo hanno aiutato ad andare avanti.

Antonella Viola, immunologa e divulgatrice scientifica, svela di aver sentito «fin da bambina il bisogno di scoprire: non chiedevo le bambole, ma i microscopi, strumenti per avere un nuovo punto di vista, quello che domandavo era nuovi occhi, che è poi quello che ho sempre cercato nella mia vita, un amore o un libo sono belli se ti portano dove non sei mai stato». Ma «non si va da nessuna parte se non si fa fatica, se i sogni non sono accompagnati dal tuo lavoro, non ce ne facciamo nulla, la curiosità ti fa osservare le foglie o il sangue del dito ferito di mamma, ma poi c’è lo studio, la disciplina».

Carlotta Vagnoli

Ore 16.00- Abuse is not love
La violenza ha molte facce, fisica, psicologica, emotiva. E soprattutto esiste una violenza, quella delle relazioni intime, che non è necessariamente legata alla violenza fisica, ma ha comunque effetti rischiosissimi. Ne parlano Elena Biaggioni, avvocata e vicepresidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, Marina Calloni, docente di Filosofia e Politica sociale, Università Milano-Bicocca, Cristina Carelli, coordinatrice Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano, Carlotta Vagnoli, scrittrice e content creator, Fabio Roia, presidente vicario Tribunale di Milano. La violenza sulle donne è purtroppo «democratica»: e ha effetti anche sul mondo del lavoro e aziendale, spiega Calloni. «Il problema è interrompere la rabbia, perché dopo un certo grado non si ferma: bisogna capovolgere gli immaginari e le immagini. Per millenni, abbiamo visto anche storie, pitture, scritti, statue in cui c’era una normalizzazione della violenza, ad esempio pensiamo al ratto delle Sabine, in cui vedevamo solo l’eroe, che normalizzava anche la sua forza fisica. Mentre quello che vediamo ora è il messaggio in bottiglia, cioè il fatto di vedere che dobbiamo dare voce a un fenomeno che solo nel ‘93 è stato considerato un crimine contro l’umanità». Sette donne su dieci che subiscono violenza non sanno di subire un reato, pensano di essere colpevoli e responsabili della violenza. «Noi dobbiamo aiutare le donne a comprendere che un uomo che agisce in questo modo, non solo attraverso la violenza fisica, ma anche demolizione dell’autostima, controllo, a parlarne con persone che aiutino le donne a capire che ci vuole un percorso di accompagnamento per uscirne», sottolinea Roia.

La denuncia? «È solo il primo passo. Purtroppo la violenza ha una sua dinamica, che produce degli effetti che condizionano il percorso, si realizza in maniera ciclica, ci sono fasi che si susseguono verso una escalation, e poi fasi dove sembra fermarsi tutto. Il maltrattante chiede scusa, ma non si assume la responsabilità di ciò che ha fatto», dice Carelli. «Nelle relazioni intime costruiamo un pezzo di noi, quindi non usciamo da una relazione in modo veloce, proviamo a reinvestire. Non bisogna giudicare la dinamica, io all’inizio lo facevo. La donna deve gradualmente prendere decisioni anche capendo che c’è la possibilità di sentirsi sostenuta e riconosciuta».

Ore 15.00- Tempo libero (dal male)
Rosanna D’Antona, paziente zero di Umberto Veronesi, presidente di Europa Donna Italia, Antonella Elia, conduttrice televisiva, Ilaria Gaspari, filosofa e scrittrice, Nicla La Verde, oncologa, si confrontano sul tema del cancro: E se un nuovo modo di curarci riprogettasse il significato del nostro presente? è l’interrogativo di fondo. Parlare del tempo del cancro significa anche valutare i tempi delle cure, delle attese, delle aspettative. «Tutti sappiamo che il sistema sanitario sta cambiando, e in questa ottica è importante che non ci siano affollamenti inutili e sovraccarichi nei pronti soccorsi- dice D’Antona- Per cui bisogna mettere a disposizione per i malati stanze nelle cosiddette case della salute, dove si possono fare tutte le cure che si possono anche fare fuori, evitando sprechi di spazi e tempo». La Verde: «Ogni volta che vediamo le curve di sopravvivenza che si allungano, gioiamo: il sogno fa parte della nostra vita. I miracoli li abbiamo già visti. Io sono sul front office, il mio è un tempo lungo, logorante, ma vero».

Antonella Elia, che nel 2016 ha avuto un tumore, ha ammesso che non voleva parlarne per niente parlarne nel suo ambiente, lo spettacolo, era quasi una vergogna. «Mia mamma è stata portata via da una leucemia fulminante quando avevo un anno e mezzo, ho una vergogna incredibile a parlare del mio tumore al seno, anche se sono stata fortunata: dopo aver tolto il quadrante non ho dovuto fare cure. Ma ho grande rispetto per chi non è stata fortunata come me, l’unica cosa che posso dire è di stare attente, facendo prevenzione, screening e mammografie. Nel mio caso questa piccola rimozione, che è una sciocchezza, è comunque una scossa, ogni volta che mi guardo allo specchio mi ricordo che ho un seno che è la meta dell’altro. Il tumore al seno è un tumore a un organo femminile, un grave attacco al nostro essere donna, madre, bella, a un mondo per noi molto doloroso. Ma bisogna uscire dalla vergogna, lottare per uscire dalla malattia». Il tempo della malattia? «Per me sono stati la notte, ho solo vissuto pensando al mio seno», ammette la show girl.

Ore 13.05 – Aurora Ramazzotti: «Gli insulti via social? Non ho ancora imparato a gestirli»
«Il meccanismo della comunicazione via social è come quello del passaparola: viene perso un po’ il senso di quello che vuoi dire», dice Aurora Ramazzotti, influencer, chiamata a parlare «per Stand Up, molestie e luoghi pubblici» . Anche lei ha subito critiche pesanti, e ancora non ha «imparato a farci i conti». Quando lei ha parlato di cat calling, lo ha fatto «spontaneamente, nella mia testa era un commento a caldo di una cosa che avevo vissuto. Riconosci che qualcosa non va bene quando ti muove qualcosa, e così quando mi è successo, ho pensato che dovessi parlarne. Perché dobbiamo sentirci a disagio quando camminiamo per strada solo per come siamo vestite? Ho capito che fa parte di una cultura di cui siamo tutti vittime, non sei cattivo se ti piace quando ti fanno i commenti per strada, ma è interessante capire che la nostra cultura prevede che noi possiamo meritarci è anche una violenza». Il peggiore dei commenti ricevuti? «Chi ti fischia se sei un cesso», un commento che fa orrore» per quello che c’è dietro.

Aurora Ramazzotti

Ore 12.30 – Sogni fluidi
Alice De Carlo, attrice down, lancia dal palco del Teatro delle donne: «Non esiste abilità o disabilità, esiste un mondo misto, siamo tutti diversi, io dico sempre che bisogna andare avanti, anche oltre e mai mollare».

Ore 12.00 – Rivoluzione colf: mai più lavoro nero
Ironica e simpaticissima Francesca Puglisi, attrice, introduce un tema difficilissimo: «Scrostrare le vechie abitudini patriarcali», le divisioni di ruoli tra marito e moglie, e il ruolo fondamentale della colf. «Una goduria», dice. Avere qualcuno che si occupa della casa, dei figli, del cibo è diventato imprescindibile: «Sogni un abito Dior? Un viaggio alle Maldive? Una notte con Brad Pitt? No, toglietemi tutto, ma non la mia colf. Se mi volete viva, senza colf non posso stare». Oltre due milioni di persone offrono lavoro domestico in Italia, ma il 60% lo fa in nero: col Covid a un certo punto sono emerse circa 100 mila lavoratrici. Al 70% si tratta di donne straniere, all’85% di donne. «All’estero non funziona così, è al 15%», nota Maurizio Ferrera, professore alla Statale ed editorialista del Corriere. La testimonianza di Stefano Montefiori dalla Francia conferma: una piattaforma che fa da intermediario (gratis o a bassissimo costo) per reclutare il personale e che ha permesso ai cittadini di ottenere dei crediti d’imposta pagando i contributi, ha permesso di generare un circuito virtuoso. Ci sono ben 26 prestazioni, come l’assistenza informatica a casa, che possono essere pagate in questo modo. In Francia sarebbero 500 mila i prestatori domestici: sembrano pochi, ma quando noi conteggiamo il totale consideriamo anche le badanti, un grande numero dovuto al fatto che abbiamo pochi servizi pubblici domiciliari per anziani, sistema invece incentivato in Francia.

Rita Querzé e Maurizio Ferrera in collegamento col Tempo delle donne

Ore 11.15- Gravidanza quando?
«In due sarà più facile restare svegli»: si chiama così il libro scritto da Giorgia Surina, conduttrice e attrice, che racconta sul palco del Tempo delle donne la difficoltà delle donne di mettere al mondo figli alla soglia dei quarant’anni, i dubbi, le preoccupazioni, le scelte complesse. «Nel momento in cui parliamo di fecondazione eterologa, di fecondazione assistita di donne sole, le normalizziamo. Il vero problema è non parlarne», spiega. «L’infertilità è una patologia, ma nel nostro Paese ha un forte stigma. Il vero problema è la mancanza di informazione». Daniela Galliano, responsabile del centro Pma (procreazione medicalmente assistita) di Ivi Roma, sottolinea che le donne che devono cercare una gravidanza si sentono «difettose» e questa sensazione diffusa deriva proprio da un’incapacità di guardare al’infertilità come ad una malattia da curare: «Riguardo alla nuova genitorialità, credo che Luca Trapanese sia un esempio validissimo: dietro la scelta di accogliere una vita c’è solo qualcosa di positivo, vedendo i sorrisi di quella bambina che sarebbe finita in orfanotrofio, se un papà solo non l’avesse accolta, dovremmo vedere esclusivamente l’amore immenso che lui ha dato, non le differenze rispetto alla presunta normalità».Filomena Gallo, avvocata e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni, ricorda: «In Italia società e cultura sono cambiate, ma i servizi per poter avere una gravidanza non sono al passo coi tempi: c’è un forte discrimine tra chi può e chi non può ricorrere al privato. Bisogna lavorare per . Mentre Stefano Bernardi, psicologo, sottolinea: «Si fa educazione alla contraccezione, mai educazione alla fertilità, che significa invece rendere le persone consapevoli di come e quando mettere in atto il desiderio procreativo. Così si possono normalizzare percorsi di difficoltà procreative».

Daniela Gallianok e Giorgia Surina

Ore 10.30 – Nuove tentazioni, giovani emozioni
Lavorare meno? Si può, sostengono Chiara Bisconti, consulente per le risorse umane e autrice di Smart Agili Felici; Sarah Jaffe, autrice di Il lavoro non ti ama; Michel Martone, professore ordinario del lavoro alla Sapienza; Ester Viola, avvocata del lavoro, e Simone Perotti, scrittore, marinaio e guru del downshifting, che spiega collegato dalla sua barca: «Parlare del lavoro senza parlare del modello di vita è un errore che implica occuparsi del dettaglio senza vedere l’insieme. Ci siamo infilati in un vicolo cieco, dove ci sono il denaro, il potere, il ruolo sociale. Mi stupisce che il movimento di grandi dimissioni sia contenuto, che non ci si ribelli più spesso: questa è l’epoca l’individuo può e deve ripensare lui le opzioni del suo impatto con l’ambiente, con le sue condizioni di vita, nel costruirsi un’altra quotidianità, in cui risparmierà tanti soldi ma facendo mestieri che non immaginava di fare».

, 2022-09-11 21:05:00, Attori, cantanti, scienziati, filosofi: tutti gli appuntamenti di domenica 11 settembre, Valentina Santarpia

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