Il tesoro di immagini delle Teche Rai per recuperare la memoria

di Aldo Grasso

La serie non fiction dedicata alla «memoria collettiva» recupera per i temi trattati immagini degli archivi e testimonianze (che sono forse però la parte più fragile)

Ho seguito su Rai3 qualche puntata di «Ossi di seppia. Il rumore della memoria», la serie non fiction, giunta intanto alla terza stagione, dedicata alla «memoria collettiva» (gli episodi sono visibili su Rai Play). C’era da scegliere fra gli argomenti trattati: l’arrivo di Maradona a Napoli, il caso Tortora, il crollo di Wall Street nel 2008, l’omicidio di Giorgiana Masi, la caduta del muro di Berlino, la rivolta degli immigrati a Rosarno e ancora la storia di Eluana Englaro, la morte misteriosa di Marco Pantani, il legame tra Francesco Totti e la sua squadra, la discesa in campo di Berlusconi nel 1994. Da tempo qualcosa mi frenava, da quando avevo letto che «Ossi di seppia» era stata pensata «per riconnettere i Millennials e la Generazione Z con il senso della memoria, attraverso un linguaggio vicino ai giovani». Sono quelle frasi che ti stendono: un «linguaggio vicino ai giovani» significa che è lontano dagli anziani, gli unici forse davvero interessanti a queste rievocazioni? E poi la parola «Milllennials» dovrebbe essere bandita, per troppa usura.

Rotto il ghiaccio, ancora una volta ho potuto constatare che tesoro rappresentino le Teche Rai . Ogni tema trattato, infatti viene recuperato attraverso le immagini degli archivi e i suoi fili riannodati all’oggi grazie al racconto di testimoni d’eccezione, protagonisti all’epoca dei fatti. Quella dei testimoni, però, è la parte più fragile: se trovi uno bravo, come l’avv. Raffaele Della Valle per il caso Tortora, tutto funziona bene; se invece la voce narrante è priva di complessità, come Martina Comparelli, per descrivere il movimento «Fridays For Future», allora si resta in superficie. Una volta, per le immagini d’archivio, si diceva che avevano un colore seppiato, capace di evocare atmosfere d’antan. Ho invece difficoltà a trovare un nesso con la raccolta di poesie di Eugenio Montale, dove tutto è ridotto all’osso.

7 ottobre 2022 (modifica il 7 ottobre 2022 | 20:44)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-07 19:08:00,

di Aldo Grasso

La serie non fiction dedicata alla «memoria collettiva» recupera per i temi trattati immagini degli archivi e testimonianze (che sono forse però la parte più fragile)

Ho seguito su Rai3 qualche puntata di «Ossi di seppia. Il rumore della memoria», la serie non fiction, giunta intanto alla terza stagione, dedicata alla «memoria collettiva» (gli episodi sono visibili su Rai Play). C’era da scegliere fra gli argomenti trattati: l’arrivo di Maradona a Napoli, il caso Tortora, il crollo di Wall Street nel 2008, l’omicidio di Giorgiana Masi, la caduta del muro di Berlino, la rivolta degli immigrati a Rosarno e ancora la storia di Eluana Englaro, la morte misteriosa di Marco Pantani, il legame tra Francesco Totti e la sua squadra, la discesa in campo di Berlusconi nel 1994. Da tempo qualcosa mi frenava, da quando avevo letto che «Ossi di seppia» era stata pensata «per riconnettere i Millennials e la Generazione Z con il senso della memoria, attraverso un linguaggio vicino ai giovani». Sono quelle frasi che ti stendono: un «linguaggio vicino ai giovani» significa che è lontano dagli anziani, gli unici forse davvero interessanti a queste rievocazioni? E poi la parola «Milllennials» dovrebbe essere bandita, per troppa usura.

Rotto il ghiaccio, ancora una volta ho potuto constatare che tesoro rappresentino le Teche Rai . Ogni tema trattato, infatti viene recuperato attraverso le immagini degli archivi e i suoi fili riannodati all’oggi grazie al racconto di testimoni d’eccezione, protagonisti all’epoca dei fatti. Quella dei testimoni, però, è la parte più fragile: se trovi uno bravo, come l’avv. Raffaele Della Valle per il caso Tortora, tutto funziona bene; se invece la voce narrante è priva di complessità, come Martina Comparelli, per descrivere il movimento «Fridays For Future», allora si resta in superficie. Una volta, per le immagini d’archivio, si diceva che avevano un colore seppiato, capace di evocare atmosfere d’antan. Ho invece difficoltà a trovare un nesso con la raccolta di poesie di Eugenio Montale, dove tutto è ridotto all’osso.

7 ottobre 2022 (modifica il 7 ottobre 2022 | 20:44)

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