di Sergio MattarellaIl presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo tradizionale discorso di fine anno: La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio Il testo integrale del discorso di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi. Lo stato anche l’anno trascorso, cos denso di eventi politici e istituzionali di rilievo. L’elezione del Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato. Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno. Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. questa una novit di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realt. Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoch tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari. Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessit di misurarsi con le difficolt del governare. Riconoscere la complessit, esercitare la responsabilit delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realt sempre pi caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori. La concretezza della realt ha cos convocato ciascuno alla responsabilit. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte. La nostra democrazia si dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese. questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica. Questo corrisponde allo spirito della Costituzione. Domani, primo gennaio, sar il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore. La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio. Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente. Il 2022 stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libert e i propri diritti. Se questo stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinch il 2023 sia l’anno della fine delle ostilit, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze. La pace parte fondativa dell’identit europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libert. Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI. Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perch, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando citt e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantit di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povert, sarebbero di sollievo per l’umanit. Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilit ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi. Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili. Non ci rassegniamo a questo presente. Il futuro non pu essere questo. La speranza di pace fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libert. Sulla volont di affermare la civilt dei diritti. Qualcosa che radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor pi forte nelle nuove generazioni. Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libert. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra. Gli ultimi anni sono stati duri. Ci che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povert. Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidariet concreta sono risorse preziose di una comunit, e tanto pi sono efficaci quanto pi sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto pi producono fiducia e responsabilit nelle persone. Occorre operare affinch quel presidio insostituibile di unit del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre pi al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive. So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficolt di tante famiglie e imprese, l’aumento della povert e del bisogno. La carenza di lavoro sottrae diritti e dignit: ancora troppo alto il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precariet. Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficolt. La povert minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, quadruplicata. Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni. La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalit del terzo settore, la generosit del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica nel senso civico di chi paga le imposte perch questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali. La Repubblica nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidariet di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione. Rimuovere gli ostacoli un impegno da condividere, che richiede unit di intenti, coesione, forza morale. grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia. La nostra capacit di reagire alla crisi generata dalla pandemia dimostrata dall’importante crescita economica che si avuta nel 2021 e nel 2022. Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi. Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate. L’Italia tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacit attrattiva. Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro. Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi. Sfide globali, sempre. Perch la modernit, con il suo continuo cambiamento, a essere globale. Ed in questo scenario, per larghi verso inedito, che misuriamo il valore e l’attualit delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilit nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa. Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione. Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realt. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani. Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernit non soltanto un errore: anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non pu essere rimossa. La sfida, piuttosto, progettare il domani con coraggio. Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanit, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica. L’energia ci che permette alle nostre societ di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani. L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale. L’uso delle tecnologie digitali ha gi modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono gi pienamente questa nuova dimensione. La quantit e la qualit dei dati, la loro velocit possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunit. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra societ. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libert dei cittadini. Il terzo grande investimento sul futuro quello sulla scuola, l’universit, la ricerca scientifica. l che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. L che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessit di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione. Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro. Parlando dei giovani vorrei – per un momento — rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade. Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocit, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro. Care concittadine e cari concittadini, guardiamo al domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani. Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranza. Facciamole nostre. Facciamo s che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso. La Repubblica vive della partecipazione di tutti. questo il senso della libert garantita dalla nostra democrazia. anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia. Auguri! 31 dicembre 2022 (modifica il 31 dicembre 2022 | 22:12) © RIPRODUZIONE RISERVATA