Toghe e politica, si mette un limite Il governo chiude le “porte girevoli” – Quotidiano Nazionale

ROMA “Porte girevoli” tra magistratura e politica, addio. Ai magistrati sarà vietato esercitare contemporaneamente le funzioni giurisdizionali, nonché quelle legate a incarichi elettivi e governativi. E al ritorno nei palazzi di giustizia, anche dopo incarichi di governo non elettivi (previsione che non c’era nella proposta originaria), se il lor incarico dura più di un anno non potranno esercitare alcuna funzione giurisdizionale. All’unanimità – ma che fatica per arrivarci – il Consiglio dei ministri approva la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Oltre allo stop alle “porte girevoli”, arrivano una nuova legge elettorale, che si conta di applicare già al prossimo rinnovo previsto…

ROMA

“Porte girevoli” tra magistratura e politica, addio. Ai magistrati sarà vietato esercitare contemporaneamente le funzioni giurisdizionali, nonché quelle legate a incarichi elettivi e governativi. E al ritorno nei palazzi di giustizia, anche dopo incarichi di governo non elettivi (previsione che non c’era nella proposta originaria), se il lor incarico dura più di un anno non potranno esercitare alcuna funzione giurisdizionale.

All’unanimità – ma che fatica per arrivarci – il Consiglio dei ministri approva la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Oltre allo stop alle “porte girevoli”, arrivano una nuova legge elettorale, che si conta di applicare già al prossimo rinnovo previsto per luglio e nuove regole per il Csm che serviranno ad arginare il correntismo. “Quella dell’ordinamento giudiziario e del Csm – ha detto il ministro della Giustizia Marta Cartabia – è il frutto di un dialogo iniziato molti mesi fa, che ha coinvolto anche la magistratura. E’ una riforma esigente nei confronti dei giudici, ma che risponde ad una necessità della magistratura di essere un po più severa con se stessa, perché questa richiesta di recupero della credibilità viene anzitutto dall’interno”. “Sugli obiettivi della riforma, quale ad esempio mettere un argine a ‘casi Palamara’ – ha aggiunto – c’e’ unanimità di vedute in Parlamento, basterebbe misurare l’applauso al presidente Mattarella quando ha parlato della necessità della riforma. E c’e’ stata condivisione assoluta sui nodi della disciplina vigente sui cui intervenire, come ad esempio le ‘porte girevoli’. Ci sono state invece differenze, alcune ancora permangono e saranno affrontate in Parlamento, sulla graduazione delle misure”.

Il parto non è stato affatto semplice. C’è voluta una riunione tra il premier, Cartabia e i capidelegazione, che ha fatto slittare di oltre due ore l’inizio del Consiglio dei ministri per superare i dubbi dei partiti sulla riforma. I più forti erano da parte di Forza Italia, che alla fine ha dato il via libera dopo un’altra riunione, stavolta nella sede del partito, dei suoi ministri con il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, con Silvio Berlusconi consultato per telefono. Un confronto “non faticoso ma lungo” per il premier Mario Draghi che nella conferenza stampa, pur sottolineando la “condivisione” della riforma, ammette che nella maggioranza ci sono “differenze di opinioni che sono rimaste”. “Il voto all’unanimità in Cdm sulla riforma del Csm è stato un mezzo miracolo” ha chiosato il ministro forzista Maria Stella Gelmini.

I componenti del Csm torneranno a 30: 20 togati e 10 laici. E saranno eletti con un sistema misto, basato su collegi binominali. Non ci saranno liste, ma candidature individuali. Non c’è però il meccanismo del sorteggio che Lega e Forza Italia, come Fd’I, avrebbero preferito per tagliare le ali al correntismo. Ma il ministro si è opposto perché l’articolo 104 della Costituzione parla di “elezione“. Soddisfatti Pd e M5s, meno il centrodestra. Da Forza Italia, che aveva minacciato di non votare il testo, è giunto “un plauso alla riforma” mitigato da “perplessità sulla norma della separazione delle carriere e modalità di elezione del Csm” che si vogliono correggere in Parlamento. Parzialmente insoddisfatta anche la Lega. “Quello approvato – osserva la senatrice Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia della Lega – è solo un punto di partenza. Il testo dovrà essere migliorato in Parlamento, ma un cambiamento radicale sarà possibile solo grazie ai referendum”.

Alessandro Farruggia

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