di Michela Proietti
L’imprenditore intervistato, insieme a Carlo Traglio ed Emanuela Schmeidler, nel nuovo episodio del podcast «La Milanese», sulla moda (protagonista della settimana in città): «I turisti del lusso qui possono capire cosa succederà»
«Mio padre che si definiva un milanese d’adozione, diceva sempre che Milano aveva donato a Trussardi il mondo, perché attraverso Milano il suo brand si era fatto conoscere dappertutto».
Tomaso Trussardi, protagonista del nuovo episodio del podcast «La Milanese» (qui la serie completa) insieme a Carlo Traglio, presidente di Vhernier, e la pr milanese Emanuela Schmeidler, racconta la Fashion Week e la moda a Milano dal suo osservatorio privilegiato.
«Già negli anni ’70-’80 si sfilava in Fiera: tutti gli stilisti, da Armani a Valentino, Missoni, Ferré, Fiorucci, Krizia, insomma tutti i celebri dell’epoca avevano già creato una sorta di consorzio che poi divenne la Camera nazionale della moda milanese. Già allora la prima meta di viaggio per un turista del lusso – che fosse giapponese, americano o inglese – era Milano, perché lì si poteva vedere in anticipo cosa sarebbe successo nella moda di alto livello».
Una riflessione che non prescinde dal presente, in cui il rituale delle sfilate sembra un po’ in transizione. «Il calendario è troppo compresso. La stampa arriva, c’è un parterre, si invitano delle celebrity che fanno immagine. Ma se si dovesse ricreare una moda oggi, secondo me la sfilata non sarebbe più un momento apicale, ci si inventerebbe qualcos’altro».
Sullo sfondo di questo scenario fashion c’è ovviamente una città e chi la abita, con le milanesi e i milanesi da sempre considerati anticipatori di stili e tendenze. «Mi viene da utilizzare un termine inglese, “Effortless”, che sono i termini che riescono maggiormente a racchiudere più concetti – dice Trussardi -. La milanese è bella senza sforzo: un po’ trasandata, però curata, indossa dei capi pregiati, ma senza sfarzo. Quindi la noti se la vuoi notare».
Uno stile che è fatto anche di regole, ovviamente da tenere a mente, anche per l’uomo. «A Milano piace molto l’abito classico, un dettaglio sopra le righe dà subito fastidio, magari un rever a lancia un pochino sparata anni ’70… Io sono esattamente così: jeans, camicia, magari un blazer, un golfino. Io ci mischio la pelle perché venendo da un’azienda che dal 1911 fa pelle per me la giacca di pelle, il bomber, il biker, la camicia in crosta sempre nei colori più classici, quindi il testa di moro, sono irrinunciabili».
Più in evoluzione lo stile delle donne. «Sicuramente la milanese non rinuncia alla scarpa bassa durante il giorno. Però essendo single posso permettermi di guardare. Sto vedendo delle milanesi con dei tacchi importanti e sappiamo tutti che il piede è dicotomico. Piace o non piace. Io faccio parte della prima categoria e quindi quando vedo una bella decolleté e un bel piede sono felice».
20 settembre 2022 (modifica il 20 settembre 2022 | 23:13)
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, 2022-09-20 21:19:00, L’imprenditore intervistato, insieme a Carlo Traglio ed Emanuela Schmeidler, nel nuovo episodio del podcast «La Milanese», sulla moda (protagonista della settimana in città): «I turisti del lusso qui possono capire cosa succederà» , Michela Proietti