di Massimo Massenzio
Tecca Gambe, originario del Gambia, era al suo primo ingresso in prigione. È il 72esimo caso di suicidio in Italia. La direttrice: siamo colpiti
Il carcere crea una frattura. Netta, apparentemente insanabile, sicuramente dolorosa e accompagnata da mille domande. Tecca Gambe , ammesso che sia quello il suo vero nome, non è riuscito a trovare le risposte giuste. E venerdì mattina si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo nella sua cella del padiglione B del carcere di Torino, dove era detenuto dal pomeriggio del 26 ottobre.
Appena due giorni, neppure 48 ore da quel furto strampalato in un negozio: aveva rubato un paio di auricolari bluetooth. Era «agitato» quando il cancello della casa circondariale Lorusso e Cutugno si è chiuso alle sue spalle, gravate dall’accusa di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale. Forse era il suo primo ingresso in una prigione. Non aveva documenti e nella sezione «nuovi giunti» è stato registrato come «sconosciuto», classificato come detenuto «a basso rischio».
Dopo ore di ostinato silenzio, all’udienza di convalida ha rivelato la sua identità, ha detto di essere originario del Gambia e di avere 36 anni, anche se sembrava dimostrarne molti di meno. Il giudice si è riservato la decisione, ma con ogni probabilità avrebbe convalidato l’arresto e deciso l’immediata scarcerazione. Ma questo Tecca non poteva saperlo. Quando è tornato in cella non ha trovato il suo compagno, che nel frattempo aveva chiesto di essere trasferito per stare assieme a un connazionale. Ed è rimasto solo con i suoi fantasmi.
Si è svegliato, ha fatto colazione e ha parlato con gli agenti della penitenziaria e con un infermiere. «Sembrava tranquillo», hanno riferito ai superiori. Gli hanno detto di prepararsi per andare in palestra, ma Tecca covava dentro la sua angoscia, quella che ti impedisce di vedere un futuro. Quasi certamente sarebbe tornato in libertà nel giro di poche ore e invece quel ragazzone taciturno ha deciso di farla finita. Ha arrotolato il lenzuolo e lo ha annodato al gancio che sostiene la plafoniera. Poi si è stretto il nodo attorno al collo e si è lasciato dondolare nel vuoto. Un poliziotto si è accorto subito di quello che stava succedendo. Ha aperto la cella e chiamato la squadra di soccorso. Per 50 minuti hanno provato a rianimarlo con il defibrillatore, ma poco dopo le 8.30 il suo cuore ha smesso di battere. Si tratta del terzo suicidio nel carcere di Torino dall’inizio dell’anno, il 72esimo in Italia.
Una situazione drammatica secondo il garante dei detenuti del capoluogo piemontese, Monica Cristina Gallo: «Non vedo un impegno dai vertici amministrativi nazionali per fermare questa tragedia continua. In Piemonte ci sono 13 istituti penitenziari e solo 5 direttori. Questo vuol dire che il personale, incolpevolmente, non è nelle condizioni di gestire al meglio la situazione». Cosima Buccoliero, direttrice del carcere, è molto colpita: «Non conoscevo quel detenuto, ma mi dicono non avesse manifestato segnali preoccupanti. Purtroppo questa è una deriva inarrestabile. Siamo tutti molto colpiti».
Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha parlato di «tragedia umana e sociale» e invocato una «riflessione sul sistema penitenziario». La Procura di Torino, intanto, ha sequestrato gli atti e aperto un’inchiesta.
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29 ottobre 2022 (modifica il 29 ottobre 2022 | 12:45)
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, 2022-10-29 10:25:00, Tecca Gambe, originario del Gambia, era al suo primo ingresso in prigione. È il 72esimo caso di suicidio in Italia. La direttrice: siamo colpiti, Massimo Massenzio