Trastevere e la cappellaia Adolfa: «Mia madre amica di tanti vip. Ma i clienti ebrei le cambiavano nome…»

di Fabrizio Peronaci

I ricordi di Velia Mari, la figlia della storica «cappellara» di San Cosimato. «Il regista Rosi veniva spesso, Ave Ninchi ci invitò a casa. Il suo nome, però, ai clienti del Ghetto ebraico faceva impressione…» Clienti politici?«Non lo posso dire, c’è un motivo…»

«Carissima sora Adolfa, buongiorno. Il solito!» Ma Francesco Rosi, il regista de “Le mani sulla città” e di tanti altri capolavori del cinema, sempre di buon umore, alla mano, non stava ordinando un caffè. Il panama bianco panna gli si era consumato e lui ne cercava un altro… Storie di clienti famosi e di un accessorio sempre in voga, perché chi lo ama non ci rinuncerà mai: il cappello.

A Trastevere, adesso che Adolfa Mari, la storica cappellaia di piazza San Cosimato se n’è andata, a 85 anni, dopo una vita a consigliare il copricapo giusto a generazioni di clienti, tanti la ricordano con affetto. Ed è lei, l’unica figlia, Velia, nella bottega trasferita da tempo al civico 109 di viale Trastevere, a gestire un’eredità difficile. Soprattutto dal punto di vista emotivo, perché i ricordi hanno il sopravven to: «Li vedi tutti questi scaffali stracolmi? Ci sono nata, si può dire…» Dopo la laurea in Scienza della comunicazione, Velia aveva trovato un ottimo lavoro alla “Esso”, ma il richiamo del sangue ha vinto:«Nato il primo figlio, mi sono licenziata e ho preferito stare qui, lavorare con mamma…» E allora eccola, l’erede della «cappellara» impegnata a far vivere una delle attività più tradizionali e amate del secolo scorso… «Mia madre lo diceva sempre a Francesco Rosi, la ricordo benissimo, era una delle sue battute preferite. “Io non sono commerciante, sono cappellaia. È tutto un altro mondo”. Erano in confidenza, si davano del “tu”. Lui prendeva sempre i panama che indossava sul set e qualche volta un baschetto. Ci teneva al look, si fidava dei consigli di mia madre».

Lunga è la fila di star passate dall’Antica Cappelleria Mari, ex Cornacchia. «Il regista Bernardo Bertolucci veniva spesso, con mamma scherzava e rideva. Di tanto in tanto Carlo Verdone, Pino Insegno… Ma una cliente fissa che ricordo fin da ragazzina è stata Ave Ninchi. Le piacevano i cappelli a falde larghe, in linea con le sue misure… Simpaticissima. Con mamma erano diventate amiche. Avevano talmente legato che una volta Ave ci invitò a pranzo a casa sua, a Firenze, dove si era trasferita in vecchiaia». Modello “lobbia”, una variante del cilindro e della bombetta: era questo il copricapo del rabbino Elio Toaff, «persona squisita, cortesissima…» A Velia, parlando di lui, sovviene un ricordo… «A mamma il suo nome non era mai piaciuto, Adolfa… Le scocciava, tutti le chiedevano il motivo. Però quel personaggio storico non c’entrava niente, Adolfo si chiamava mia bisnonno, molto semplicemente… Pensa che mio nonno, Luigi Gagliardi, è pure morto partigiano e gli hanno intitolato una strada a Monterotondo..» E dunque? «Lei votava Dc, figurarsi, come quasi tutti a quei tempi… Tornando a Toaff, ecco: tanti nostri clienti della comunità ebraica, qui vicino, al Ghetto, proprio non riuscivano a pronunciare il suo nome e allora gliene avevano messo un altro, scelto a caso, e dovevano aver fatto il passaparola tra loro: la chiamavamo “signora Gabriella”…»

Altri clienti? «Lando Fiorini, che era sempre a caccia di feltri marca Borsalino, e quando entrava in negozio gridava: “Sora Adò, tutto bene?” Quante volte ci ha invitate al Puff…» Vendere cappelli significa anche saperli curare, addomesticare… «Mia madre, avendo cominciato alla macchina da cucire, con l’antica sartoria Gamboni, sapeva riconoscere le stoffe senza toccarle. E poi c’è la stiratura, un’arte: i cappelli li devi plasmare, accarezzare, usando le cupole in legno, vaporizzarli per tenerli vivi, come se fossero piante…»

Gli attori sono di casa da voi ancora oggi? «Nostro cliente è Kim Rossi Stuart, che predilige gli Stetson di colore marrone, in pelle. Una volta mi sono fatta la foto con lui! E poi Enrico Brignano, che viene o di persona o manda un suo collaboratore, in cerca di baschi o scoppolette, e Maria di Biase, la comica…» Sempre nel settore-spettacoli – alla voce «non famosi» – va poi annoverata «una clientela fissa, quella dei giocolieri di strada, gli stessi che poi incrocio al semaforo: comprano le bombette e tornano per farle pulire dallo smog. Tra i giornalisti, invece, abbiamo quello grosso, con i cagnolini…» Giuliano Ferrara? «Esatto. Ma lui, più che i cappelli, cerca le bretelle…» Politici, infine? E qui Velia Mari si cuce la bocca… «No, top secret! Ne posso dire solo uno: il presidente Giorgio Napolitano, che come si sa amava i cappelli. Mandava qui la sua guardia del corpo per farli pulire». Suvvia, altri nomi… Perché tanta privacy? Le elezioni sono passate… «Il voto non c’entra! – ride – Ne ho visti molti, certo, ma erano spesso in compagnia. E non della moglie…» (fperonaci@rcs.it)

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27 settembre 2022 (modifica il 27 settembre 2022 | 22:46)

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, 2022-09-27 20:46:00, I ricordi di Velia Mari, la figlia della storica «cappellara» di San Cosimato. «Il regista Rosi veniva spesso, Ave Ninchi ci invitò a casa. Il suo nome, però, ai clienti del Ghetto ebraico faceva impressione…» Clienti politici?«Non lo posso dire, c’è un motivo…», Fabrizio Peronaci

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